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Anestesia. Studiare gli effetti sui pesci per migliorare anche quelli sull'uomo


Per promuovere studi clinici e ricerche scientifiche di interesse comune all’anestesia umana e a quella veterinaria è nato all’interno della Siaarti un nuovo gruppo di studio. Ne parla in questa intervista Giancarlo Vesce, coordinatore del gruppo.

06 MAG - Studi sugli effetti degli anestetici nei pesci potrebbero aprire la strada a nuove osservazioni sull’anestesia umana. Per questo la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) ha deciso di istituire un nuovo gruppo di lavoro con il compito proprio di promuovere studi clinici e ricerche scientifiche di interesse comune all’anestesia umana e a quella veterinaria.

L’obiettivo è di contribuire alla comprensione del fenomeno dell’anestesia e al progresso clinico e scientifico dell’anestesiologia dell’uomo e degli animali”, spiega in questa intervista Giancarlo Vesce, ordinario di anestesiologia veterinaria presso l’Università Federico II di Napoli.

“Sebbene ambizioso – prosegue -, tale obiettivo trova supporto nel movimento culturale One Health che riunisce medici, veterinari e ogni altra branca sanitaria, con le rispettive organizzazioni professionali quali l’American Medical Association (AMA), l’American Veterinary Medical Association (AVMA) e tante altre istituzioni internazionali, promuovendo la collaborazione interdisciplinare e la comunicazione in tutti i campi della salute umana, degli animali e dell’ambiente. One Health intende accelerare la ricerca e implementare la formazione biomedica per favorire nuove scoperte nelle scienze della salute. In tale ambito l’anestesia costituisce una miniera di conoscenze, oggi ancora separate per specie, soprattutto sul funzionamento del cervello. Gli anestesisti inoltre, sono professionisti appassionati del fenomeno che governano, dotati di un elevatissimo standard etico mirato alla cura del dolore ed al benessere dei propri pazienti umani o animali. Abbiamo già vinto le prime sfide organizzative grazie alla ricettività del gruppo dirigente della SIAARTI che ha prontamente condiviso i suddetti principi, favorendo la creazione di un Gruppo di studio (GdS) al suo interno. Nascere in seno alla SIAARTI è una garanzia di impegno scientifico e di efficienza formativa senza i quali ci potrebbero volere anni per promuovere i principi di One Health nel campo dell’anestesiologia. Sebbene in fase di organizzazione, il GdS si muove velocemente verso il primo evento divulgativo promosso dalla SIAARTI per il suo 68° congresso di Venezia (22 – 25 ottobre 2014). In tale contesto due medici e due veterinari confronteranno le esperienze sui rispettivi pazienti in un’articolata tavola rotonda sulla Dexmedetomidina, una molecola emergente per l’uomo, ma molto “popolare” in veterinaria. Sulla sponda degli animali invece, non esiste ancora una società Italiana di anestesia veterinaria, disciplina ancora affiliata alla Società Italiana di Chirurgia. Si prevede però che molti dei componenti veterinari del GdS si riuniranno a Pisa in occasione del coevo 68° congresso della Società Italiana delle Scienze Veterinarie (SISVet), col proposito di individuare le priorità dei topici sui quali dar vita ai primi gruppi di lavoro”.

Il GdS in Anestesia degli Animali, che conta oggi 26 medici veterinari e una decina di medici umani, intende trasferire le reciproche conoscenze del fenomeno anestesia tra le due classi di professionisti per identificare e studiare i punti critici dell’anestesia dell’uomo e degli animali. “I prossimi passi – spiega Vesce - mirano ad allargare tale confronto all’ESA (European Society of Anaesthesiology), all’AVA (Association of Veterinary Anaesthesists) all’ASA (American Society of Anesthesiologists), e ad ogni altra organizzazione di anestesisti dell’uomo e degli animali che scelga di applicare i principi di One Health alla professione dell’anestesia”.
 
Ma quali sono le peculiarità dell’anestesia veterinaria e quali affinità con quella umana? “L’anestesia – spiega l’esperto -, come il sonno ed il coma, è uno straordinario fenomeno biologico del tutto inspiegato, che si verifica con i medesimi canoni nell’uomo e negli animali, ma può manifestarsi con caratteristiche distintive di ciascuna specie. L’anestesia veterinaria applica le medesime conoscenze dell’anestesia dell’uomo in individui di classi, ordini, famiglie, generi, specie e razze diverse, determinando con certezza la perdita reversibile della coscienza, l’analgesia ed il rilasciamento muscolare. Ciò può sembrare impraticabile se si pensa alla straordinaria vastità del mondo animale e alle enormi differenze fisiologiche esistenti tra classi animali, tuttavia il fenomeno si verifica sempre esattamente nello stesso modo dell’uomo, articolandosi in quattro stadi, proprio come il sonno ed il coma, anch’essi uguali in tutti gli animali. Le differenze di ordine neurologico, respiratorio, cardiocircolatorio, metabolico ecc. tra classi animali, impongono l’adozione di metodi di somministrazione diversi ma, straordinariamente, tutte le sostanze anestetiche solide, liquide, o gassose, producono i rispettivi effetti cardinali in ogni tipo di animali. Da quanto accennato sopra, le affinità tra l’anestesia dell’uomo e quella degli animali sono più numerose delle differenze, tuttavia specie diverse rispondono diversamente ad alcune sostanze anestetiche, o esibiscono specifiche manifestazioni cliniche spesso ignorate per la mancanza di studi comparativi”.

