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Malattia di Huntington. “Affrontare il rischio genetico e proteggere la speranza”. In un libro le storie di 30 anni di ricerca


Per la malattia non esiste ancora una cura, ma sulla quale i ricercatori di tutto il mondo e, in particolar modo, in Italia dagli inizi degli anni ‘80, non si arrendono e danno vita a un lavoro contro il tempo per arrivare a un risultato scientificamente definitivo e dare speranza ai pazienti e alle loro famiglie. In Italia sono 6.000 i malati e 18.000 le persone a rischio. Il volume presentato oggi al Gemelli.

24 GEN - 6.000 i malati in Italia e 18.000 le persone a rischio. Questi i numeri che descrivono solo in parte una malattia neurodegenerativa come la Malattia di Huntington. Una malattia per la quale non esiste ancora una cura, ma sulla quale i ricercatori –di tutto il mondo e, in particolar modo, in Italia dagli inizi degli anni ‘80- non si arrendono e danno vita a un lavoro contro il tempo per arrivare a un risultato scientificamente definitivo e dare speranza ai pazienti e alle loro famiglie.

Nella cronaca si affollano le storie che raccontano il profondo divario che in alcuni casi si crea tra medici e pazienti. Quello che si è verificato intorno a questa terribile malattia è, invece, la storia di un’alleanza tra medici, ricercatori e famiglie dei malati, come testimoniato dal libro “Affrontare il rischio genetico e proteggere la speranza”, edito da Mondadori, presentato martedì 24 gennaio nella hall del Policlinico Universitario A. Gemelli.

Il libro è il resoconto dell’esperienza di ricerca iniziata nei primi anni Ottanta ad opera di due ricercatrici del CNR, Gioia Jacopini e Marina Frontali che diedero vita a un modo diverso di fare ricerca, fortemente sul campo e che, grazie alla disponibilità delle famiglie dei malati, ha portato allo sviluppo di un modello di collaborazione unico e straordinario. Il libro nasce da un’iniziativa congiunta dell’Associazione Italiana Còrea di Huntington Roma Onlus (AICH-Roma) e del Policlinico A. Gemelli, con il supporto di BioRep società del Gruppo Sapio e service provider e banca biologica di riferimento a livello internazionale per diversi progetti di ricerca sulla Còrea di Huntington.

“Dalla ricerca epidemiologica alla nascita di AICH-Roma, all’attivazione dell’Ambulatorio presso il Policlinico Gemelli, all’avvio del protocollo di accesso al test genetico per la Malattia di Huntington, all’analisi dei problemi affrontati e dei risultati ottenuti, il libro – spiega Gioia Jacopini, una dei fondatori di AICH Roma Onlus – ripercorrerà un periodo di circa trent’anni ricco di scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche”.

Importanti contributi al volume sono venuti: dalla dottoressa Anna Rita Bentivoglio, neurologa, storica figura responsabile dell’Ambulatorio al Gemelli; dalle neurologhe Maria Spadaro e Silvia Romano la cui attività, come volontarie presso la sede messa a disposizione da AICH-Roma, ha prodotto dati clinici di sorprendente entità; dalla pneumologa Laura Torrelli, collaboratrice principale dell’indagine epidemiologica; dall’assistente sociale Carolina Casciani, protagonista di molte delle visite domiciliari; dalla dottoressa Francesca Rosati, Presidente di AICH-RomaOnlus, che ha dato voce all’esperienza dal punto di vista delle famiglie con Malattia di Huntington.

 “L’ambulatorio dedicato alla Malattia di Huntington – spiega Anna Rita Bentivoglio, responsabile dell’UOS – Disturbi del Movimento dell’Area Neuroscienze del Policlinico universitario A. Gemelli - è nato, alla fine degli anni ottanta, un luogo dove s’incontravano un malato, la sua famiglia, lo psicologo dell’Associazione, il neurologo competente (designato “regista” del percorso di diagnosi e cura della malattia) e diverse altre figure sanitarie, che potessero offrire aiuto alle tante dimensioni della malattia. Oggi l’ambulatorio è cresciuto nei numeri, è settimanale, e accoglie almeno sette-otto (spesso fino a dieci e più) pazienti ogni settimana. Oggi il nostro è solo uno dei diversi ambulatori dedicati alla Malattia di Huntington nel nostro Paese. Ci piace pensare in grande – afferma Bentivoglio -  e pensare che nel futuro dovremo trovare risorse per arrivare a  un’organizzazione di una rete territoriale di centri esperti nella cura dei disturbi del movimento e in particolare della Malattia di Huntington organizzata come un modello tipo centro-satelliti. Tale modello dovrebbe prevedere una struttura centrale, con competenze cliniche e neurologiche, quale il centro primario di afferenza (formula la diagnosi, effettua le valutazioni ecc.) collegato a una rete di altre strutture di riferimento in grado di fornire risposte adeguate alle diverse, prevedibili esigenze  non solo del paziente ma dell’intero nucleo familiare: dalla terapia riabilitativa, alla residenza temporanea, alla lungodegenza per il malato e al counseling psicologico e consulenza genetica per i figli a rischio. In tempi non lontani ci auguriamo di trovare terapie mirate per la Malattia di Huntington che cambino in modo radicale le necessità e la prassi e che rendano “antico” tutto quanto abbiamo messo in piedi fino a oggi”.

“Oggi il progresso della scienza è sempre più strettamente connesso alla possibilità e alla capacità degli scienziati di collaborare, condividendo informazioni, strumenti, risultati e obiettivi – sottolinea Maurizio Colombo, Presidente di BioRep e Vice Presidente del Gruppo Sapio -. Da più di 10 anni, siamo impegnati a offrire servizi che possano contribuire in modo concreto a convogliare gli sforzi dei ricercatori massimizzandoli, oltre che a mettere in sinergia le diverse competenze per raggiungere l’obiettivo comune. Siamo quindi orgogliosi di essere al fianco di AICH-Roma Onlus e di supportare scienziati e ricercatori nel lavoro quotidiano per sviluppare nuove terapie e per poter presto trovare una cura per questa malattia”.

24 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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