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Tumore alla mammella. Dalla Gran Bretagna nuovo test su recidive. Le “svela” 8 mesi prima

di Maria Rita Montebelli

E’ un notevole passo avanti nella direzione della medicina personalizzata, il test di PCR digitale messo a punto a Londra da un gruppo di ricercatori dell’Institute of Cancer Research. Monitorando con un esame del sangue ogni 6 mesi le pazienti trattate per carcinoma della mammella, è possibile prevedere con un anticipo di circa 8 mesi sulla clinica, la comparsa di una recidiva. E battere quindi il tumore sul tempo.

28 AGO - Prevedere le recidive di un tumore rappresenta una sfida impegnativa della moderna medicina.
I frammenti di DNA tumorale circolanti (ctDNA) possono fornire validi indizi circa eventuali residui di malattia, cioè sulla presenza di cellule tumorali evidentemente sopravvissute ai trattamenti e pronte a dare recidive e metastasi.
 
Grande interesse sta dunque destando un lavoro appena pubblicato su Science Translational Medicine a firma di Garcia Murillas e colleghi dell’Institute of Cancer Research di Londra e del Royal Marsden NHS Foundation Trust. I ricercatori inglesi hanno annunciato di aver messo a punto un test in grado di monitorare le mutazioni chiave che si accumulano nei tumori man mano che si sviluppano e danno metastasi, senza dover per questo ricorrere ad una procedura invasiva come quella della biopsia. Basterà infatti un prelievo di sangue.
 
Il test utilizza la metodica della PCR (polymerase chain reaction) per monitorare la comparsa, nel corso del tempo, di mutazioni genetiche nel ctDNA di pazienti con diagnosi di carcinoma della mammella in fase precoce e già sottoposte a trattamenti apparentemente curativi, quali l’intervento chirurgico e la chemioterapia. Il monitoraggio della comparsa di mutazioni, su campioni seriati, ha consentito di prevedere con precisione la comparsa di recidive tumorali anche con molti mesi in anticipo (fino a 8 mesi), rispetto alle manifestazioni cliniche delle metastasi.
 
Questo ovviamente potrebbe consentire di intervenire con nuove linee di trattamento, almeno nelle pazienti ad alto rischio, molto prima che il cancro ricompaia sotto forma di metastasi.
 
La speranza ora è che, andando a decodificare i segreti del DNA tumorale, rintracciabili nel prelievo di sangue, sia possibile anche identificare particolari mutazioni che possono rivelarsi letali per la paziente e dunque avviare un trattamento tempestivo e all’altezza della situazione.
 
Con questo lavoro i ricercatori inglesi hanno gettato nuova luce anche sugli eventi mutazionali che precedono la comparsa delle metastasi e questo potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti studiati ‘su misura’ e confezionati sulle mutazioni individuali della singola paziente.
 
Lo studio rappresenta inoltre un importante passo avanti nel campo delle ‘biopsie liquide’ che potrebbero avere importanti ricadute sul trattamento dei tumori, rivoluzionando il modo in cui il cancro viene monitorato e quindi trattato.
 
 
Lo studio in dettaglio.
 
I ricercatori hanno esaminato biopsie tumorali e campioni ematici di 55 pazienti con carcinoma della mammella ‘early stage’, trattate con chemioterapia dopo l’intervento chirurgico e al momento dell’ingresso nello studio senza segni di ripresa della malattia. Le pazienti sono state monitorate con prelievi di sangue, il primo subito dopo l’intervento chirurgico, quindi ogni 6 mesi.
 
Le donne risultate positive per ctDNA sono risultate 12 volte più a rischio di recidiva rispetto a quelle risultate negative. In questo modo è stato possibile prevedere la ricomparsa clinica del cancro, con una media di 7,9 mesi in anticipo. I ricercatori hanno chiamato questa tecnica ‘mutation tracking’ e sviluppato un test PCR digitale, per individuare il DNA tumorale circolante, personalizzabile a seconda delle mutazioni riscontrate nei tumori delle singole pazienti.
 
“Abbiamo dimostrato che un semplice prelievo del sangue – afferma Nicholas Turner, Team Leader in Oncologia Molecolare dell’Institute of Cancer Research di Londra – ha le potenzialità per aiutarci a prevedere con accuratezza quali pazienti faranno una recidiva di tumore della mammella, molto tempo prima, di quanto non siamo in grado di fare adesso. Abbiamo utilizzato questo test anche per costruire un quadro di come il cancro evolve nel tempo e questa informazione potrebbe risultare di valore inestimabile per aiutare i medici a scegliere i farmaci giusti per trattare quel tumore.
 
Questo è il primo studio a dimostrare che questo test potrebbe essere utilizzato per prevedere le recidive. Passeranno probabilmente alcuni anni prima che questo esame si renda disponibile negli ospedali ma speriamo di accorciare i tempi attraverso dei trial clinici molto più ampi, che faremo partire il prossimo anno. C’è ancora qualche problema nell’implementazione di questa tecnologia, ma la PCR digitale è relativamente costo-efficace e l’informazione che fornisce potrebbe fare realmente la differenza per le pazienti affette da carcinoma della mammella ”.
 
Maria Rita Montebelli

28 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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