Piloti d’aereo con il diabete? Yes, we can
di Maria Rita Montebelli
Guidare un aereo è una delle pochissime attività ancora precluse alle persone con diabete. Ma i tempi cambiano e in alcuni Paesi questo tabù è già caduto. Il buon esempio è stato dato da Canada e Gran Bretagna (seguita a ruota dall’Irlanda). E uno studio presentato al congresso dell’EASD dimostra che i diabetici ben compensati possono guidare un aereo senza mettere a rischio la propria e l’altrui incolumità. La Società Italiana di Diabetologia si rende dunque disponibile per mettere a punto con l’ENAC dei protocolli ad hoc per consentire anche agli aspiranti piloti italiani con diabete di realizzare il loro sogno.
13 SET - Il diabete, anche quello trattato con insulina non deve rappresentare una preclusione assoluta all’attività lavorativa, nemmeno se questa consiste nel pilotare un aereo. Eppure nel nostro, come nella maggior parte dei paesi del mondo, alle persone con diabete non è consentito conseguire la licenza di volo. Ma forse è arrivato il momento di voltare pagina, come dimostra uno studio presentato al congresso della
European Association for the Study of Diabetes (EASD) a Monaco.
I piloti delle linee aeree commerciali inglesi con diabete, in trattamento con insulina hanno volato negli ultimi tre anni su tratte dal breve al lungo raggio, senza alcun problema, ma monitorando con regolarità la glicemia in cabina di pilotaggio con un glucometro e mantenendosi in buon compenso.
Nel 2012 la Gran Bretagna è stata la seconda nazione al mondo (la prima è stata il Canada) a consentire ai soggetti con diabete in trattamento insulinico di ottenere un Certificato Medico di Classe 1 per la Licenza di Pilota Commerciale (CPL). Nel mese di aprile del 2015 l’Irlanda ha seguito l’esempio della Gran Bretagna ed ha adottato un Protocollo di Valutazione Medica nell’ambito del regolamento della
European Aviation Safety Agency (EASA).
Il protocollo, messo a punto da una
task force composta da esperti medici e da rappresentanti dell’aviazione britannica, detta le regole per rilasciare la certificazione medica, necessaria agli aspiranti piloti in terapia con insulina. Chi ottiene questa certificazione è soggetto a requisiti molto stringenti (controllo della glicemia prima e durante il volo), sotto la supervisione diretta dei dipartimenti medici della
Civil Aviation Authority (CAA) britannica e della
Irish Aviation Authority (IAA).
Nello studio presentato all’EASD da
Julia Hinedel Royal Surrey County Hospital di Guildford, (UK) e da
Stuart Mitchell della UK
Civil Aviation Authority, Aeroporto di Gatwick (UK) sono stati valutati i primi risultati e la sicurezza del programma inglese. A tale scopo sono stati analizzati tutti i
file medici relativi ai 26 piloti insulino-trattati con certificato di Classe 1, in forza alle linee commerciali inglesi, prendendo in considerazione età, durata e tipo di diabete, trattamento, comorbilità, monitoraggio delle complicanze del diabete, valori di emoglobina glicata prima e dopo il conseguimento del certificato di Classe 1, tutti i voli effettuati con il relativo monitoraggio delle glicemie durante il volo.
L’identikit dei piloti considerati da questo studio era il seguente: maschi, di età media 41 anni, l’85% dei quali affetti da diabete di tipo 1 insorto in media 8 anni prima, con licenza conseguita in media 19,5 mesi prima. Le glicate pre e post-certificazione sono risultate sovrapponibili (53,1mmol/mol e 54,8mmol/mol).
Durante le 4.900 ore di volo analizzate sono state registrate 8.897 misurazioni della glicemia, classificate in 3 diverse categorie, secondo i colori del semaforo: verde (90-270 mg/dl), giallo (72-90 e 270-360 mg/dl) e rosso (< 72 or >360 mg/dl).
Per i voli di breve-medio raggio (sotto 6 ore) il 96% delle 7.829 letture di glicemia è risultato nel
range ‘verde’; per quelli di lungo raggio (più di 6 ore), il 97% dei 1.068 valori di glicemia rilevati in volo è risultato nella categoria ‘verde’. E sommando le letture ottenute nei voli di breve-medio e in quelli di lungo raggio, solo 19 misurazioni (lo 0,2%) sono risultate da ‘semaforo’ rosso. Al momento tuttavia, specificano gli autori dello studio, non risultano casi di piloti inabilitati al volo per una glicemia troppo bassa o troppo alta.
Il protocollo CAA sembra dunque molto valido nel garantire la sicurezza in volo, senza per questo discriminare i piloti con diabete. Alla luce di questi risultati ‘
real life’ diverse nazioni europee hanno manifestato interesse in questo programma.
E intanto dall’altro lato dell’Oceano, dopo il Canada, qualcosa si sta muovendo anche negli USA. L’
American Diabetes Association (ADA) suggerisce che anziché precludere
tout court la certificazione necessaria per la licenza di volo alle persone con diabete, bisognerebbe valutare caso per caso i soggetti con diabete, per determinarne l’idoneità o meno al volo. Partendo da questo principio, l’ADA sta sviluppando delle raccomandazioni da condividere con la US
Federal Aviation Administration (FAA) per consentire alla FAA di individuare le persone con diabete, senza rischi particolari di inabilitazione al volo. Al momento tuttavia anche negli USA, la diagnosi di diabete preclude la possibilità di condurre aerei commerciali.
“L’attuale normativa italiana – commenta il professor
Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia – non consente la concessione della licenza a piloti di linea con diabete in trattamento con insulina o farmaci orali che possano causare ipoglicemie. Se questa restrizione appare dettata da logiche motivazioni di buonsenso, i progressi del trattamento del diabete con nuovi farmaci che non causano ipoglicemie e con insuline sempre più intelligenti che riducono i rischi d’ipoglicemia aprono alla possibilità che questa patologia possa essere trattata in assoluta sicurezza anche con insulina. Lo studio sui piloti inglesi con diabete insulino-trattato dimostra chiaramente che è possibile pilotare aerei su rotte commerciali in piena sicurezza attraverso un attento monitoraggio della glicemia e un protocollo terapeutico rigoroso. La SID è disponibile a collaborare con le autorità regolatorie italiane per approfondire la tematica e sviluppare protocolli per il trattamento e il monitoraggio della terapia”.
Dal canto suo l’Ente Nazionale Aviazione Civile ENAC, interpellato in proposito, fa sapere che “nel confermare la propria attenzione agli importanti sviluppi emersi dai recenti studi e che indicano la necessità di un'innovazione della normativa in materia, ha evidenziato che il tema deve comunque essere portato avanti nel contesto europeo che è regolamentato dall'EASA, l'Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea".
Maria Rita Montebelli
13 settembre 2016
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci