Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale. Un approccio clinico-diagnostico
Questo l’obiettivo del corso Ecm che punta a fornire sul tema contenuti tecnico professionali specifici per ciascuna professione in modo da formare in maniera completa lo specialista. Il Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale (LAL) è una malattia genetica nella quale si ha un accumulo progressivo di esteri del colesterolo e trigliceridi a livello del fegato, della milza e degli altri organi.
05 OTT - Gestire il Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale (LAL) in modo completo e multidisciplinare. Questo l’obiettivo del corso Ecm “Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale (LAL): approccio clinico-diagnostico”. Il Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale (LAL) è una malattia genetica nella quale si ha un accumulo progressivo di esteri del colesterolo e trigliceridi a livello del fegato, della milza e degli altri organi.
Questa malattia “può portare ad insufficienza epatica ingravescente che può portare alla cirrosi micronodulare”, precisa Sandro Muntoni, Professore associato presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Cagliari e Responsabile del Centro per le Malattie Dismetaboliche e l’Arteriosclerosi di Cagliari.
Nella forma infantile (Wolman disease) tale malattia, se non trattata, può essere letale, mentre se si verifica da adulti la patologia è nota come “malattia da accumulo degli esteri del colesterolo (CESD)”. Il Deficit di LAL è una patologia rara sotto diagnosticata ed è per questo motivo che servono dei percorsi formativi ad hoc per pediatri, lipidologi, endocrinologi ed epatologi per rendere queste figure professionali in grado di riconoscere tale malattia. Secondo i dati di uno studio condotto dallo stesso Muntoni nel 2007 “si stima che la prevalenza di questa patologia sia di 1 a 40.000”.
L’obiettivo del corso ECM “Deficit di Lipasi Acida Lisosomiale (LAL): approccio clinico-diagnostico”, disponibile sul portale di iECM, di cui il prof. Muntoni è uno degli autori, è proprio quello di fornire contenuti tecnico professionali specifici per ciascuna professione in modo da formare in maniera completa lo specialista. Per il momento, infatti, “non ci sono delle linee guida su questa patologia; ad oggi sono ancora in fase di stesura. Quello che possiamo dire però è che occorre cercare pazienti con bassi valori di HDL, ben sotto i 40 per i maschi e sotto i 50 per le donne, con ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia accompagnata o meno da steatosi epatica e insufficienza epatica ingravescente”, precisa Muntoni.
La diagnosi di questa malattia può essere effettuata tramite un test specifico chiamato Dried Blood Spots (DBS) in pazienti che presentano epatomegalia, livelli di transaminasi elevati e un profilo lipidico caratterizzato da colesterolo LDL e trigliceridi alti e colesterolo HDL basso. “Di recente poi è stata realizzata la lipasi ricombinante, che può essere infusa per via endovenosa ogni 15 giorni con buoni risultati”, conclude Muntoni.