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Piano terapeutico e Bpco. Aipo: “Cambia profondamente lo scenario per chi si occupa di gestire malattue respiratorie croniche”

di Chiara Finotti

“Il Piano Terapeutico è necessario nella gestione delle malattie croniche - spiega Andrea Rossi direttore dell’Unità di Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona - Il paziente deve sapere cosa fare, quando prendere i farmaci, quali sono le scadenze e quali i suoi interlocutori”.

21 MAR - Con l’estensione del Piano Terapeutico alle associazioni di farmaci utilizzati nel trattamento della BPCO, cambia lo scenario per chi si occupa di gestire le malattie respiratorie croniche. La necessità di compilare il Piano Terapeutico riguarda le associazioni di indacaterolo/glicopirronio a partire da maggio 2015 evinanterolo-umeclidinio a partire da gennaio 2016. Lo sottolinea, tramite una nota, l’Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo).
 
Secondo le linee guida Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) destinatari della prima prescrizione sono soggetti ai quali è stata diagnosticata la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) di grado da moderato a molto grave (FEV1/FVC<0.70 e FEV1<80% del teorico) che presentino dispnea nell’atto di salire le scale, pedalare, camminare in salita, dopo centro metri di camminata e quando si vestono o svestono. Se presentano difficoltà respiratoria in almeno una di queste attività quotidiane possono essere destinatari della suddetta prescrizione.

“Il Piano Terapeutico è necessario nella gestione delle malattie croniche”, commenta Andrea Rossi direttore dell’Unità di Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Past President dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) e Direttore Scientifico del Centro Studi e Ricerche dell’Associazione. “Il paziente deve sapere cosa fare, quando prendere i farmaci, quali sono le scadenze e quali i suoi interlocutori. L’utilizzo del Piano Terapeutico ovvero di una prescrizione maggiormente dettagliata e completa è una pratica diffusa in molte specialità e non deve spaventare gli pneumologi”, continua Andrea Rossi. “Non deve essere visto come un aumento del carico di lavoro, ma come uno strumento di razionalizzazione del lavoro al fine di renderlo più efficace e più efficiente.”
“Nel caso della BPCO, lo specialista si è trovato a dover compilare il Piano Terapeutico per la prescrizione dell’associazione LABA/LAMA (beta2-agonisti a lunga durata d'azione/ Agenti antimuscarinici a lunga durata d'azione). Il suddetto Piano Terapeutico non può essere stilato dal medico di medicina generale; è necessario lo specifico intervento dello specialista. Non dimentichiamo la situazione particolare in Italia per condizioni patologiche croniche come la BPCO e l’asma bronchiale: non solo sotto diagnosticate ma anche caratterizzate da una notevole inappropriatezza terapeutica. In questo scenario, l’introduzione del Piano Terapeutico per farmaci utilizzati per la terapia della BPCO va interpretata come un fatto positivo. Lo pneumologo ha la responsabilità di diagnosticare la malattia, di stabilire la corretta prescrizione e di monitorare nel tempo l’aderenza alla terapia a sei mesi o a un anno a seconda delle regioni.”

“In questo contesto di inaccuratezza diagnostica, possibile inappropriatezza terapeutica e scarsissima aderenza alla terapia, è necessario muoversi per gradi. E’ opportuno che il medico di medicina generale nel sospetto di BPCO collabori con lo specialista per trarre vantaggio dalle competenze specifiche e degli strumenti adeguati dello stesso, così che la formulazione di una diagnosi corretta sia assicurata e si provveda poi all’elaborazione di un Piano Terapeutico adeguato. Una volta iniziata la terapia, lo specialista e il medico di medicina generale collaboreranno al fine di gestire al meglio il Piano Terapeutico e, di conseguenza, lo stato di salute del loro paziente. In quest’ottica è importante che fra specialista e medico di medicina generale si instauri un rapporto di proficua sinergia e collaborazione.”

“L’adozione di piani terapeutici per la farmacoterapia della BPCO, e non solo per una parte di essa, implica una stimolo ad una maggior collaborazione tra la medicina di base e la Pneumologia, ad una maggiore accuratezza diagnostica (la spirometria necessariamente!), ad una maggiore appropriatezza terapeutica e molto probabilmente porterà ad una maggiore aderenza alla terapia. Il presumibile aumento di costi diretti a livelli di indagini spirometrie e di farmaci sarà ampiamente compensato dalla riduzione delle visite non programmate (es. accessi al Pronto Soccorso) e delle ospedalizzazioni per gli episodi di riacutizzazione e da un maggior controllo sulla progressione della malattia. E’ ragionevole pensare in termini di flessibilità e di gradualità, ma l’obiettivo non è solo la razionalizzazione della spesa, è il miglioramento della salute dei cittadini. I piani terapeutici per la terapia della BPCO vanno in questo senso.”
 
Chiara Finotti - Ufficio Stampa AIPO
 

21 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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