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Cirrosi da epatite C: marker genetico predice recupero dopo terapia

di Megan Brooks

Nei pazienti con cirrosi scompensata da epatite C, una variante genica aiuterebbe a prevedere il recupero clinico dopo una risposta virologica sostenuta (SVR) alla terapia antivirale. L’hanno individuata ricercatori americani guidati da Winston Dunn del Kansas University Medical Center di Kansas City. Lo studio è stato presentato in occasione della Digestive Disease Week (DDW) 2017, il 6 maggio scorso

15 MAG - (Reuters Health) – I ricercatori del Kansas University Medical Center di Kansas City – guidati da Winston Dunn -  si sono focalizzati su rs738409, un polimorfismo a singolo nucleotide del gene PNPLA3, seguendo 32 pazienti con cirrosi scompensata che avevano inizialmente raggiunto SVR con terapia antivirale ad azione diretta. Da 12 a 48 settimane dopo il raggiungimento della risposta, Dunn e colleghi hanno monitorato i cambiamenti attraverso il Model for End-Stage Liver Disease (MELD) e il Child-Turcotte-Pugh (CTP), due punteggi utilizzati per misurare la gravità della malattia cronica al fegato.
 
Dai dati raccolti è emerso che dopo aver raggiunto SVR, ci sarebbe stato un miglioramento di almeno un punto del CTP  nell’81% dei pazienti con genotipi CC e nel 56% dei pazienti con genotipi CG o GG. Il punteggio CTP sarebbe invece peggiorato di almeno un punto nel 6% dei pazienti con genotipo CC e nel 13% dei pazienti con genotipo CG o GG. Per quel che riguarda l’altra scala di misurazione, ci sarebbe stato il miglioramento di almeno un punto nel punteggio MELD nel 50% dei pazienti con genotipo CC e nel 38% dei pazienti con genotipo CG o GG. Mentre il punteggio MELD sarebbe peggiorato di almeno un punto nel 6% dei pazienti con genotipo CC e nel 19% di quelli con genotipo CG o GG.

Le conclusioni
“Questi dati suggeriscono che il genotipo di un paziente a livello del gene PNPLA3 deve essere preso in considerazione quando si valuta il trapianto in un paziente con cirrosi scompensata”, ha dichiarato Dunn, secondo il quale “è importante riuscire a identificare in anticipo le persone con una forma grave di cirrosi e che possono rispondere di più al trattamento.
 
Queste informazioni ci aiuteranno a ridurre al minimo la necessità di ricorrere al trapianto del fegato”. “L’identificazione di questi markers genetici vanno verso la medicina di precisione, grazie alla quale gli operatori sanitari possono fare piani di trattamento basati sulle specifiche esigenze individuali”, ha aggiunto l’autore dello studio.
 
“Speriamo di sviluppare questo test in futuro per il trattamento dei pazienti con cirrosi ed epatite C scompensata”, ha concluso il ricercatore, che insieme al suo team sta anche cercando di individuare il meccanismo alla base del fatto che la presenza dei due genotipi differenti conduca a risultati diversi dopo il trattamento.

Fonte: Digestive Disease Weel, 2017

Megan Brooks


(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

15 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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