Dopo la polmonite cresce rischio di infarto e ictus. I ricercatori: “Più pericolosa di fumo o diabete”
di Viola Rita
Studio canadese su circa 22mila persone dai 45 anni in su, di cui una parte ricoverate per polmonite. Il rischio maggiore per gli over 65. Ma in tutte le fasce d’età osservate è stato confermato che dopo la polmonite cresce la possibilità di essere colpiti da malattie cardiovascolari, anche fatali. E in misura uguale o addirittura superiore a quella associata a fumo, diabete o ipertensione.
26 GEN - Dieci anni di osservazione su circa 22mila persone, di cui alcune ricoverate per polmonite. L’obiettivo era verificare la consistenza del rischio cardiovascolare a seguito di tale infezione polmonare (che in Italia ha un’incidenza di poco inferiore al 2 per mille). Che ci fosse un’associazione tra polmonite e malattie dei cuore era infatti già noto ma l’équipe canadese guidata da
Vicente F. Corrales-Medina, M.D., M.Sc., dell’Università di Ottawa nell’Ontario, voleva scoprire in che misura tale rischio si manifesta.
Lo studio*, pubblicato di recente su
JAMA, ha mostrato che sono i pazienti più anziani ad avere maggior rischio di contrarre un infarto, un ictus o una malattia coronarica ad esito fatale.
I due campioni. Il primo gruppo di studio (
Cardiovascular Health Study - CHS) è costituito da circa 6mila pazienti con età uguale o oltre i 65 anni. Il secondo gruppo (
Atherosclerosis Risk in Communities - ARIC) contava invece su 16mila pazienti arruolati, con un’età tra i 45 e i 64 anni. I partecipanti allo studio sono stati posti sotto controllo rispetto all’insorgenza di malattie cardiovascolari nei 10 anni successivi al loro ricovero e sono stati seguiti fino a dicembre 2010.
I risultati. E’ emerso che dei 509 casi registrati nello studio CHS, 206 hanno avuto infarto, ictus o malattia coronarica ad esito fatale entro i 10 anni successivi al ricovero per polmonite, suggerendo un’associazione tra l’ospedalizzazione a causa della polmonite e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Il rischio raggiunge il suo massimo (quadruplica,
Hazard Ratio HR pari a 4,07, 95% CI, 2.86-5.27) nei 30 giorni successivi all’ospedalizzazione, mentre decresce progressivamente entro il primo anno, stabilizzandosi negli anni successivi. In particolare, nei partecipanti allo studio CHS (pazienti over 65), il rischio di malattie cardiovascolari è quasi raddoppiato nei 10 anni successivi (secondo la ricerca rimane 1,86 volte superiore, considerando l’Hazard Ratio HR).
Nello studio ARIC (pazienti tra i 45 e i 65 anni), invece, su 680 ospedalizzati per polmonite, in totale sono 112 i pazienti che hanno manifestato tali episodi di malattie cardiovascolari entro 10 anni. Questa associazione persiste tenendo conto di aggiustamenti a livello demografico, fattori di rischio cardiovascolare ed altre misure (fragilità della salute), ed è stata osservata a prescindere dalla gravità dell’infezione.
Polmonite rischiosa come il “fumo” o il diabete. “Inoltre, nelle nostre analisi, l’intensità del rischio di malattie cardiovascolari associato alla polmonite è risultata simile o più elevata rispetto a quella del rischio di malattie cardiovascolari associato a fattori di rischio tradizionali, come fumare, la presenza di diabete e l'ipertensione”, commentano gli autori dello studio.
Viola Rita
* Vicente F. Corrales-Medina et al., Association Between Hospitalization for Pneumonia and Subsequent Risk of Cardiovascular Disease, JAMA. 2015;313(3):264-274. doi:10.1001/jama.2014.18229.
26 gennaio 2015
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