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Farmaci biosimilari. I pazienti chiedono maggiori garanzie. In un Manifesto tutte le richieste


Sicurezza ed efficacia dei trattamenti, continuità terapeutica, corretta informazione, libertà prescrittiva del medico e assenza di condizionamenti economici nella scelta della terapia più appropriata. Sono queste le richieste sui farmaci biosimilari espresse nel “Manifesto dei diritti e dei bisogni” presentato oggi a Roma

11 DIC - Farmaci biologici e farmaci biosimilari, simili ma non identici; cautela nel considerare automaticamente valide per il biosimilare tutte le indicazioni approvate per il biologico; libertà per i medici di prescrivere la terapia più appropriata; informazione corretta al paziente e suo coinvolgimento nel percorso di cura; diritto a mantenere la stessa terapia una volta iniziata la cura.
Sono questi i capisaldi del “Manifesto dei diritti e dei bisogni” sui farmaci biosimilari presentato oggi a Roma da un gruppo di Associazioni dei pazienti decise a far sentire anche la propria voce su un tema di grande attualità.
 
“Oggi tra i pazienti c’è molta preoccupazione per il prossimo arrivo dei biosimilari sul mercato – ha dichiarato Antonella Celano, Presidente di Apmar Onlus, Associazione Persone con Malattie Reumatiche Onlus – per le Associazioni dei pazienti è doveroso ottenere le rassicurazioni necessarie sugli effetti di questi farmaci, che devono rispondere ai requisiti e ai criteri di benessere e di salute dei pazienti. Lo scopo del Manifesto è duplice: da un lato, far presente il problema a livello istituzionale e tenere alta l’attenzione affinché il paziente riceva le giuste informazioni, dall’altro – ha aggiunto – sostenere il medico prescrittore affinché si senta supportato a prescrivere il farmaco più appropriato secondo scienza e coscienza”.
 
Uno dei nodi da sciogliere è quello della possibile equivalenza tra originator e biosimilare. Come riconosciuto da Ema e Aifa, complessità molecolare e aspetti inerenti l’immunogenicità rendono farmaci biologici e biosimilari simili ma non identici. Di conseguenza i due tipi di farmaco non sono interscambiabili e non vale per loro il principio della sostituibilità automatica. “L’Ema ha necessariamente dovuto fare riferimento al concetto di biosimilarità, poiché i farmaci biosimilari sono molecole complesse di natura proteica che si possono produrre solo per mezzo di processi di sintesi biologica – ha affermato Corrado Blandizzi del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università degli Studi di Pisa – tali processi sono inevitabilmente soggetti a fattori di variabilità che possono determinare la biosintesi di molecole proteiche simili ma, di fatto, non identiche. Molecole simili, ma non identiche, della stessa proteina-farmaco potrebbero indurre effetti diversi sia in termini di efficacia sia di sicurezza”.
 
A preoccupare i pazienti c’è poi il problema dell’estrapolazione automatica, ossia la possibilità di trasferire al biosimilare le indicazioni approvate per il biologico originatore, senza ulteriori sperimentazioni. Per le Associazioni invece ogni indicazione d’uso deve essere supportata da studi controllati e randomizzati, metodologicamente rigorosi e con specifici endpoint.
 
“Il problema dell’estrapolazione è un punto cruciale del discorso biosimilari –  ha spiegato Stefania Canarecci, Presidente Amici Lazio Onlus, Associazione Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – si sa, infatti, molto circa l’efficacia e il profilo di tollerabilità del biologico, usato nella pratica clinica ormai da quasi quindici anni, lo stesso non può dirsi per il biosimilare. Lo switch potrebbe presentare rischi considerando che il farmaco biologico e il suo biosimilare non sono identici”.
 
E ancora, altro punto dirimente è quello della continuità terapeutica. Per pazienti e specialisti deve essere garantita, mentre il timore è che una volta iniziata la terapia con biologico, si possa imporre, magari per ragioni economiche, il passaggio al biosimilare, consentendo il cosiddetto “switch”.  
“Lo switch non risponde a un ‘unmet medical need’: il medico ha già a disposizione tutti i farmaci prescrivibili e non c’è la necessità clinica di averne uno uguale a quello già usato – ha spiegato Giovanni Lapadula, Direttore Dipartimento interdisciplinare di medicina  dell’Università degli Studi di Bari e Professore ordinario di Reumatologia, Università degli Studi di Bari – i biosimilari nascono da un’esigenza economico-sociale. L’arrivo sul mercato dei biosimilari non comporterà il cambiamento automatico di tutte le terapie in corso con i farmaci originatori. Le motivazioni economiche e sociali dovranno armonizzarsi obbligatoriamente con le esigenze cliniche dei singoli pazienti”.
 
“Occorre cautela nell’effettuare lo “scambio” e la decisione può essere presa solo dal medico – ha sottolineato Salvatore Leone, Direttore Generale di Amici, Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino – è però indispensabile ottenere l’evidenza richiesta per poter concludere che tra i vari prodotti non sussistano differenze in termini di potenziale immunogenico ed è fondamentale garantire al medico la possibilità di praticare tutte le opzioni”.
 
Il timore per i pazienti è che esigenze di risparmio possano condizionare la possibilità e il diritto di accedere alle migliori terapie disponibili. Ma in molti si chiedono se veramente l’arrivo e l’utilizzo dei biosimilari porterà a un effettivo risparmio e a una razionalizzazione dei costi per Ssn.
 
“I vantaggi dell’alternativa biosimilare sono quelli di creare condizioni di competizione economica, e quest’ultima notoriamente implica riduzione dei prezzi e quindi risparmi finanziari oppure incremento delle persone in terapia” ha spiegato Federico Spandonaro, Università Tor Vergata di Roma, CREA Sanità. “La dimensione dei risparmi finanziari dipende da molti fattori: in particolare dalle dimensioni del mercato dei farmaci biologici, che nel medio termine Assogenerici stima arrivi a 1,5 miliardi di euro. Questo dato risulterà probabilmente sovrastimato, in quanto i pazienti nel frattempo si sposteranno verso nuovi farmaci innovativi in arrivo sul mercato e una parte del risparmio si tramuterà in maggior utilizzo. Infine, non necessariamente per tutti i biologici sarà sviluppato un biosimilare”.
 
Indipendentemente da quali saranno i risparmi effettivi, le Associazioni rivendicano l’importanza di scelte terapeutiche scevre da qualsiasi condizionamento economico perché l’appropriatezza sanitaria deve venire prima di quella amministrativa. I pazienti vogliono, inoltre, essere adeguatamente coinvolti nel percorso di cura e lo strumento più efficace è un’informazione esplicita e specifica su rischi, benefici ed evidenze cliniche legate al trattamento della patologia. All’interno di questo quadro il Consenso informato assume un’importanza cruciale.
 
“Il Consenso informato rappresenta oggi la condizione di legittimità di ogni intervento di carattere medico sanitario – osserva Marta Tomasi dell’European Centre for Law, Science and New Technologies dell’Università degli Studi di Pavia, Collaboratrice del Gruppo BioDiritto dell’Università degli Studi di Trento – tale presupposto di liceità è espressione della avvenuta trasformazione del rapporto medico-paziente che, abbandonato il tradizionale approccio paternalistico, si fonda oggi sul concetto di alleanza terapeutica e sulla centralità della figura del paziente e della sua autodeterminazione”.
 

 

11 dicembre 2014
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