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Infezioni delle vie urinarie recidivanti: ecco come prevenirle

di Maria Rita Montebelli

Colpiscono soprattutto le donne e sono un problema molto diffuso. Le infezioni delle vie urinarie (UTI) infatti, che non dispongono tra l’altro di una definizione universalmente accettata (la più diffusa è quella di due episodi di infezione nell’arco di sei mesi o di tre episodi nell’arco di un anno) hanno un’incidenza annuale nel singolo episodio di 30 per 1.000 donne; il 44% di queste recidivano nell’arco dei successivi 12 mesi. Il BMJ questa settimana fa il punto sullo stato dell’arte della profilassi per questo disturbo.

27 NOV - Le recidive di UTI rappresentano un problema molto comune, consistente nella maggior parte dei casi in infezioni non complicate (cioè non legate a alterazioni strutturali o funzionali del tratto urinario) ma che meritano approfondimenti diagnostici di secondo livello (ecografia o TAC delle vie urinarie, cistoscopia, flussimetria urinaria, ecc), quando si accompagnano a sintomi quali dolore lombare persistente , ematuria, presenza di infezioni atipiche.
 
Di fronte ad una paziente con recidive di UTI, come prima cosa – raccomandano gli autori di unareview sull’argomento pubblicata su BMJ – il medico si deve chiedere se ha opportunamente considerato tutti i fattori di rischio modificabili per quella paziente (adeguata idratazione, controllo del diabete, deplezione di estrogeni, stipsi), prima di ricorrere a terapie preventive.
 
Come trattamento preventivo delle UTI ricorrenti, la European Association of Urology raccomanda la somministrazione di antibiotici a basso dosaggio per 6-12 mesi; un’ampia metanalisi (su 19 trial controllati e randomizzati, per un totale di 1120 donne) ha infatti dimostrato che la profilassi con antibiotici a basso dosaggio è in grado di ridurre dell’85% la comparsa di UTI sintomatiche.
 
Ma questo approccio presenta dei problemi, primo tra tutti la comparsa di batteri resistenti agli antibiotici nelle urine; e come dimostra uno studio su 252 donne in menopausa, la resistenza che compare è in genere multipla e interessa diversi tipi di antibiotici, non solo quello utilizzato in profilassi.
 
Anche per questo, gli specialisti stanno guardando con sempre maggiore attenzione a trattamenti alternativi agli antibiotici per le recidive di UTI, anche se al momento non si dispone di grandi evidenze circa la loro efficacia.
Queste le opzioni alla terapia antibiotica di lungo termine per la prevenzione delle recidive di UTI.
 
Alcalinizzazione delle urine. Consiste nella somministrazione di agenti orali, quali il citrato di potassio, che riducono l’acidità delle urine. Si suppone che l’innalzamento del pH riduca la disuria presentata dalla paziente.
 
Probiotici. Si ritiene che microrganismi quali il Lactobacillus formino una barriera contro patogeni infettivi che risalendo le vie urinarie, provochino infezioni. I probiotici modulano le difese immunitarie, riducendo l’adesione dei patogeni, la loro crescita e colonizzazione.
 
Medicina cinese (erbe).Le erbe più utilizzate dalla medicina tradizionale cinese per le UTI sono: Er Xian Tang, Bai Tou Weng Tang e San Jin Wan.
 
Metenamina ippurato. Questo agente viene idrolizzato a formaldeide in presenza di urine acide e in questo modo esercita un’attività battericida sull’Escherichia coli.
 
Mirtilli. Si ipotizza che i mirtilli  impediscano ai batteri (in particolare E. coli) di aderire alle cellule uroepiteliali.
 
Estrogeni topici. L’applicazione di estrogeni a livello vaginale migliora l’atrofia vaginale e aumenta la quantità di lattobacilli vaginali che modificando il pH, ostacolano la crescita di batteri Gram negativi.
 
Acido ialuronico. L’instillazione intravescicale di acido ialuronico ripristina lo strato di glicosaminoglicani (GAG) sulla superficie dell’urotelio e previene così l’adesione dei batteri. Una piccola metanalisi (4 studi, 143 pazienti) sull’impiego di acido ialuronico intravescicale come possibile trattamento delle recidive di UTI ha dato risultati promettenti.
 
Immunostimolanti orali.Sono a base di uropatogeni inerti o uccisi col calore che dovrebbero stimolare le difese immunitarie del paziente contro le infezioni delle vie urinarie, più che funzionare come un vaccino.
 
Che l’interesse intorno alle recidive di UTI sia molto elevato, lo si deduce anche dai 190 trial attualmente in corso su clinicaltrials.gov; gli studi riguardano agenti profilattici non antibiotici, quali agenti intravescicali, vaccini e D-mannosio, tutti molto promettenti nel ridurre il rischio di recidive di UTI, ma che non hanno ancora superato la prova di un trial clinico randomizzato con un robusto potere statistico.
 
Nel campo deivaccini vaginali (immunogeni applicati sulla mucosa vaginale), finora sono stati condotti tre studi randomizzati su un totale di 220 pazienti che hanno dato risultati incoraggianti, soprattutto nei casi in cui sono state utilizzate dosi di richiamo. Promettenti i risultati preliminari anche di trial su vaccini sublinguali (un trial è stato condotto con una sospensione di E.coli, Klebsiella, Proteus ed Enterococcus inattivati) e sull’uso della polvere di D-mannosio.
 
Gli autori della review pubblicata sul BMJ, concludono che, stando alle evidenze scientifiche attualmente disponibili, l’impiego di antibiotici in profilassi rimane la prima scelta dei trattamenti per la prevenzione delle recidive non complicate di UTI nelle donne. Tuttavia, visto il problema dell’antibiotico-resistenza, è molto attiva la ricerca di alternative all’antibiotico-profilassi, sia da parte dei medici che dei pazienti. E in attesa di acquisire maggiori evidenze sulla validità di queste alternative, “nel singolo paziente può dunque essere valutato l’impiego di agenti profilattici non antibiotici, in particolare nel caso di pazienti che non vogliano assumere antibiotici o che siano a questi allergici o intolleranti”.
 
Maria Rita Montebelli

27 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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