Degenerazione maculare: la chiave diagnostica è nelle “foto digitali” del fondo dell’occhio
di Rita Buckley
Un’ampia valutazione di oltre 13 mila immagini digitali del fondo dell’occhio ha consentito ad alcuni ricercatori americani di testare due approcci di diagnosi automatizzati, che hanno espresso un’affidabilità quasi pari a quella del clinico esperto
09 OTT -
(Reuters Health) – La valutazione automatizzata della degenerazione maculare senile (AMD – Age-related Macular Degeneration) a partire dalle immagini del fondo dell’occhio potrebbe giocare un ruolo importante nella gestione della malattia, in particolare nella classificazione dei pazienti.
A ipotizzarlo è stato uno studio coordinato da
Neil Bressler, del Wilmer Eye Institute alla Johns Hopkins University di Baltimora, e pubblicato da JAMA Ophtalmology.
Lo studio
Bressler e colleghi hanno confrontato la valutazione automatizzata con quella eseguita da un esperto, nella distinzione tra assenza di malattia o forma lieve e stadio intermedio/avanzato dell’AMD. Per farlo, i ricercatori americani hanno preso in considerazione più di 13mila immagini del fondo dell’occhio digitali provenienti da 4.613 pazienti, raccolte per 12 anni nell’ambito dell’Age-Related Eye Disease Study condotto dal National Insitute of Health americano.
In particolare, sono stati testati due approcci di valutazione automatizzati. Entrambi erano analisi delle reti convoluzionali profonde (DCNN – deep convolutional neural network), note anche come ‘apprendimento profondo’, “senza affidarsi alla selezione manuale delle caratteristiche”. I due metodi sono stati quindi confrontati con la valutazione standard fatta da un esperto, a partire dai dati raccolti per lo studio. Dai risultati è emerso che la precisione dei due metodi, che variava dall’88,4% al 91,6%, sarebbe “confrontabile con i livelli di prestazione dell’esperto umano”.
I commenti
“Sebbene questi algoritmi siano ancora in fase di ricerca, hanno un’importanza significativa nell’individuare i pazienti e classificarli sulla base del rischio, per determinare chi ha bisogno di cure”, dice
Rishi Singh, oftalmologo al Cleveland Clinic Cole Eye Insitute in Ohio, che non era coinvolto nello studio.
Mentre secondo
Johanna Seddon, direttore dell’Ophthalmic Epidemiology and Genetics Service alla Tufts University School of Medicine di Boston, “lo studio è un’interessante applicazione del metodo dell’apprendimento profondo alle immagini della macula”, anche se, secondo l’esperta, l’obiettivo raggiunto di distinguere tra forme lievi e stadi intermedio/avanzato della malattia non sarebbe un grande risultato.
Manju Subramanian, infine, specialista in malattie vitreoretinali al Boston Medical Center, dice che lo studio esamina un approccio nuovo nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella valutazione della AMD. “La sensibilità e la specificità di questo nuovo metodo sono elevate, indicando un suo potenziale futuro utilizzo nella pratica clinica, nella diagnosi e nella valutazione della AMD”.
Ora, secondo l’esperto, il metodo andrebbe però testato su una popolazione diversa da quella rappresentata nella banca dati presa in considerazione per lo studio.
Fonte: JAMA Ophtalmology
Rita Buckley
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
09 ottobre 2017
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