Tumori del sangue. Scoperto un nuovo meccanismo per distruggere le cellule 'impazzite'
di Viola Rita
Le cellule tumorali ematologiche spengono YAP 1, un gene ‘sentinella’ che individua le cellule danneggiate inducendole all’apoptosi. Il ripristino di questo gene è in grado di riavviare questo processo. Alla scoperta del meccanismo partecipa l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Lo studio è pubblicato su Nature Medicine
12 MAG - Le cellule tumorali ematologiche spengono un gene, YAP 1, che, un po’ come una sentinella dello stato della malattia, riconosce le cellule ‘impazzite’ nel tumore del sangue e le induce ad apoptosi. E la sua ‘riaccensione’ permette di ripristinare il processo con cui avviene la morte delle cellule danneggiate: ad affermarlo, oggi, è un team di ricerca coordinato da Giovanni Tonon - capo Unità di Genomica Funzionale del Cancro IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele - e da Kenneth C. Anderson -Department of Medical Oncology, Dana-Farber Cancer Institute, Harvard Medical School, Boston. Lo studio, appena pubblicato su
Nature Medicine (
Rescue of Hippo co-activator YAP1 triggers dna damage-induced apoptosis in hematological cancersdoi:10.1038/nm.3562) è stato condotto grazie ai fondi stanziati da AIRC, dalla Fondazione Cariplo e grazie ad un Marie Curie International Reintegration Grant.
“I nostri dati identificano una nuova strategia sintetica letale per colpire selettivamente le cellule tumorali che presentano danni al DNA endogeno e bassi livelli YAP1 bassi”, si legge nello studio. Ecco come.
Intanto, come spiegano gli scienziati, le cellule tumorali presentano una crescita tumultuosa, accumulando di conseguenza danni al DNA che, in una cellula sana, indurrebbero morte cellulare (apoptosi). In caso di tumore del sangue, al contrario, le cellule tumorali del sangue riescono a superare le barriere che si oppongono alla loro proliferazione indisturbata, causando malattie quali leucemie, mielomi e linfomi. Indagando le cause del meccanismo, il team ha scoperto che le cellule tumorali ematologiche spengono un gene ‘sentinella’ - YAP 1 - il cui compito è appunto quello di riconoscere la cellula “impazzita” e indurla ad apoptosi.
I ricercatori hanno poi identificato una proteina - STK4 - responsabile dello spegnimento di YAP 1 e hanno scoperto che l’inattivazione di questa proteina ripristina i livelli di YAP1, “innescando la morte cellulare sia in vitro che in vivo”, si legge nello studio: così si ripristina il meccanismo per il quale avviene la morte di cellule tumorali ematologiche, riferiscono gli esperti: “procedendo nella direzione della terapia personalizzata in ambito oncologico, questa scoperta suggerisce che si può agire anche sui geni oncosoppressori, riattivandone l’attività difensiva”.
Questo tipo di terapia ha portato negli ultimi dieci anni a progressi notevoli, in particolare per lo sviluppo di molecole che possano colpire i geni oncogeni, cioè responsabili della crescita del tumore, riducendo con la loro attività selettiva i pesanti effetti collaterali della chemioterapia convenzionale.
Ecco i commenti degli scienziati.
“Questi studi evolvono da una collaborazione di lunga data tra i laboratori del dottor Giovanni Tonon e il mio sulla oncogenomica dei tumori del sangue. In particolare questi risultati definiscono un nuovo potenziale paradigma terapeutico per tumori ematologici ad alto rischio, refrattari alle terapie convenzionali” , ha dichiarato
Kenneth C. Anderson.
“Questo lavoro”, afferma
Giovanni Tonon, “apre la strada allo studio di terapie che possano, spegnendo l’attività della molecola STK4, riattivare il ruolo fondamentale del gene sentinella che induce la morte delle cellule tumorali ematologiche, sfruttando un tallone d’Achille dei tumori. E’ il risultato del lavoro di un’ équipe di scienziati, e in particolare di una ricercatrice e medico di grande talento e dedizione, Francesca Cottini".
“In questi anni ho studiato e identificato un meccanismo molecolare che il mieloma utilizza per evitare la morte cellulare e continuare a proliferare nonostante la presenza di danni al DNA”, illustra poi
Francesca Cottini, primo autore del paper. “Con nostra sorpresa questo meccanismo è in uso in molte patologie proliferative del sangue e aprirà la possibilità di sviluppare nuovi target terapeutici".
Viola Rita
12 maggio 2014
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