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Scoperto l’ormone dei ‘golosi’. Lo produce il fegato

di Maria Rita Montebelli

Si chiama FGF21 e funziona da regolatore post-prandiale dell’assunzione di cibi contenenti zuccheri semplici. Più ce n'è in circolo, meno il cervello ci porta a consumare dolci e bevande alcoliche. Molto interessanti le possibili ricadute terapeutiche su obesità, diabete e etilismo. Ma prima sarà necessario dimostrare che la somministrazione di FGF21 non causi depressione

29 DIC - Il miglior alleato della dieta? Potrebbe non essere lo specchio (o la bilancia), ma il fegato. A questa conclusione sono arrivati due gruppi di ricerca indipendenti che hanno dimostrato l’esistenza di un ormone, l’FGF21, prodotto appunto dal fegato e capace di regolare – almeno nei topi – l’assunzione di zuccheri e alcol. Uno di questi studi, si è spinto ancora oltre, arrivando a dimostrare la stessa cosa anche nei primati, praticamente ad un soffio dall’uomo.
 
“Sono tantissime le ricerche che hanno analizzato i meccanismi centrali che regolano il comportamento di ricerca degli zuccheri – afferma Matthew Potthoff della University of Iowa, autore di uno degli studi pubblicati su Cell Metabolism - ma ancora molto poco si sa di cosa accade dopo aver consumato cibi contenenti zuccheri e dei meccanismi che regolano l’appetito per questi alimenti”.
 
“Non avremmo mai potuto immaginare – ammette Matthew Gillum dell’Università di Copenhagen, altro autore dello stesso paper – che esistesse un fattore circolante, di produzione epatica, in grado di controllare l’appetito per i dolci e siamo molto eccitati per questa scoperta. Adesso andremo ad indagare più in dettaglio questo nuovo pathway ormonale”.
 
Il nuovo protagonista della scena delle ricerche sul controllo dell’appetito, è indicato da un acronimo, FGF21 che sta per Fibroblast Growth Factor 21 e alcuni studi di genetica, quale     quello condotto dal gruppo di Potthoff, hanno correlato questo ormone alla preferenza alimentare per i cibi dolci. In particolare, la loro ricerca, basata su studi GWAS (genome-wide) umani, ha individuato associazioni tra alcune mutazioni del DNA e l’assunzione specifica di alcuni macronutrienti da parte di alcuni individui. Due di queste mutazioni sono localizzate in prossimità del gene dell’FGF21.
 
I ricercatori dell’Università dell’Iowa hanno utilizzato modelli di topi ‘geneticamente modificati’e una serie di approcci farmacologici per esaminare il ruolo dell’FGF21 nel regolare il craving per gli zuccheri. L’iniezione di FGF21 nei topi normali, li rende in grado di resistere al richiamo dello zucchero, portandoli ad assumerne sette volte meno del normale. Andando a ripetere l’esperimento, proponendo la scelta dei due regimi dietetici, a topi geneticamente modificati, cioè non in grado di produrre FGF21 o di produrne in maniera esagerata (500 volte il normale), i ricercatori hanno osservato che gli animali privi di FGF21 mangiavano zucchero in quantità, mentre quelli con concentrazioni elevatissime di FGF21 ne mangiavano veramente poco. Alla luce di questi risultati, i ricercatori dell’università dell’Iowa hanno dunque desunto che l’FGF21 diminuisce l’appetito e l’assunzione di zuccheri, anche se non di tutti (saccarosio, fruttosio e glucosio) alla stesso modo. Questo ormone non sembra invece influenzare l’assunzione di carboidrati complessi.
 
“L’FGF21 può esercitare un potente effetto sul comportamento, agendo a livello del sistema nervoso centrale, anche nell’uomo” , afferma Steven A. Kliewer del Southwestern Medical Center dell’Università del Texas,  autore dell’altro studio pubblicato su Cell Metabolism.
 
Così a prima vista, si potrebbe pensare che i ricercatori americani abbiamo scoperto l’uovo di Colombo per indurre la gente a sopprimere il consumo di dolci e bevande alcoliche, ma naturalmentel e cose non stanno proprio così. “E’ bene ricordare – ricorda Kliewer – che questi comportamenti di ‘ricompensa’ sono strettamente legati all’umore, quindi sarà bene aspettare di verificare con altri studi se l’FGF21 non provochi ad esempio depressione”.
 
Lo studio di Kliewer e Mangelsdorf ha esaminato gli effetti dell’FGF21 sia nei topi che nelle scimmie. Erano  già noti vari circuiti cerebrali in grado di influenzare la preferenza verso i cibi dolci o l’alcol, ma questa è in assoluto la prima volta che si dimostra che un ormone prodotto dal fegato è in grado di esercitare un controllo su queste scelte.
 
Un altro aspetto dell’FGF21 che ha lasciato di stucco i ricercatori è quanto sia potente la sua azione di soppressione dell’appetito; una singola dose rende le scimmie immediatamente indifferenti all’acqua dolcificata.
 
La ricerca condotta da Potthoff e Gillum ha invece gettato luce su come funziona l’FGF21. Nei topi, il fegato produce FGF21 in risposta all’assunzione di zuccheri; l’FGF21 una volta entrato nel torrente ematico, va a sopprimere in maniera selettiva l’appetito per i dolci, andando ad agire sul nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, una parte del cervello che regola l’assunzione di cibo e l’omeostasi energetica.
 
“Dopo aver individuato queste vie nervose – afferma Potthoff - vorremmo ora capire se esistono altri ormoni deputati a regolare l’appetito per macronutrienti specifici, quali grassi e proteine, con effetti simili a quelli che l’FGF21 ha per i carboidrati. Se questo fosse il caso, dovremmo andare a studiare come questi diversi segnali interagiscono tra loro per regolare il sensing nervoso dei diversi macronutrienti”.
“Sappiamo da tempo – ricorda Lucas BonDurant, dottorando dell’Interdisciplinary Graduate Program in Molecular and Cellular Biology, University of Iowa – che l’FGF21 può migliorare la sensibilità insulinica. La nostra ricerca suggerisce però anche che questo ormone può aiutare le persone che non sono in grado di ‘sentire’ quando hanno assunto abbastanza zuccheri e farne loro limitare dunque l’assunzione”.
 
Risalgono ad almeno mezzo secolo fa gli studi che avevano individuato nel fegato un importante regolatore di assunzione e preferenze per il cibo. L’FGF21 è prodotto soprattutto dal fegato e le variazioni a livello del gene per l’FGF21 sono associate ad alterazioni nelle preferenze per determinanti macronutrienti nell’uomo.
 
Resta da capire che senso abbia in generale l’esistenza di un ormone come l’FGF21 per l’omeostasi dell’organismo. Forse serve a migliorare la qualità della dieta o a prevenire il consumo di cibo spazzatura? O a proteggere il fegato dagli effetti dannosi dell’alcol? Qualunque sia il suo significato teleologico, di certo un ormone del genere rappresenta un’arma straordinaria per combattere il craving di carboidrati, l’obesità o l’abuso di bevande alcoliche.
                                                    
E non è un caso che analoghi dell’FGF21 siano già al vaglio clinico per il trattamento dell’obesità e del diabete di tipo 2. Ma come visto, gli autori invitano alla prudenza perché andare a interferire con i meccanismi di signalling cerebrale può riservare (come già accaduto in passato) brutte sorprese sul fronte del comportamento e dell’umore. E la depressione, con le sue più estreme conseguenze, sarebbe un prezzo decisamente troppo alto da pagare per perdere qualche chilo o per controllare meglio il diabete.
 
Maria Rita Montebelli

29 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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