Troppo rumore in ospedale provoca danni al paziente e al personale. Ecco le soluzioni
di Maria Rita Montebelli
Un argomento emergente, con ancora pochi studi scientifici dedicati, ma che da qualche tempo sta attirando l’attenzione degli studiosi. Gli ospedali, un po’ in tutto il mondo, sono sempre più rumorosi, con conseguenze sulla salute del paziente, ma anche del personale (la cosiddetta ‘fatigue’ da allarme). E negli Usa, dove il rumore è al primo posto tra le lamentele di pazienti, visitatori e anche dello staff, si rimboccano le maniche per trovare soluzioni al problema, comminando sanzioni economiche agli ospedali sotto ‘standard-quiete’
08 DIC - E’ esperienza comune a chiunque abbia trascorso una notte in ospedale. Rumore ovunque e a tutte le ore che impedisce di riposare, innervosisce, disturba. E’ vero che ci sono senz’altro altre priorità da affrontare che fanno passare in secondo piano il discorso del rumore, ma il problema indubbiamente esiste.
Non sono molti gli studi che hanno affrontato l’argomento e allo stesso personale sanitario può sfuggire quanto il rumore sia di disturbo ai pazienti ricoverati. Ma una survey condotta da Hospital Consumer Assessment of Healthcare Providers and Systems (HCAHPS) rivela che, almeno negli Usa, il rumore è al primo posto tra le lamentele di pazienti, visitatori e anche dello staff. “Il rumore insomma – commenta
Ilene Busch-Vishniac, BeoGrin Consulting di Baltimora, Maryland,USA – rappresenta un problema comune a tutti gli ospedali del mondo”.
Questo aspetto poco dibattuto dei ricoveri ospedalieri è stato trattato in occasione del 174° congresso dell’
Acoustical Society of America, in corso a New Orleans (Usa) fino all’8 dicembre.
Il rumore in ospedale proviene da tante fonti diverse, dai deflussori dell’ossigeno alla testata del letto, dai saturimetri e dagli apparecchi per il monitoraggio multiparametrico che danno segno di sé e dei problemi del paziente, con rumorosi allarmi e ‘bip’ che finiscono col tenere sveglio tutto il reparto. Non è possibile evidentemente fare a meno di questi allarmi, ma i ricercatori americani fanno notare che spesso gli allarmi suonano anche per un difetto degli apparecchi o perché si stanno scaricando le batterie; almeno questo eccesso di ‘bip’ potrebbe dunque essere evitato.
“
Si fa un orribile abuso degli allarmi in ospedale – commenta Busch-Vishniac - visto che la maggior parte delle volte non stanno ad indicare situazioni in cui si configura un’urgenza”. Studi condotti in passato indicano che in media nei pazienti monitorati gli allarmi suonano 133 volte al giorno e questo può portare ad un altro problema, questa volta ai danni dello staff,
la ‘fatigue’ da allarme.
Le ricadute di tutti questi rumori sul paziente, oltre ai disturbi del sonno, possono essere alterazioni della frequenza cardiaca, del respiro e della pressione arteriosa. Alterazioni queste che
aumentano i livelli di stress e possono ritardare la guarigione. Ad essere disturbato infine è anche il rapporto medico-paziente.
A partire da tutte queste considerazioni e vista la tendenza ad un aumento dei rumori in ospedale, dal 2008 i
Centers for Medicare and Medicaid Services (CMS) hanno dato il via all’
indagine HCAHPS che ha lo scopo di valutare la percezione dei consumatori circa i fornitori di servizi sanitari. Ad oggi sono
oltre 5.500 gli ospedali che contribuiscono a questa ricerca focalizzata sulle risposte del paziente su 7 misure composite che comprendono domande inerenti alla pulizia e alla quiete della camera.
E la ricerca ha anche delle ricadute economiche. Chi non ottiene un buon punteggio rischia infatti di essere penalizzato economicamente, in maniera anche consistente (fino al 30% dei pagamenti del CMS). E così, di fronte allo spettro del mancato guadagno, molti ospedali si stanno attrezzando per ridurre il livello di rumore.
Si cominciano ad implementare programmi di controllo del rumore, che comprendono sia misure di tipo ingegneristico (dal chiudere banalmente la porta della camera del paziente, all’insonorizzare pareti e soffitti per ridurre il livello di rumore), che interventi amministrativi (focalizzati sul cambiamento dei comportamenti). Alcuni ospedali hanno inoltre istituito ‘le ore di riposo’ durante le quali si tengono le porte chiuse e il tono di voce deve essere tenuto basso.
Si stanno sperimentando soluzioni per rimuovere gli allarmi dal letto del paziente e inviarli ad un monitor centrale in medicheria, così che lo staff possa immediatamente identificare e rispondere ad un allarme a basso volume.
Insomma, un ospedale silenzioso non è un obiettivo irraggiungibile. Basta un po’ di buona volontà e magari qualche disincentivo economico per chi si ostina a far vivere i pazienti immersi nel rumore a tutte le ore.
Maria Rita Montebelli
08 dicembre 2017
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