Tumore del seno. Al Sud mortalità doppia per assenza diagnosi precoce
In Italia 520 mila persone colpite da questo tipo di cancro vivono grazie ad una diagnosi precoce. Al sud, dove viene diagnosticato mediamente più tardi, il rischio di morire è del 50% più alto. Al contrario una diagnosi tempestiva riduce la mortalità del 45%.
14 OTT - Vincere il cancro del seno è una questione di tempo: al Sud Italia, dove viene diagnosticato mediamente più tardi, il rischio di morire per questa neoplasia è del 50% più alto rispetto al Centro-Nord. La differenza fondamentale è l’accesso o meno alla mammografia che, da sola, può ridurre del 45% la mortalità. Nel settentrione, nelle zone in cui esiste un programma di screening, circa il 50% dei tumori viene scoperto in fase precoce rispetto al 30% del meridione. Questi i dati emersi ieri nel corso del convegno “International Meeting on new drugs in breast cancer”, che ha riunito al Regina Elena di Roma oltre 200 esperti da tutto il mondo.
“Non possiamo più permettere che la malattia ci colga di sorpresa – ha affermato Francesco Cognetti, direttore dell’Oncologia Medica del Regina Elena di Roma e presidente del Convegno –. Grazie alla diagnosi precoce e alle terapie target in Italia vivono oltre 520.000 persone che hanno avuto un tumore del seno. Un enorme successo che deve indurci ad incentivare ancor più la prevenzione primaria e secondaria, su cui esistono ampi margini di miglioramento”.
Tra le misure suggerite, non più la mammografia ogni 2 anni a tutte le donne ma una personalizzazione dei controlli sulla base del rischio individuale di ciascuna.
Secondo i risultati del progetto “Impatto”, promosso dall’Osservatorio Nazionale Screening, a partire dal 2007 tutte le regioni hanno attivato un programma di screening mammografico ma, attualmente, l’estensione effettiva è solo del 69,2%, con grandi differenze tra le aree geografiche. Inoltre, il tasso di partecipazione alla mammografia è in media del 55% (solo una donna su 2 accetta l’invito a sottoporsi all’esame), con un divario tra Centro-Nord e Sud dove i livelli di adesione sono al 40%.
“È necessario agire su due fronti: aumentare l’offerta attiva e soprattutto migliorare l’informazione – ha affermato Cognetti -. Dobbiamo intervenire prima e in maniera più mirata: non esiste un solo tumore del seno ma molte diverse neoplasie differenti tra di loro per assetto molecolare e genetico, tipologia istologica, comportamento clinico e prognosi nonché per la risposta ai singoli trattamenti. Conoscerne le caratteristiche – ha precisato - è quindi fondamentale per poter utilizzare i farmaci più appropriati”.
Non si è parlato di sola prevenzione, anche la ricerca negli ultimi anni è riuscita ad ottenere buoni risultati mettendo a punto di molecole biologiche in grado di agire selettivamente sulle cellule malate. Farmaci “intelligenti” che si legano a determinati recettori. “Una volta individuati, tramite appositi test, è possibile stabilire a priori quali pazienti beneficeranno dei trattamenti, con un notevole guadagno in termini di qualità di vita ed utilizzo appropriato delle risorse – ha concluso Cognetti -. Proprio riguardo queste molecole il Regina Elena svolge un ruolo da protagonista nel panorama scientifico internazionale per il livello delle pubblicazioni e qualità delle sperimentazioni cliniche”.
14 ottobre 2011
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