Trapianti. Dopo il successo della prima donazione samaritana si aprono nuove prospettive. E si attende crescita donazioni
di Edoardo Stucchi
C’è fermento nella comunità scientifica e tra le associazioni. Ora si spera in una nuova ondata di attenzione verso la donazione di organi che, pur presentando un andamento positivo, non è sufficiente a garantire un organo ai malati di rene che sono iscritti nelle liste di trapianto
11 APR - E’ durata un anno la preparazione
al trapianto “cross over” da donatore samaritano, che ha prodotto in un unico evento sei trapianti di rene in un tour che ha coinvolto quattro città e le rispettive sale operatorie del San Matteo di Pavia, dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, del Policlinico di Milano, sede del Centro lombardo trapianti, dell’ospedale di Pisa e di Siena.
Un percorso preparatorio che si è concluso martedì mattina alle 8.30 quando la donatrice è entrata in sala operatoria al San Matteo di Pavia per il prelievo del rene che con una staffetta del Polizia della strada ha raggiunto prima Siena per un altro trapianto, poi Milano Niguarda, quindi Pisa e poi di nuovo Milano Policlinico per l’ultimo trapianto, conclusosi alle 2.30 di venerdì dal team del dottor
Claudio Beretta e
Mauro Raiteri. Novanta ore di lavoro con una organizzazione perfetta di tutti gli undici centri operatori. Ora tutti gli operati stanno bene, alcuni ricoverati nei reparti di nefrologia, altri già dimessi. Per sei di loro comincerà una nuova vita. Per la donatrice, seguita dalla dottoressa Teresa Rampino, del San Matteo, la gioia di aver ridato serenità a sei famiglie.
Che effetto avrà sulla popolazione questo tipo di intervento, non soltanto eccezionale per l’Italia, ma anche innovativo? Lo abbiamo chiesto al professor
Antonio Dal Canton, docente di nefrologia e direttore della nefrologia e dialisi dell’ospedale San Matteo, uomo-chiave di questa catena umanitaria. “Tutto è cominciato nel mese di marzo del 2014 – dice il nefrologo – quando una persona si è rivolta a me per offrire uno dei suoi reni, ma con un effetto moltiplicatore. Per questo, dopo le opportune verifiche di natura sociale, giuridica e clinica, abbiamo preso contatti con il Centro nazionale trapianti per coordinare l’operazione cross over. E’ stata un’occasione per testare la nostra capacità professionale e un test per le strutture sanitarie. Ma soprattutto sarà importante la ricaduta sulla popolazione che nutrendo sempre più fiducia nella classe medica sarà più disponibile a donare, sia nel caso di un congiunto deceduto, sia nel caso di una donazione tra viventi. E’ su quest’ultimo punto che bisogna insistere se vogliamo invertire la tendenza alla stabilizzazione delle donazioni e dei trapianti di organi”.
Il problema è sempre quello delle donazioni, che pur presentando un andamento positivo non è sufficiente a garantire un organo ai malati di rene che sono iscritti nelle liste di trapianto. Nel gennaio 2014 c’erano in lista d’attesa 6788 persone e 1755 sono entrate nel corso dell’anno stesso, pari a 8.543 persone. Al 31 dicembre 2014 erano in lista 6.538 malati in attesa di trapianto e ne sono usciti 2005: 1581 hanno ricevuto un organo, 145 sono deceduti, 279 per altra causa. In pratica la mortalità in lista è pari all1,7%. “Ci ha fatto piacere sentire che l’Italia sta inseguendo la strada del trapianto da vivente – ha commentato
Valentina Paris, presidente dell’Associazione nazionale emodializzati, Aned, presente in tutta Italiae che rappresenta 50.000 malati in dialisi – ma dobbiamo fare in modo di garantire soprattutto la salute e la vita del donatore che offre una parte di sé per un parente o, come nel caso di Pavia, a una persona sconosciuta. Accanto a un grande successo, però, dobbiamo registrare ancora uno scandalo Italia quando si pensa che in Puglia registriamo un diniego alla donazione da cadavere pari al 50%, mentre la media nazionale è di un rifiuto ogni 4. Differenze si registrano anche nei candidati donatori: a fronte di regioni con centinaia di donatori per milione di abitanti, abbiamo regioni soltanto poche decine”.
Per quanto riguarda le donazioni di organi, in testa c’è la Lombardia con 275 donatori, seguita da Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Lazio. Fanalini di coda sono Bolzano e Trento, Abruzzo e Molise, Basilicata, Campania e Umbria. La puglia è la regione con donatori in diminuzione rispetto al 2013. Se però confrontiamo il dato regionale in percentuale, tutto il nord Italia comprese Bolzano, Trento, Emilia Romagna e Marche è in buona posizione, mentre il centro sud arranca. In testa il Friuli Venezia Giulia con 34,5 donatori per milione di abitanti.
Ora vedremo se questo evento ci farà incrementare i trapianti che sono – come spiega il dottor
Piergiorgio Messa , responsabile della nefrologia del Policlinico di Milano – frutto di una integrazione professionale fra nefrologi, chirurghi e anestesisti che lavorano in sintonia, da quando proprio qui al Policlinico si fece il primo trapianto di rene, grazie all’impegno del professor
Edmondo Malan. Era il 22 maggio 1969.
Soddisfazione anche da parte del professor
Gherardo Buccianti, presidente della Fondazione Aspremare, impegnata sul fronte della prevenzione, cura e ricerca per le malattie renali e cardiovascolari. “Ci possiamo augurare – dice Buccianti – che questo evento non sia punto di arrivo, ma di partenza, tenendo però presente che la prevenzione è alla base di ogni atto medico e che controllando le malattie renali si salvaguarda anche il cuore. Il nostro obiettivo, infatti, è di impedire ai malati di rene di ammalarsi di cuore e ai malati di cuore di contrarre malattie renali conseguenti”.
Edoardo Stucchi
11 aprile 2015
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