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Dai testicoli una cura per il diabete


Un esperimento presentato nel corso del meeting annuale dell’American Society of Cell Biology ha dimostrato che le cellule staminali spermatogoniali sono in grado di evolvere in cellule beta funzionanti e guarire temporaneamente il diabete. In Italia, intanto, le si sperimenta per una rara malattia del fegato.

16 DIC - Potrebbe esserci una speranza di cura definitiva del diabete di tipo 1. E viene dai testicoli. Ricercatori del Georgetown University Medical Center, in un esperimento condotto su topi e presentato nel corso del cinquantesimo meeting annuale dell’American Society of Cell Biology, hanno infatti dimostrato che le cellule staminali spermatogoniali sono in grado di differenziarsi in cellule beta del pancreas, le cellule responsabili della produzione di insulina. Ciò, inoltre, avviene senza alcun intervento di ingegneria genetica.“Finora, non si era riuscito a indurre nessun tipo di cellula staminale, adulta o embrionale, a produrre sufficiente insulina per curare il diabete negli uomini. Ma crediamo che le cellule staminali spermatogoniali abbiano il potenziale per farlo e noi sappiamo come migliorare la loro resa”, ha affermato il primo firmatario della ricerca, Ian Gallicano.
Gli esperimenti sul trapianto di cellule, e di cellule staminali in particolare, non sono una novità in questo campo: è stato provato il trapianto di isole pancreatiche da donatori deceduti, ma il problema del rigetto non è stato ancora risolto.
Più recente è l’impiego di cellule staminali pluripotenti indotte, vale a dire cellule staminali adulte riprogrammate attraverso l’attivazione di specifici geni per comportarsi come cellule staminali embrionali e, quindi, per aumentare la loro plasticità. Ma anche in questo caso i problemi non sono mancati: queste cellule - spiegano infatti i ricercatori della Georgetown University - hanno un’alta probabilità di produrre teratomi se trasferite in un organismo. Inoltre gli effetti a lungo termine dell’adozione della tecnica di ingegneria genetica non sono ancora noti.
Tutto più semplice sembra invece con le cellule staminali spermatogoniali, le dirette progenitrici degli spermatozoi, che, se messe in coltura, vanno spontaneamente incontro - senza interventi di ingegneria genetica - a un processo di conversione in cellule staminali pluripotenti, un grado di staminalità che ha una notevole plasticità differenziativa.
Proprio questa caratteristica hanno sfruttato i ricercatori.
Dopo aver prelevato circa un grammo di tessuto dai testicoli di donatori umani deceduti, il gruppo americano lo ha coltivato in laboratorio producendo circa 1 milione di cellule staminali.
Abbiamo osservato che, una volta estratte dal testicoli, queste cellule diventano “confuse” e in poche settimane producono tre linee germinali. Diventano delle vere cellule staminali pluripotenti”, ha spiegato Gallicano.
Le cellule possedevano inoltre diversi marker biologici che caratterizzano le cellule beta umane.
A quel punto il team ha trapiantato le cellule in topi diabetici dove le staminali sono state in grado di ridurre i livelli di glucosio.
Tuttavia, ed è questo per il momento il limite maggiore dello studio, l’efficacia delle cellule è stata di una sola settimana. Nonostante ciò i ricercatori si dicono ottimisti perché sono in corso nuovi studi che dimostrano che sia possibile aumentare questa resa. Inoltre, sostengono, la tecnica può essere impiegata anche nelle donne, utilizzando però gli ovociti.
Resta tuttavia dimostrata l’efficacia della tecnica e la dimostrazione che le cellule staminali spermatogoniali possano essere i candidati ideali per l’impiego in questa forma di medicina rigenerativa.
I laboratori americani non sono gli unici a impiegarli.
In Italia, per esempio, si sta sperimentando la loro efficacia nella Glicogenosi di Tipo 1a, una malattia congenita causata dalla non funzionalità di una proteina presente nel fegato, la glucosio−6−fosfatasi, che è importante per il controllo del metabolismo degli zuccheri.
La sperimentazione, in corso presso il Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Istituto Gaslini di Genova, ha un protocollo analogo a quella della Georgetown University, ma il traguardo finale, in questo caso, è verificare l’efficacia del trapianto di cellule staminali spermatogoniali in topi affetti da Glicogenosi di Tipo 1a con l’obiettivo finale di ottenere la rigenerazione dell’organo malato. 

16 dicembre 2010
© Riproduzione riservata

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