Cancro della prostata: individuato nuovo farmaco per le forme metastatiche e un test genetico per individuare i soggetti a rischio
di Maria Rita Montebelli
L’olaparib, un farmaco nato per trattare i tumori dell’ovaio e della mammella correlati alle mutazioni BRCA, dimostra la sua efficacia anche nei pazienti con tumore della prostata in fase avanzata, ma solo nei portatori di mutazioni che disturbano i meccanismi di riparazione del DNA. Lo studio TOPARP-A sul New England Journal of Medicine di oggi
29 OTT - Gli esperti lo considerano una pietra miliare nelle terapie oncologiche oltre che un grande successo della medicina di precisione. Il primo nel campo del tumore della prostata.
Lo studio TOPARP-A, appena pubblicato su
New England Journal of Medicine, dimostra che l’olaparib, un farmaco sperimentale della classe dei PARP inibitori, utilizzato per il trattamento dei tumori dell’ovaio correlati a mutazioni dei geni BRCA (i geni malati di ‘Angelina Jolie’), funziona anche nel tumore della prostata in fase avanzata. Precisamente in un paziente su tre.
Il
trial di fase II ha interessato 50 pazienti con carcinoma della prostata in fase avanzata, resistente alla terapia (tutti erano stati trattati in precedenza con docetaxel, abiraterone o enzalutamide; il 58% con cabazitaxel). Tutti sono stati trattati con olaparib (compresse da 400 mg due volte al giorno) e 16 di loro (il 33% del totale) hanno mostrato una buona risposta oggettiva, definita da un insieme di criteri clinici. In particolare il farmaco ha arrestato la crescita del tumore, producendo un calo persistente delle concentrazioni di PSA e dei livelli delle cellule tumorali circolanti. E’ stata inoltre documentata anche una risposta radiografica alla TAC e alla RMN.
Il messaggio scaturito da questo studio è che un paziente su tre di quelli affetti da cancro della prostata in fase avanzata presenta un difetto nei meccanismi di riparazione del DNA (evidenziabili da specifici test genetici); e sono proprio questi i soggetti che mostrano una risposta particolarmente buona all’olaparib. Tecniche di sequenziamento di nuova generazione hanno portato ad individuare delezioni omozigoti, mutazioni deleterie o entrambi nei geni deputati alla riparazione del DNA (BRCA 1 e 2, ATM, geni dell’anemia di Fanconi, CHEK2) in 16 dei 49 pazienti valutati.
L’interesse di questi risultati ha portato a far partire subito un altro studio, il TORPARP-B nel quale solo i pazienti portatori di mutazioni che interessano i sistemi di riparazione del DNA saranno trattati con olaparib. Se i risultati di questo secondo studio dovessero confermare le attese di TORPARP-A, l’olaparib potrebbe diventare un trattamento standard per i pazienti con tumore della prostata in fase avanzata, portatori di una mutazione dei sistemi di riparazione del DNA.
Il farmaco, sviluppato grazie alle ricerche dell’
Institute of Cancer Research inglese e dell’Università di Cambridge, ha ottenuto importanti risultati nei
trial di fase III nelle pazienti con tumori (principalmente dell’ovaio e della mammella) correlati a mutazioni ereditarie dei geni BRCA. Appartiene alla nuova classe dei PARP inibitori che dallo scorso anno vengono utilizzati in alcuni Paesi (paradossalmente non in Gran Bretagna, dove il farmaco è ‘nato’) per il trattamento delle donne con cancro dell’ovaio da mutazione dei geni BRCA.
“Il nostro studio – afferma l’autore senior,
Johann de Bono, direttore del
Drug Development presso l’
Institute of Cancer Research (Londra) e il Royal Marsden NHS
Foundation Trust – rappresenta un significativo passo avanti nel trattamento del tumore della prostata e dimostra che l’olaparib è molto efficace nei soggetti con difetti dei sistemi di riparazione del DNA. Dimostra anche che è possibile selezionare quelli che hanno maggiori probabilità di risposta, attraverso l’esecuzione di un test genetico e questo ci permette di effettuare un trattamento realmente ‘su misura’.”
La speranza degli autori è adesso che l’olaparib arrivi presto nelle corsie di ospedale e che la stratificazione genomica dei tumori diventi prassi di routine nella pratica clinica quotidiana.
Il TOPARP-A è uno studio molto importante anche perché dimostra ‘l’imparentamento’ genetico di tumori apparentemente molto diversi, quali quelli dell’ovaio, della mammella e della prostata.
“Essere riusciti a comprendere il legame tra il tumore della prostata e le mutazioni che interessano i meccanismi di riparazione del DNA è di enorme importanza – sottolinea
William Nelson, direttore del Sidney Kimmel
Comprehensive Cancer Center presso la Johns Hopkins di Baltimore (USA) – per i pazienti e per le loro famiglie. Da una parte siamo così in grado di individuare i pazienti con cancro della prostata in grado di rispondere a farmaci come l’olaparib; dall’altra possiamo aiutare meglio il paziente e la sua famiglia a comprendere il loro rischio genetico di sviluppare un tumore della prostata metastatico. Esattamente come le donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA fanno per valutare il rischio di cancro dell’ovaio e della mammella”.
Lo studio TOPARP-A è stato condotto da un consorzio internazionale di ricercatori ed è coordinato dall’
Institute of Cancer Research di Londra e dal Royal Marsden NHS
Foundation Trust. Una serie di
charity e associazioni hanno sostenuto questa ricerca da
Cancer Research UK, alla
Prostate Cancer Foundation, a
Stand Up To Cancer, a
Prostate Cancer UK, alla Movember
Foundation.
Maria Rita Montebelli
29 ottobre 2015
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