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E se il cervello insegnasse al nostro corpo a bruciare più calorie?

di Maria Rita Montebelli

Una ricerca australiana rivela i meccanismi attraverso i quali il grasso bianco può essere trasformato in grasso bruno ed essere così indotto a ‘bruciare’, cioè a disperdere calorie. Una scoperta che apre la strada a nuovi possibili trattamenti contro l’obesità, che consentirebbero di ‘risvegliare’ il metabolismo impigrito, facilitando così il calo ponderale

19 GEN - Un intrigante studio pubblicato su Cell, annuncia la scoperta di due nuovi ormoni che potrebbero essere l’uovo di Colombo per bruciare più calorie e quindi perdere peso più facilmente.
Questi risultati gettano nuova luce su come il cervello intervenga nel regolare il metabolismo del tessuto adiposo e potrebbero aprire la strada a nuove strategie per prevenire l’obesità e perdere peso. Una di queste potrebbe consistere nella trasformazione del grasso bianco in grasso bruno, molto più attivo metabolicamente.
 
La scoperta della Monash University consiste nell’individuazione di un meccanismo molecolare derivante dall’azione congiunta della leptina (un ormone prodotto dal tessuto adiposo, che tra le altre cose sopprime l’appetito) e dell’insulina (l’ormone più importante nel controllo del metabolismo glucidico, rilasciato dal pancreas in risposta all’aumento dei livelli di glicemia post-prandiali). Questi due ormoni agirebbero in maniera sinergica a livello di un gruppo di neuroni ipotalamici che, attraverso impulsi nervosi, promuovono il consumo delle riserve di grasso periferico, facendo bruciare, e dunque disperdere, calorie.
 
“Questi ormoni – spiega Tony Tiganis, Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare della Monash University (Australia) e primo autore dello studio – danno al cervello la misura esatta dei depositi di grasso del corpo”. La leptina, prodotta proprio dal tessuto adiposo, segnala al cervello il livello delle riserve di grasso del corpo; più rappresentati sono i depositi di adipe, maggiori sono i livelli ematici di leptina. “L’insulina – prosegue Tiganis – in un certo senso ‘predice’ al cervello quali saranno le riserve future di grasso, visto che aumenta nel sangue in risposta all’innalzamento dei valori di glicemia, dopo un pasto”.
 
Le riserve di grasso sono immagazzinate all’interno degli adipociti, cellule-deposito specializzate, particolarmente rappresentate nella forma di ‘grasso bianco’, nell’adulto. In alcune regioni particolari però, qual le spalle e il collo, esiste un altro tipo di tessuto adiposo, detto ‘bruno’, che svolge una funzione diversa: anziché immagazzinare le riserve di energia sotto forma di grasso, queste cellule possono essere indotte a ‘bruciarle’.
 
La scoperta dei ricercatori della Monash è che l’azione combinata di leptina e insulina si va a concentrare sui neuroni produttori di proopiomelanocortina (POMC) a livello dell’ipotalamo, che così stimolati, inviano in periferia, attraverso il sistema nervoso, dei segnali che finiscono col promuovere la conversione del grasso bianco in grasso bruno; questo porta a bruciare il grasso in eccesso.
 
Questo processo è regolato, a livello di questi neuroni, da particolari enzimi, le fosfatasi PTP1B e TCPTP, che sono in grado di inibire l’azione di leptina e insulina sui neuroni POMC. Quando i livelli di fosfatasi si riducono, leptina e insulina esercitano la loro azione ‘snellente’ sui neuroni POMC, che promuovono in periferia la conversione di grasso bianco in bruno, che viene quindi ‘consumato’, ‘bruciato’.
 
Nelle persone obese, questo meccanismo fisiologico, si inceppa. In particolare, all’interno del grasso bianco, esistono molti adipociti ‘beige’, che bruciano il grasso e dissipano energia, ma il loro numero è nettamente diminuito nei soggetti obesi.
 
Secondo i ricercatori della Monash, stimolando lo sviluppo degli adipociti ‘beige’, cioè l’imbrunimento del grasso bianco, si potrebbe aumentare il dispendio energetico dell’organismo e questo aiuterebbe le persone obese, rendendo in discesa la strada per perdere peso.
 
L’idea sarebbe dunque quella di mettere a punto un farmaco in grado di stimolare la conversione da grasso bianco a bruno. Più facile a dirsi che a farsi però al momento attuale, ammoniscono i ricercatori, anche se la strada, almeno dal punto di vista concettuale, sembra essere quella giusta.
 
Maria Rita Montebelli

19 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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