Guarire le ulcere croniche con le staminali. Ma senza le staminali. La ricerca del Carlo Besta
di Maria Rita Montebelli
L’impiego di matrici decellularizzate, imbevute dei fattori di crescita prodotti da staminali mesenchimali di derivazione adiposa, fa guarire le ulcere croniche dei topini diabetici, in metà del tempo abituale. Un importante successo della ricerca italiana, pubblicato su Stem Cell Research & Therapy
26 FEB - E’ un ulteriore passo avanti nell’utilizzo delle cellule staminali in medicina rigenerativa ed è frutto della ricerca italiana. L’idea, di paternità dei ricercatori dell’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ di Milano è di utilizzare le staminali come ‘fabbrica’ di proteine e fattori di crescita, in grado di accelerare la guarigione di ferite croniche, senza utilizzarle come ‘trapianto’. Questa ipotesi, testata su topini diabetici, si è dimostrata un successo: le ulcere diabetiche di questi animaletti da esperimento, con il trattamento ‘
made in Italy’ sono guarite in metà del tempo abituale e lo studio, condotto in collaborazione con ricercatori dell’Università di Perugia e dell’Innovhub di Milano, è stato pubblicato su
Stem Cell Research & Therapy.
La tecnica messa a punto dai ricercatori del ‘Besta’ consiste nella creazione di
scaffold in seta, una sorta di piccolissimi bozzoli fatti di fibre di seta (fibroina) sottilissime. Gli
scaffold vengono immersi in una coltura di cellule staminali, dove le loro fibre si imbevono come spugne dei preziosi fattori di crescita di derivazione staminale. Il ‘bozzolo-spugna’ carico di questi fattori di rigenerazione è stato quindi posizionato sull’ulcera cronica e ne ha prodotto la guarigione a tempo di record.
Si tratta di un passo avanti notevole, che andrà naturalmente confermato da
trial clinici. Dovesse funzionare anche nell’uomo, sarebbe una vera e propria svolta per la medicina rigenerativa perché consentirebbe di fare una terapia cellulare, senza utilizzare direttamente le cellule e quindi senza correre il rischio di reazioni di rigetto ad esempio; questa tecnica inoltre consentirebbe di utilizzare più e più volte le staminali, come ‘fabbrica’ di fattori di crescita. Gli
scaffold utilizzati per questo esperimento sono costituiti di fibroina della seta, dei fili sottilissimi che si dissolvono gradualmente nel corpo, rilasciando le molecole che vi sono ancorate. Le cellule staminali utilizzate come ‘fabbrica’ di fattori di crescita in questo esperimento erano cellule mesenchimali adulte derivate dal tessuto adiposo.
Nello studio sono stati confrontati due tipi di
scaffold: ‘cellularizzati’, cioè contenenti le cellule mesenchimali e ‘decellularizzati’, cioè imbevuti solo delle molecole prodotte dalle staminali. Queste strutture, applicate alle ulcere diabetiche degli animali da esperimento hanno prodotto una riduzione dell’area della ferita, rispettivamente del 40% e del 35% in soli 3 giorni, portandola a guarigione completa in entrambi i casi in una decina di giorni. La matrice decellularizzata ha funzionato dunque alla stessa stregua di quella contenente le staminali, ma ha il vantaggio di conservarsi meglio, di non esporre al rischio di reazioni di rigetto o di infezioni.
Le matrici decellularizzate potrebbero dunque rivelarsi un giorno di grande aiuto nel trattamento delle ulcere croniche e delle ferite difficili. “Ma quella pubblicata su
Stem Cell Research & Therapy è solo una sperimentazione di laboratorio – ammonisce il prof. Eugenio Parati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ di Milano e primo autore dello studio - non ancora di una terapia. Per arrivare all’impiego nella pratica clinica saranno necessari alcuni anni”.
Maria Rita Montebelli
26 febbraio 2014
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