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Melanoma. Studio su Lancet Oncology conferma l'efficacia di vemurafenib

di Maria Rita Montebelli

Un trial multicentrico pubblicato su Lancet Oncology e condotto su oltre tremila pazienti con melanoma metastatico conferma che questa terapia è efficace ed ha un buon profilo di sicurezza. Il farmaco colpisce in maniera selettiva una proteina mutata, implicata nella crescita e proliferazione delle cellule tumorali in un caso su due di melanoma metastatico.

15 MAG - Duecentomila persone nel mondo, di cui 9 mila in Italia. Questi i numeri del melanoma, il più aggressivo tumore della pelle che, negli ultimi anni ha presentato un’impennata nell’incidenza del 30% e ha provocato 65.000 decessi. Nella forma metastatica, il melanoma ha una sopravvivenza media di 6-9 mesi. Il principale fattore di rischio per questo tumore è un’esposizione scriteriata al sole e il pericolo è in agguato in particolare per i fototipi chiari.
 
Per questo gli esperti consigliano di evitare l’esposizione al sole nelle ore più calde della giornata, di evitare le scottature, ma anche l’impiego di lampade e lettini abbronzati; è importante inoltre conoscere il proprio fototipo per scegliere i filtri solari adeguati. Infine è bene fare un controllo annuale dal dermatologo per la mappatura dei nei e comunque tenerli d’occhio per accorgersi subito di eventuali cambiamenti; nel 20-30% dei casi infatti il melanoma si sviluppa da un neo preesistente.
 
“Nella lotta al melanoma, le armi a nostra disposizione – afferma la Paola Queirolo, Presidente IMI (Intergruppo Melanoma Italiano), Oncologia medica San Martino IST di Genova - sono la prevenzione e l’educazione a partire dalle nuove generazioni, la diagnosi precoce, che aumenta l'efficacia della cura e consente la guarigione nel 95% dei casi e naturalmente l’accesso a terapie innovative come il vemurafemib, la prima terapia personalizzata per il trattamento del melanoma metastatico, in grado di agire in modo specifico sulla proteina BRAF mutata, presente in circa un paziente su due.”
 
Il vemurafenib, nello studio registrativo BRIM3, ha dimostrato una superiorità sia nella sopravvivenza senza progressione (PFS), che nella sopravvivenza globale (OS), rispetto alla dacarbazina, il trattamento tradizionale.Uno studio multicentrico recente pubblicato su Lancet Oncology, ha arruolato presso 44 Paesi (tra i quali l’Italia)  3.222 pazienti con melanoma metastatico con mutazione di BRAF; il 52% dei soggetti trattati erano ancora vivi ad un anno e il 36% a 18 mesi.
 
“Negli ultimi anni – commenta Michele Del Vecchio, Segretario IMI e Dirigente Medico, Medicina Oncologica 1, Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – la terapia del melanoma metastatico ha fatto enormi passi avanti con l’introduzione dei nuovi farmaci.  Il vemurafenib in particolare è in grado di agire rapidamente anche in presenza di tumori di grandi dimensioni, riuscendo ad indurre una riduzione o la stabilizzazione della massa tumorale nell’80% circa dei pazienti. Il farmaco, a somministrazione orale, rappresenta il primo esempio di terapia personalizzata per questo tumore.  E’ indicato infatti nei pazienti con mutazione del gene BRAF, che sono circa la metà di quelli con melanoma in fase avanzata. I risultati dello studio pubblicato su Lancet Oncology confermano l’efficacia e il profilo di sicurezza degli studi registrativi, ma in un contesto real life.”
 
Maria Rita Montebelli

15 maggio 2014
© Riproduzione riservata

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