Epatite C. Al IX Expert Meeting specialisti a confronto sulle nuove opportunità terapeutiche
Nella lotta all’epatite C molte le nuove opportunità che miglioreranno ulteriormente le prospettive di guarigione e l’accesso alla terapia. Se n’è discusso a Baveno al Expert Meeting on the management of patients with HCV infection. In arrivo molecole a dose fissa, con trattamenti di breve durata, minori effetti collaterali e maggiore tollerabilità.
18 SET - Dalla sostenibilità alla scelta dei trattamenti, dalla gestione dei pazienti nei vari stadi di malattia, inclusa quella più avanzata a quella dei non rispondenti fino alle combinazioni dei nuovi antivirali ad azione diretta e alle nuove molecole in arrivo.
Il futuro della lotta all’epatite C e tutti gli aspetti legati alla patologia sono stati al centro dell’Expert Meeting on the management of patients with HCV infection. Un appuntamento annuale, giunto alla sua sesta edizione, che vede riuniti, a Baveno sul Lago Maggiore, specialisti in medicina interna, epatologia, gastroenterologia e infettivologia provenienti tutto il mondo: in totale circa sessanta esponenti dell’infettivologia in veste di discenti e più di venti speakers, in tutto circa novanta persone tra clinici e ricercatori.
Rigorosamente a numero chiuso, il meeting, ha riproposto anche quest’anno una formula basata su tavoli di confronto con gruppi ristretti e lezioni frontali con l’obiettivo di scandagliare esperienze acquisite e guardare la futuro. Ecco perché tra i molti i temi dibattuti hanno tenuto banco le nuove opportunità terapeutiche per il trattamento dell’epatite C.
“Nella lotta all’epatite C – ha spiegato
Savino Bruno, Professore Straordinario di Medicina Interna all’Humanitas University Medicine di Rozzano (Milano) e chairman del Meeting di Baveno – si prospetta certamente un futuro migliore con molecole più potenti, più efficaci e che necessiteranno di un minor numero di pasticche, di minore durata della terapia (da 12 settimane ad 8, fino ad arrivare a 6 settimane) con minori effetti collaterali e maggiore tollerabilità tali peculiarità miglioreranno ulteriormente le prospettive di guarigione e l’accesso alla terapia in confronto ai trattamenti già disponibili”.
La nuova molecola. E nuove opportunità per il trattamento dell’infezione da Hcv anche nei gruppi di pazienti cosiddetti “difficili” sono in arrivo grazie all’associazione di grazoprevir, un inibitore della proteasi NS3/4A dell’Hcv, ed elbasvir, inibitore del complesso di replicazione NS5A del virus Hcv.
Dose fissa, un trattamento breve, non più di 12 settimane, e un utilizzo in tutte le tipologie di pazienti inclusi quelli con cirrosi, con valori di funzionalità renale gravemente compromessi e in dialisi. E ancora, ricorso alla combinazione con ribavirina solo in alcuni sottogruppi come i null responders con genotipo 1°. È quanto promette l’associazione delle molecole Grazoprevir/elbasvir, senza ribavirina, molecola in un’unica pillola targata MSD.
La nuova strategia terapeutica, discussa nel corso del meeting, non è così lontana: l’Fda ha già dato il via alla
Fast track, mentre l’Ema ha fatto scattare a maggio scorso il semaforo verde per la procedura accelerata alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. E se gli iter verranno rispettati potrebbe arrivare in Italia entro la fine 2016.
“Le molecole grazoprevir/elbasvir– ha spiegato Bruno – sono i più potenti inibitori della proteasi mai sviluppati che combinati in una singola pillola consentono di ottenere in quasi tutte le popolazioni di pazienti tassi di guarigione superiore al 90%. Non solo, sono molti i vantaggi: labreve durata del trattamento, non più di 12 settimane, e soprattutto la possibilità di poterlo utilizzare in tutte le tipologie di pazienti inclusi quelli con cirrosi, quelli con valori di funzionalità renale gravemente compromessi e in dialisi, e infine la possibilità di combinarla con la ribavirina solo in alcuni sottogruppi come i null responders con genotipo 1°
”.
L’associazione grazoprevir/elbasvir ha dimostrato un profilo di sicurezza e tollerabilità favorevole anche nella popolazione di pazienti con insufficienza renale cronica in dialisi. Nello studio C-SURFER sono stati arruolati 235 pazienti con infezione da HCV, genotipo 1 e insufficienza renale grave: tutti i pazienti sono stati trattati per 12 settimane con grazoprevir/elbasvir senza ribavirina ed hanno riportato una percentuale di risposta antivirale completa, con eradicazione dell’infezione, nel 93,4% dei casi.
E se “anche i costi saranno in linea con le aspettative ottenute – ha aggiunto Bruno – ci sarà una chance in più per trattare un numero sempre maggiore di pazienti”.
E grazie a un progetto portato avanti dall’università di Rozzano, e deliberato dagli Usa, ha annunciato Bruno, ci sarà la possibilità di somministrare gratuitamente queste molecole a circa 150 persone con malattia di fegato avanzata per renderlo immediatamente disponibile. E prima che arrivi il via libera dell’ente regolatorio.
Ma la ricerca non si ferma, come emerso durante i lavori del workshop: sono infatti in arrivo nuove combinazioni di DAA. “Grazoprevir ed elbasvir – sottolinea Bruno – saranno presto accompagnate da molecole di nuova generazione, attualmente in fase di sperimentazione, a formare la cosiddetta tripletta: grazoprevir combinato con elbasvir o ad un inibitore molto potente di NS5A, MK-8408, molto più potente dello stesso elbasvir, più MK-3682, un potentissimo inibitore di nuova generazione della polimerasi di HCV. Queste molecole saranno combinate in una fixed dose a tre farmaci, dotata di alcune importanti peculiarità: assunzione una sola volta al giorno senza necessità di ribavirina, azione pangenotipica, minore durata di trattamento, buon profilo di tollerabilità”.
Gli infettivologi, dunque, intravedono a breve la possibilità di ottenere elevate prospettive di un controllo esteso ed efficiente dell’epatite C: l’obiettivo dell’eradicazione dell’infezione da virus Hcv potrebbe non essere più tanto lontano.
18 settembre 2015
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