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L’Europa e i biosimilari, tra mercato, concorrenza e giurisprudenza

di Michela Perrone

Dal 1995 ad oggi hanno superato la complessa procedura di autorizzazione 28 molecole, mentre altre 8 sono allo studio. Un’opportunità sia per il paziente, che ha maggior possibilità terapeutiche, sia per il sistema sanitario, che risparmia. A Milano un incontro per confrontarsi sulla concorrenza tra farmaci originator e biosimilari.

31 MAG - L’Europa è il continente con il maggior numero di farmaci biosimilari approvati. Dal 1995 ad oggi, infatti, hanno ottenuto l’autorizzazione per l’immissione in commercio 28 molecole e altre 8 sono allo studio dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. A evidenziare questo aspetto Stefano Marino, direttore legale dell’Ema, intervenuto ieri a Milano al convegno “Farmaci originator, biosimilari e Antitrust”, organizzato dagli studi legali Ruscellai&Raffaelli e Sena e Tarchini, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.

I giuristi si sono confrontati sui meccanismi che regolano la concorrenza in un ambito delicato come quello farmaceutico, sottolineando la potenziale confusione che può scaturire dai diversi medicinali a disposizione: oltre a quelli brandizzati, occorre infatti considerare i generici, i biologici e i biosimilari. “L’ingresso sul mercato dei farmaci biosimilari non è indolore – ha affermato Enrico Adriano Raffaelli – Poiché non sono assimilabili ai farmaci generici, non si può applicare tout court la giurisprudenza già in vigore”.

Poiché si tratta di un assetto relativamente recente, i casi di studio discussi hanno riguardato esempi che riguardavano i generici. Francesco Rossi Dal Pozzo dell’Università di Milano ha ricordato la vicenda che ha coinvolto Lundbeck, condannata a una maxi-multa per aver stretto accordi con alcune aziende produttrici di farmaci generici per ritardare il loro ingresso sul mercato dell’antidepressivo a base di citalopram, a fronte di cospicui incentivi. “Interessante notare che in questo caso sono stati sanzionati anche i genericisti, perché è stata dimostrata una corresponsabilità. Questo sottolinea la volontà, da parte della Commissione europea, di tutelare il paziente”, ha sottolineato Dal Pozzo, ricordando anche un altro caso analogo, quello che ha coinvolto la casa francese Servier e il suo farmaco per la pressione arteriosa.

Francesco Mazza, direttore della direzione legale, fiscale e compliance di Farmindustria, ha ricordato che non esiste una normativa antistrust specifica per il farmaco, ma è comune a tutti i settori. Rispetto alla legge di bilancio 2017, Mazza ha commentato che “non è perfetta, ma ha il pregio di aver trovato un equilibrio tra posizioni diverse su un tema estremamente delicato. È riuscita a salvaguardare il ruolo del medico e allo stesso tempo la continuità terapeutica”. Mazza ha poi ricordato come l’Italia sia il secondo produttore europeo di farmaci dopo la Germania e come non esista alcuna resistenza da parte delle aziende sui biosimilari, chiedendo però certezza e rispetto delle regole, fondamentali per le ripercussioni che hanno sulla competitività. “La tutela della proprietà intellettuale è importante: senza brevetto non ci sarebbero oggi né i generici né i biosimilari”, ha ricordato in conclusione.
 
Sara Gorza di Roche si è poi interrogata sulle modalità di abuso di posizione dominante delle aziende per quanto riguarda i biosimilari, individuando una serie di buone pratiche che le case farmaceutiche produttrici di originator dovrebbero mettere in campo nella comunicazione e promozione dei loro farmaci. Si va dal valorizzare il principio di libertà prescrittiva del medico all’evidenziare l’esistenza di eventuali indicazioni esclusive dell’originator coperto da brevetto, mentre andrebbe evitata la denigrazione del prodotto concorrente e l’enfatizzazione di dubbi sul profilo di efficacia e sicurezza del biosimilare. 
 
Michela Perrone

31 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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