Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Venerdì 22 NOVEMBRE 2024
Scienza e Farmaci
segui quotidianosanita.it

Autismo. Oltre la metà del rischio sembra dipendere da varianti genetiche

di Viola Rita

Il rischio di sviluppare la malattia sembra dipendere da fattori genetici (quasi al 60%) piuttosto che da quelli ambientali. Inoltre, le varianti comuni costituiscono la fetta maggiore del rischio (circa la metà). In particolare, la combinazione tra la presenza di varianti comuni e mutazioni spontanee potrebbe contribuire allo sviluppo della malattia. Lo afferma uno studio* su Nature Genetics

24 LUG - La maggior parte del rischio di sviluppare l’autismo sembra dipendere da fattori genetici, che dunque supererebbero quelli ambientali. E il 49% di questo rischio è legato a geni comuni, piuttosto che a varianti rare o a mutazioni spontanee. Ad affermarlo è uno studio*, pubblicato su Nature Genetics, condotto da un gruppo di ricercatori appartenenti al Population-Based-Autism Genetics and Environment Study (PAGES) Consortium.
In generale, fino a poco tempo fa sia la genetica che altri fattori, quali quelli ambientali, risultavano essere complici della malattia, anche se il peso di questi fattori e i confini dell’architettura genetica rimanevano vaghi.

I ricercatori hanno effettuato un’analisi a partire dai dati del Registro di salute universale della Svezia, effettuando un confronto su circa 3000 individui, tra cui persone affette da autismo e persone sane, in un ampio studio sulla caratterizzazione del rischio genetico. Inoltre, i ricercatori sono stati in grado di confrontare i risultati con quelli di 1,6 milioni di famiglie svedesi, considerando dati relativi a fratelli gemelli e cugini, ma anche altri fattori quali l’età, l’età del padre al momento della nascita del figlio e la storia psichiatrica dei genitori.
Dallo studio, emerge che il 52% del rischio deriva da geni che vengono ereditati: il 49% è costituito da variazioni comuni e il 3% da variazioni rare ereditate.
Inoltre, soltanto il 2,6% del rischio è legato a mutazioni spontanee, e il 4% da non additive. Insomma, in base a questi dati quasi il 60% dei rischio è legato a fattori di tipo genetico, mentre un 41% è dovuto ad altri fattori non considerati.
 
Le variazioni genetiche sembrano rendere conto quasi del 60% del rischio della malattia, con varianti comuni che costituiscono il grosso dell’architettura genetica”, ha spiegato Joseph Buxbaum, Ph.D., della Icahn School of Medicine at Mount Sinai (ISMMS), New York City. “Anche se ognuna, presa singolarmente, esercita solo un effetto esiguo, queste variazioni comuni nel codice genetico, sommate tra loro, danno luogo ad un impatto sostanziale".
Gli autori infatti sottolineano che nessuna delle varianti genetiche comuni può avere da sola un impatto tale da causare l’autismo.
 
Anche se l'autismo è pensato per essere causato da un gioco di genetica e di altri fattori, tra cui l'ambiente, consenso sulla loro contributi relativi e le linee della sua architettura genetica è rimasta inafferrabile. Recentemente, la prova è stato il montaggio che i genomi delle persone con autismo sono inclini a ospitare mutazioni rare, spesso spontanee, che esercitano forti effetti e può in gran parte spiegare per particolari casi di malattia.

Ecco un potenziale meccanismo:
"All'interno di una determinata famiglia, le mutazioni potrebbero essere un fattore determinante che porta alla manifestazione di ASD in un certo membro della famiglia", ha spiegato Buxbaum. "La famiglia può presentare una variazione comune che la mette a rischio, ma se c'è anche un mutazione de novo [spontanea] oltre a quella comune, questo elemento potrebbe spingere un individuo oltre il limite [dello sviluppo della malattia]. Così, per molte famiglie, l'interazione tra variazione comune e spontanea fattori potrebbero rappresentare l'architettura genetica alla base del disturbo”.
 
Le prospettive per futuri studi
“Questi risultati non sarebbero emersi in assenza di statistiche”, ha affermato Kathryn Roeder, che ha guidato lo studio, Professore di statistica e biologia computazionale presso la Carnegie Mellon Carnegie Mellon University, a Pittsburgh negli Stati Uniti. “Ora dobbiamo ‘costruire’ al di fuori di ciò che abbiamo appreso e utilizzare metodi statistici per determinare dove impiegare le risorse future; inoltre decidere qual è la direzione più vantaggiosa da perseguire per individuare ancora di più le cause dell'autismo”.
“La conoscenza dellanatura del rischio genetico potrà rivelare indizi relativi alle radici molecolari del disturbo”, ha aggiunto Thomas R. Insel, M.D., Direttore del NIH's National Institute of Mental Health (NIMH). “Una Variazione comune potrebbe essere più importante di quanto potessimo pensare”.

“Il nostro gruppodi Pittsburgh sta lavorando per sviluppare un modello che predìca il rischio genetico per una famiglia basato su una miriade di piccoli effetti, ha aggiunto Buxbaum. “Un tale risultato potrebbe fornire benefici clinici alle famiglie”.
 
Lo studio è stato finanziato da National Institutes of Health (NIH).
 
Viola Rita
 
* Trent Gaugler et al., "Most genetic risk for autism resides with common variation", Nature Genetics doi:10.1038/ng.3039

24 luglio 2014
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Scienza e Farmaci

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale e operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy