Cancro e nutrizione. Il 52% dei pazienti ritiene di non essere adeguatamente informato sul regime alimentare da seguire
di Marco Landucci
E' quanto emerso da uno studio dell'European Patient Cancer Coalition, realizzato con il contributo non condizionato di Lilly, che ha coinvolto 350 associazioni di pazienti di più di 30 Paesi dell’Unione Europea. L’80% dei pazienti ha inoltre denunciato problemi nutrizionali anche durante i trattamenti terapeutici.
23 GIU - Vedere il cancro non solo come malattia da combattere, ma anche come un evento che cambia e condiziona la vita di molte persone. E combatterlo anche su questo fronte. È questo lo spirito che ha animato l’incontro 2015 dell’ ECPC (European Cancer Patient Coalition), che si è svolto a Bruxelles il 20 e il 21 giugno. Avere un cancro mette in relazione paziente e medico soprattutto sul piano della comunicazione, che a volte si interrompe su aspetti solo apparentemente secondari. È il caso dell’alimentazione. Ad esempio, cosa devo mangiare dopo un trattamento allo stomaco? Come posso sconfiggere la perdita di peso che non mi permette di curarmi al meglio? Se lo domanda oltre il 70% dei pazienti europei, secondo quanto emerge da uno studio dell’ECPC, realizzato con il contributo non condizionato di Lilly. L’alimentazione è stato l’argomento intorno al quale è ruotata la due giorni di Bruxelles. Lo studio - che ha coinvolto 350 associazioni di pazienti di più di 30 Paesi dell’Unione Europea - dentifica nell’alimentazione post-trattamento l’unmet need della relazione con il medico.
Il 52% degli intervistati – in tutto il campione era composto da 650 pazienti – ritiene di non essere adeguatamente informato circa il regime alimentare da seguire e l’80% denuncia problemi nutrizionali anche durante i trattamenti terapeutici. “Nell’assetto psico-fisico del paziente, la chirurgia incide per il 6% in termini di qualità della vita, mentre la cachessia, ovvero la sindrome multifattoriale che si manifesta con un assottigliamento della componente muscolo-scheletrica, impatta sul rischio di mortalità, oltre che ovviamente sulla qualità della vita”, ha ricordato il gastroenterologo
André Van Gossum, responsabile del Dipartimento di Gastroenterologia dell’Hopital Erasme di Bruxelles, che ha fatto il punto sulla perdita di peso del paziente oncologico nelle varie fasi della malattia.
“La perdita di peso non è un evento ineluttabile.- ha concordato Maurizio Muscaritoli, professore associato di Medicina Interna e Direttore dell’UOD Coordinamento Attività di Nutrizione Clinica dell’Università La Sapienza di Roma - Dobbiamo sempre ricordarci che un introito calorico bilanciato è fondamentale per l’efficacia delle terapie. Nella maggior parte dei casi i pazienti mangiano meno del 50% di ciò che mangiavano prima. 7 su 10 hanno paura di sbagliare tipo di alimentazione. E questo è particolarmente evidente tra coloro che hanno un tumore gastrico o hanno subito una gastrectomia. La perdita di peso, nel paziente oncologico, è determinata da molti fattori e va quindi contrastata con trattamenti multimodali, che comprendano terapie farmacologiche, integratori alimentari, esercizio fisico. Deve passare un messaggio importante: il medico deve aiutare il paziente a mantenere il peso attraverso un regime alimentare equilibrato. I risultati della ricerca dell’ECPC ci danno chiaramente indicazioni in questo senso”.
La voce dei pazienti
Si può vivere senza stomaco? La risposta è si. Ma come si vive senza stomaco? “In questo caso la risposta è più complessa. Si può vivere, ma non esistono protocolli nutrizionali codificati. E, soprattutto, il problema è sottostimato”. A parlare così è
Claudia Santangelo, Presidente dell’Associazione “Vivere senza stomaco”, nata circa un anno fa da una mobilitazione su Facebook e che oggi conta 1.200 adesioni, fra pazienti e caregiver.
“Nel 2008 ho subito l’asportazione totale dello stomaco.- ha ricordato Claudia Santangelo – Mi è stato detto di mangiare di tutto, poco e spesso. Io ho ecceduto nell’uso degli zuccheri raffinati, con il risultato di aver preso a ‘martellate’ il pancreas, facendolo diventare ipersensibile. Oggi soffro di continui sbalzi glicemici. La mia storia è esemplificativa della necessità di avere dei nutrizionisti esperti nei team di cura. I Gruppi Interdisciplinari di Cura previsti dalle Reti oncologiche nazionali dovrebbero prevedere la presenza di questi professionisti”.
“Le associazioni dei pazienti hanno ormai piena contezza dell’importanza della nutrizione nella malattia oncologica - ha concluso
Francesco De Lorenzo, presidente di ECPC e FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) -. Il medico deve informare i pazienti sui rischi della perdita di peso e della conseguente cachessia e, accanto alla gestione della terapia, deve porre molta attenzione all’integrazione alimentare”.
Marco Landucci
23 giugno 2015
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