Data la diversa casistica, Vesce spiega che mancano studi clinici comparativi tra l’anestesia dell’uomo e degli animali. “Tuttavia le osservazioni cliniche e le ricerche alla base dell’impiego degli anestetici nell’uomo sono state tutte effettuate prima sugli animali. Ad esempio, l’identificazione delle strutture cerebrali, dei recettori e dei neurotrasmettitori attivati o inibiti dai diversi anestetici deriva prevalentemente da studi sugli animali. I grandi interrogativi della scienza medica riguardano il cervello e lo stato di coscienza di un individuo. Grazie alla capacità di abolire e restituire lo stato di coscienza, l’anestesia costituisce uno strumento insostituibile per studiare il livello di consapevolezza di un individuo. Nonostante tale potenzialità però, la maggioranza delle ricerche in campo anestesiologico mira a studiare gli effetti delle diverse molecole anestetiche sui diversi organi ed apparati ma, inspiegabilmente, le ricerche sui loro effetti sul funzionamento del cervello sono pressoché inesistenti. Gli studi più interessanti per la comprensione del fenomeno dell’anestesia, indipendentemente dalla specie, sono senza dubbio quelli che esplorano le analogie tra sonno fisiologico e sonno anestetico”.

Ma quanto l’anestesia veterinaria può essere di aiuto all’anestesia umana o quanto lo è già stata? “Analgesia, rianimazione cardiopolmonare e cerebrale, terapia intensiva, medicina del sonno ed altre branche dell’anestesia sono dominio sia della medicina umana che di quella veterinaria”, spiega Vesce. “Le aree di interazione spaziano dall’anestesia neonatale a quella geriatrica e bariatrica, offrendo modelli clinici di insostituibile valore per il progresso di entrambe. L’anestesia traslazionale lavora a pieno ritmo per sviluppare farmaci, tecniche e conoscenze finalizzate alla cura dell’uomo e di altri animali. A parte tale contributo, l’osservazione scientifica dei fenomeni dell’anestesia in alcune specie potrebbe fornire elementi in grado di spiegarne la natura. Individuare e interpretare manifestazioni cliniche inconsuete per alcune di esse può fornire preziose indicazioni sulla loro genesi. Il delirio del II stadio, ad esempio, rimane da circa un secolo ignorato e inspiegato. Mentre un anestesista veterinario è abituato ad osservare insoliti segni neurologici specie-specifici, un anestesista umano è indotto a trascurare tali osservazioni cliniche a causa della loro minore variabilità intraspecifica, del maggiore monitoraggio strumentale del paziente e del pressoché costante impiego di miorilassanti periferici che ne aboliscono le manifestazioni esteriori. La conoscenza dei fenomeni osservabili nelle cinque classi animali sarà preziosa per il progresso dell’anestesia dell’uomo, quanto le tecniche in uso nell’uomo favoriranno il progresso di quella veterinaria”.

“La maggioranza delle sostanze impiegate per l’anestesia dell’uomo e degli animali coincidono”, spiega poi Vesce. “Tuttavia – precisa -, particolarmente per gli animali di grande mole, si impiegano molecole potentissime che spesso non hanno indicazioni per l’uomo. Alcune sostanze sedative inoltre, come ad esempio la morfina ed i suoi derivati, paradossalmente inducono eccitazione nei felini ed in altre famiglie di animali. Tali differenze restano ancora inspiegate. Altre sostanze, non usate per l’uomo, inducono soltanto un’intossicazione reversibile del S.N.C., determinando la perdita di coscienza senza soddisfare tutti i requisiti dell’anestesia, come nel caso della Tricaina (MS-222) impiegata nei pesci. Studi sugli effetti degli anestetici inalatori nella vastissima classe dei pesci invece, potrebbero aprire la strada a significative osservazioni fino ad oggi non emerse dall’esperienza con l’uomo e con altre specie a lui più vicine”.

Allo stesso modo, “i rischi nell’anestetizzare un animale sono gli stessi dell’uomo. Tra essi, la depressione delle funzioni vitali costituisce il maggior pericolo di complicanze e di insuccesso. Inoltre, la presenza e l’entità di eventuali patologie del paziente condiziona l’esito di una procedura che, anche negli animali, viene classificata secondo le cinque classi di rischio dettate per l’uomo dall’ASA. A parte tali analogie, il rischio anestetico risulta incrementato negli animali di moli estreme, dalla minore sofisticazione delle strutture e delle attrezzature conseguente anche a limiti economici. Rischi particolari – conclude l’esperto - derivano dalla mancanza di collaborazione tra il paziente e l’anestesista, dalla frequente mancanza dell’anamnesi e nel caso di anestesia a distanza impiegata per la cattura di animali non avvicinabili”.
 

06 maggio 2014
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