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Giornata Mondiale sepsi. Ogni 4 secondi muore un paziente. È una vera e propria pandemia. Amcli: “Fronte comune per sconfiggerla”


Il dato diffuso in occasione della Giornata del 13 settembre. Per l'Associazione dei microbiologi italiani occorre coordinare gli sforzi da parte dei medici di famiglia, medici di pronto soccorso,  microbiologi e infettivologi, nonché da parte delle ditte produttrici di diagnostici affinché i test ormai disponibili e in grado di  accorciare i tempi di risposta delle emocolture

12 SET - "Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito - scrivono dall'Associazione microbiologi italiani (Amcli) in una nota - ad un costante e  drammatico aumento del numero di  pazienti con sepsi: si calcola che muoia un paziente ogni 4 secondi. Una realtà che secondo alcuni costituisce una vera e propria pandemia dei paesi industrializzati. L’incremento nel numero di decessi desta grande preoccupazione in quanto costituisce la principale causa di morte per cause infettive, quindi prevenibili".

"Serve una maggior attenzione - proseguono dall'Amcli nella nota - a questa patologia e uno sforzo congiunto da parte   dei medici di famiglia, medici di pronto soccorso,  microbiologi e infettivologi. Uno sforzo è richiesto anche alle ditte produttrici dei diagnostici affinché i test ormai disponibili e in grado di  accorciare di molto i tempi di risposta delle emocolture possano scendere a prezzi accessibili al SSN. L’ accorciamento dei tempi di diagnosi microbiologica, infatti,  risulta molto importante perché numerosi studi dimostrano come ogni ora di ritardo nella diagnosi corretta e quindi  nella  somministrazione della corretta terapia antibiotica,  dopo le prime 12 ore dall’insorgenza dei sintomi,  faccia  aumentare il rischio di morte del 7%".

Questo messaggio viene lanciato in occasione della Giornata Mondiale sulla Sepsi (13 settembre 2016), patologia associata ad una prognosi grave,  che molto spesso si manifesta in pazienti ricoverati,  immunocompromessi  e anziani. E’ particolarmente frequente nei pazienti delle Unità di Terapia Intensiva (UTI), ma spesso è la stessa sepsi che rappresenta il motivo di ricovero in UTI: globalmente fino a 1/3 dei pazienti in terapia intensiva presentano sepsi, sepsi grave e shock settico.

Le principali ragioni di ciò  sono da ricercare  nell’ invecchiamento della popolazione, l’ aumento della popolazione fragile, il diffondersi di microrganismi resistenti agli antibiotici e probabilmente anche un calo in generale dei servizi sanitari. La sepsi è una sindrome clinica complessa, difficile da definire, diagnosticare  e trattare. Risulta da un complesso di segni  e sintomi dovuti all’ attivazione sistemica della risposta immunitaria nei confronti di un patogeno che è arrivato in circolo. Le sepsi possono essere provocate da diversi tipi di batteri: i più frequentemente in causa sono i batteri piogeni, soprattutto gli streptococchi e gli stafilococchi, più rari invece i meningococchi, gli pneumococchi, gli enterococchi, i colibacilli ed altri.

"Oltre ad essere un grave problema per la salute umana (mortalità 20-40%) ha anche un enorme impatto economico. Nel nostro Paese in cui si stimano oltre 6000 casi all’ anno, la spesa aggiuntiva annua super i 15 milioni di Euro - spiega Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese -. Oggi, però, il Laboratorio di Microbiologia clinica, grazie a nuove tecniche resesi disponibili è in grado di dare risposte rapide ed ha accorciato di molto i tradizionali tempi di risposta dell’ emocoltura che è l’ esame cardine attorno al quale ruota la diagnosi. L’ utilizzo dei nuovi metodi può comportare un aumento dei costi della diagnosi microbiologica che non dovrebbe essere considerato un aggravio economico, quanto un risparmio per il SSN".
 
Lorenzo Proia

12 settembre 2016
© Riproduzione riservata

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