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Sperimentazione animale. Lettera di Research4Life alla Commissione Europea. “Normativa italiana sia uniformata a quella comunitaria”


Nella lettera i ricercatori spiegano che l'attuale normativa impedirebbe la prosecuzione delle ricerche finalizzate alla generazione di organi perfettamente compatibili con l’organismo ricevente (umano) da destinare quindi ai trapianti di organi nell’uomo, a partire dall’inserimento mediante iniezione di cellule staminali indotte in un animale ospite. 

05 FEB - Più di 3.200 cittadini, tra cui ricercatori, studenti, pazienti e loro familiari, assieme a 37 enti pubblici e privati (Università, Istituti di Ricerca e Associazioni di Pazienti), hanno sottoscritto la lettera, promossa da Research4Life, indirizzata alla Commissione europea, DG Ambiente, per chiedere che la normativa nazionale italiana sulla sperimentazione animale venga uniformata a quella dell’Unione Europea.
E’ necessario, infatti, a parere di Research4Life e di tutti coloro che hanno sostenuto l’iniziativa che l’Italia ritorni sui suoi passi e adotti la Direttiva 63/2010/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici nella sua versione originale, eliminando quelle restrizioni che non consentono ai nostri ricercatori di indagare su soluzioni per bisogni di cura ad oggi insoddisfatti.

Research4Life spiega che il decreto legislativo n. 26/2014 vieta, ad esempio, “l’utilizzo di animali – sottolinea una nota - per gli xenotrapianti (art.5, comma 2, lettera d), molto utilizzati per terapie sperimentali per patologie molto gravi, tanto da essere considerati una tecnica di routine in qualsiasi laboratorio di ricerca biomedica a livello mondiale”. A causa di questo divieto, verrebbe impedita la prosecuzione delle ricerche finalizzate alla generazione di organi perfettamente compatibili con l’organismo ricevente (umano) da destinare quindi ai trapianti di organi nell’uomo, a partire dall’inserimento mediante iniezione di cellule staminali indotte in un animale ospite e si impedirebbe la produzione di valvole cardiache biologiche derivate da maiale, bloccando le cure delle stenosi aortiche e delle valvole cardiache.

Il divieto di utilizzo di animali per le ricerche su sostanze d’abuso causerà, invece, “la conclusione di qualsiasi ricerca volta ad indagare i meccanismi di azione di tali sostanze, le quali stanno diventando sempre più diffuse, con effetti devastanti, in termini di danni permanenti (ad esempio, la sindrome da astinenza neonatale, causata dall’utilizzo di sostanze stupefacenti/farmaci durante la gravidanza). Più in generale, sarà messa in pericolo la ricerca sui disturbi alimentari, quali la bulimia e l’anoressia”.

Il decreto legislativo, inoltre, proibisce l’utilizzo degli animali nelle attività di formazione universitaria, ad eccezione di quella di medici e medici veterinari. Gran parte degli esperimenti nei laboratori viene eseguita però da biologi, farmacisti, biotecnologi, a cui verrà negata una a, osservano i ricercatori, adeguata formazione durante gli studi universitari. Vieta, poi, l’allevamento di cani, gatti e primati non umani (che rappresentano comunque solo lo 0,1% degli organismi modello utilizzati in Italia), non prevedendo tuttavia il divieto di loro utilizzo sul territorio italiano.

“Se – commenta Giuliano Grignaschi, Segretario Generale di Research4Life -la libertà di circolazione di merci, servizi, persone e capitali nel territorio degli Stati membri, così come la libertà di concorrenza leale tra le imprese stabilite nel territorio dell’Unione, sono principi fondamentali dell’ordinamento giuridico UE, il decreto legislativo n. 26/2014 va contro tali principi,mina la formazione di intere categorie di futuri scienziati e crea una serie di condizioni che mettono seriamente a rischio il futuro della ricerca italiana rispetto agli altri Paesi europei”.
 

05 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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