Tiroide. Per la prevenzione bastano sale iodato e (talvolta) selenio
Poco conosciuta ma le malattie che la riguardano sono piuttosto comuni: eppure, le prime regole per prevenire le patologie della tiroide sono semplici. Quanto salare con il sale giusto, quello iodato. Questi e altri consigli e informazioni provengono dal convegno milanese “Ipotiroidismo: diagnosi, terapia e follow-up”.
21 OTT - Sono sale iodato e selenio, i due migliori amici della tiroide, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione. Questo quanto hanno ribadito gli esperti riuniti nel corso del convegno “Ipotiroidismo: diagnosi, terapia e follow-up” che si è svolto a Milano, un'iniziativa in cui si è fatta un po' di chiarezza su questo organo, di cui la società sa ancora molto poco.
“La tiroide è poco conosciuta e quello che si sa spesso è errato. In genere le viene attribuita la colpa dei chili di troppo e qualcuno pensa di dimagrire agendo su questo organo ma, quando questo succede, si ottiene un dimagrimento in cambio della salute e a volte della vita”, ha affermato
Paolo Beck-Peccoz, Direttore del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità U.O. di Endocrinologia e Diabetologia Università degli Studi di Milano, che era presente all'incontro. “Quando la tiroide è sana ha solo bisogno di essere sostenuta attraverso l’impiego del sale iodato in cucina, introduce l’endocrinologo. Gli effetti positivi della iodoprofilassi saranno visibili solo tra 50 anni e, forse proprio per questo, nonostante le campagne di promozione del sale iodato, nel nostro Paese si contano ancora 6 milioni di casi di gozzo. Il consumo di sale iodato in Italia, dopo l’introduzione della relativa Legge del 2005, è superiore al 50%, ma è ben lontano dal 90% che l’OMS indica quale limite minimo per l’efficacia della profilassi.
Gli effetti negativi della mancanza nutrizionale di iodio sono ancora più rilevanti in gravidanza a causa della maggiore necessità di iodio per la gestante e per il nascituro. Una carenza di iodio in corso di gravidanza può avere conseguenze negative importanti sullo sviluppo psico-neurologico del bambino. Durante la gestazione infatti, gli estrogeni aumentano l’escrezione renale di iodio che porta ad un incremento del fabbisogno di questo microelemento. Inoltre, l’aumentato lavoro della tiroide materna che deve sopperire alle esigenze del feto - che svilupperà una propria tiroide solo dopo il quarto mese - portano ad un fenomeno conosciuto come ipotiroxinemia che viene amplificato dalla carenza iodica. Ecco perché è necessario che la profilassi iodica venga attuata dalle donne che programmano di avere un figlio. È utile che la gestante assuma integratori contenenti iodio durante i primi mesi di gravidanza, ma la soluzione ottimale si ottiene se la donna pratica la profilassi con anticipo rispetto al concepimento”.
In Italia il 10% della popolazione femminile e il 2% di quella maschile è affetto da una malattia cronica su base autoimmune, la tiroidite di Hashimoto, che porta nel tempo la distruzione della ghiandola, causando uno stato di ipotiroidismo. Sono molti gli assistiti che chiedono cosa sia possibile fare per salvare la tiroide e, fino a poco tempo fa, la risposta era negativa; oggi invece ci sono dati che dimostrano che qualcosa può essere fatto. Uno studio condotto su 76 soggetti affetti da tiroidite autoimmune ancora allo stadio subclinico, e pertanto non in terapia con l’ormone sintetico della tiroide, ha evidenziato come dosi fisiologiche di selenio (80 μg/die), siano in grado di ridurre il titolo degli anticorpi antitiroidei (TPO e Tg), e come questo effetto sia del tutto evidente dopo 12 mesi di trattamento con selenio. “I risultati di questo studio, pubblicato su Clinical Endocrinology, 2010 – ha aggiunto Beck-Peccoz – dimostrano quindi che il selenio può avere un’azione protettiva nei confronti della tiroide limitando la progressione del processo infiammatorio provocato dall’aggressione autoimmune; anche solo il rallentamento del processo autoimmune può procrastinare, e in alcuni casi evitare, una terapia che una volta iniziata è necessario continuare a vita”.
“Quando invece l’ipotiroidismo è conclamato abbiamo una molecola perfetta, l’ormone sintetico della tiroide (levotiroxina) che sopperisce andando ad integrare l’attività di una tiroide pigra o andando a sostituire completamente l’azione della tiroide, nel caso in cui questa è stata rimossa”, ha continuato l'esperto. “La terapia è piuttosto semplice e si basa sulla somministrazione della levotiroxina assunta in singola dose giornaliera a digiuno con un dosaggio che deve essere attentamente personalizzato. Nonostante l’apparente semplicità della terapia, studi della letteratura hanno dimostrato la difficoltà di ottenere un costante controllo della terapia con valori ottimali degli ormoni tiroidei. Molti pazienti dichiarano di avere difficoltà nel seguire con precisione le indicazioni del medico circa l’assunzione del farmaco, che deve essere preso almeno 30 minuti prima della colazione per ottenere un assorbimento ottimale. In particolare è proprio quest’ultima indicazione difficile da rispettare, sia per la fretta che caratterizza le ore del risveglio, sia perché il caffè, che è sinonimo di risveglio e di colazione, è una sostanza che riduce l’assorbimento della levotiroxina e conseguentemente va bevuto a distanza dall’assunzione del farmaco. La non aderenza alla terapia, la presenza di una condizione di celiachia, problemi gastroenterologici, quali Helicobacter pylori, gastriti o intolleranza al lattosio, si riflettono sulla concentrazione nel sangue del TSH, l’ormone ipofisario che stimola la tiroide, e alla possibilità di riportare ad una situazione di eutiroidismo, ovvero la presenza della corretta quantità di ormone tiroideo nell'organismo. In tutti questi casi, la disponibilità di una nuova formulazione di levotiroxina in soluzione liquida, venendo assimilata in tempi più rapidi, può risolvere tutti questi aspetti, nonché essere la scelta ottimale nei bambini e in tutte quelle persone che hanno problemi nell’assumere compresse”, ha concluso.
21 ottobre 2013
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