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Anoressia e Tso. Aidap: “Ancora troppe domande aperte su questa forma di trattamento” 

di R.Dalle Grave e S.Calugi

Lo scorso 10 maggio è stata presentata da Sara Moretto (Pd) una proposta di legge che stabilisce che il Tso possa essere attuato per far fronte a necessità urgenti di trattamenti salvavita. Il Tso non dovrebbe mai essere preso alla leggera. Su questa forma coercitiva di trattamento vi sono aree di incertezza che dovrebbero essere affrontate da ricerche rigorose e accurate.

04 GIU - Il tema del trattamento sanitario obbligatorio (TSO) dell’anoressia nervosa è diventato di estrema attualità in Italia perché in data 10 marzo 2015 è stata presentata dall’onorevole Moretto la proposta di legge 2944 in “materia di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per la cura di gravi disturbi del comportamento alimentare”.
 
La proposta stabilisce che il TSO possa essere attuato per far fronte a necessità urgenti di trattamenti salvavita che il paziente, a causa della patologia psichica, rifiuta. Il TSO dovrebbe avvenire presso i servizi psichiatrici di diagnosi e cura o presso specifiche strutture ospedaliere deputate al trattamento dei disturbi dell’alimentazione in fase di acuzie, che ogni regione dovrebbe individuare nella dotazione di posti letto ospedalieri esistenti. Infine, i TSO dovrebbero essere gestiti da una équipe multiprofessionale costituita, almeno, da medici psichiatri, medici esperti in nutrizione clinica e pediatri.

Capire se il TSO possa essere utile o meno è molto complesso e ad oggi tutte le argomentazioni si sono basate su principi etici, filosofici e legali, ma non su dati empirici. Le poche ricerche scientifiche che hanno affrontato questo tema controverso, hanno riportato risultati contrastanti, sia sugli effetti a breve che a lungo termine. Per esempio, uno studio eseguito presso il Maudsley Hospital a Londra negli anni 1983-95 ha evidenziato che la mortalità dopo 5 anni è stata del 12,7% negli 81 pazienti adulti trattati in modo involontario e di solo il 2,6% negli 81 adulti trattati volontariamente. Dopo 20 anni, però, la mortalità nei due gruppi è risultata simile. Un altro studio eseguito su adolescenti inglesi non ha invece trovato esiti diversi tra pazienti trattati in modo volontario e involontario un anno dopo dalla dimissione ospedaliera.
Il TSO nell’anoressia nervosa, sebbene possa essere utile per salvare a breve termine la vita delle pazienti affette da gravi forme di anoressia nervosa, è associato a numerosi problemi non ancora risolti che dovranno essere affrontatati dalle ricerche future.

Il primo problema riguarda il fatto che, purtroppo, nessuno studio ha finora dimostrato che il TSO riduce il tasso di mortalità nell’anoressia nervosa. Questo è un problema che pone molte sfide ai ricercatori perché non è immaginabile poter eseguire studi randomizzati e controllati sul TSO. Il secondo problema è che non esiste ancora un consenso sulle indicazioni del TSO per l’anoressia nervosa. Per esempio nei Paesi dove è applicato, il TSO è usato sia per gestire il rischio fisico sia il rischio psichiatrico in assenza di rischio fisico. In mancanza di dati certi su rischio fisico e psichiatrico derivati dalla ricerca, è auspicabile che, se la proposta di legge sul TSO in Italia sarà approvata, verrà costituto un gruppo di lavoro di esperti per stabilire delle linee guida “cliniche” condivise sulle indicazioni e controindicazioni riguardanti questo tipo di trattamento.
 
Un altro problema si riferisce al mancato raggiungimento di un consenso sul protocollo di intervento da applicare durante il TSO. Nella maggior parte dei casi il trattamento utilizza la nutrizione forzata attraverso il sondino naso-gastrico o altri metodi invasivi. In altri casi è utilizzata la procedura dei pasti assistiti da parte di un dietista o un infermiere. Purtroppo, non ci sono dati che indichino quali delle due strategie sia più efficace nel lungo termine. Inoltre, poca o nessuna attenzione è data agli aspetti psicologici della motivazione del paziente e al nucleo psicopatologico centrale dell’anoressia nervosa, cioè la necessità di controllo in generale e in particolare sull’alimentazione, il peso e la forma del corpo che, inevitabilmente, viene minacciata durante il TSO. È comunque da sottolineare che gli studi effettuati non hanno riportato un peggioramento della relazione terapeutica nei pazienti trattati involontariamente.

Infine, non sono ancora state sviluppate strategie e procedure efficaci per aiutare i pazienti che concludono il TSO a prevenire il deterioramento dopo la dimissione. Al contrario, gli interventi ospedalieri di maggiore efficacia nel trattamento dell’anoressia nervosa hanno dato particolare importanza a tutti questi aspetti, prevedendo una fase di preparazione al ricovero, il coinvolgimento attivo del paziente nel processo di cura, il costante lavoro sulla motivazione al trattamento e lo sviluppo condiviso di specifiche procedure per prevenire la ricaduta dopo la dimissione. Inoltre, non esiste ancora un consenso se applicare o meno il TSO precocemente nel corso dell’anoressia nervosa per prevenire il deterioramento dei pazienti e non esistono studi che abbiano confrontato un TSO precoce o tardivo sull’esito a lungo termine.
 
Il luogo dove eseguire il TSO per l’anoressia nervosa è tuttora fonte di molte discussioni. Per esempio, nel Regno Unito e in Norvegia, i pazienti trattati in modo involontario sono ricoverati in reparti specialistici per i disturbi dell’alimentazione assieme a pazienti che hanno accettato il trattamento volontariamente. Questa scelta ha il vantaggio che i pazienti in TSO sono trattati da un’équipe specializzata nella cura dei casi gravi di anoressia nervosa, ma lo svantaggio che i pazienti in TSO possono influenzare negativamente l’adesione al trattamento dei pazienti ricoverati volontariamente. Infine, non è ancora stata risolta la questione riguardante la ”capacità mentale” dei pazienti affetti da anoressia nervosa di prendere decisioni sul trattamento. Questo aspetto è fondamentale perché è strettamente legato alla discussione riguardante i pro e i contro del TSO.

Ad oggi non sappiamo se la proposta di legge sul TSO per l’anoressia nervosa sarà approvata o meno. In caso affermativo, la scelta di eseguire un TSO non andrà mai presa alla leggera perché sono ancora molte le domande aperte su questa forma coercitiva di trattamento. È auspicabile che queste aree di incertezza possano essere affrontate da ricerche rigorose e accurate e che le conclusioni di questi studi possano guidare le future scelte terapeutiche che troppo spesso ancora oggi sono fatte su basi teoriche, personali ed emotive, ma non empiriche.

Riccardo Dalle Grave (medico psicoterapeuta, specialista in scienza dell’alimentazione ed endocrinologia, Responsabile scientifico AIDAP)
Simona Calugi (psicologa, psicoterapeuta, dottore di ricerca, AIDAP) 

04 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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