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Procreazione medicalmente assistita e crisi. Come si sceglie dove tagliare le spese?


Le istituzioni sembrano andare tutte in una direzione: limitare il numero di cicli “inutili” di Pma, limitando a tre il numero di tentativi per ogni coppia. Ma è vero che dopo tre volte è inutile tentare? Secondo i dati di Tecnobios Procreazione, non è così. Il tema affrontato nel corso del Congresso Nazionale di Procreazione Assistita a Milano Marittima.

05 OTT - Si parla di crisi, o meglio di come la crisi colpisce le coppie che vogliono ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, all'interno del Tecnobios Procreazione Symposium 2013, che si è tenuto nell'ambito del Congresso Nazionale di Procreazione Assistita in corso a Milano Marittima. Secondo le ultime stime è circa il 15% della popolazione a dover ricorrere all'aiuto dei medici per avere un figlio, ma anche in questo ambito il Sistema sanitario nazionale ha dovuto cominciare a applicare i primi tagli, nel tentativo di fare economia e abbattere i costi. La regione Friuli Venezia Giulia, ad esempio ha deciso di tagliare sul numero di cicli di procreazione assistita cui le coppie possono sottoporsi al massimo, perché oltre un certo numero questi sarebbero “inutili”, dato il basso tasso di gravidanze ottenute. E ancora, vietare anche le tecniche mediche alle donne che superano i 42 anni. Ma queste scelte hanno solide basi scientifiche? Secondo gli esperti riuniti a Milano Marittima, no.
 
“La prima domanda che si sono poste le regioni è questa: fino a quanti trattamenti si possono fare senza ottenere risultati accettabili? È giusto: uno Stato che vuole offrire le cure, ma non ha fondi sufficienti per coprirle senza limiti, deve trovare un criterio per stabilire quanti cicli e a chi rimborsarli”, ha spiegato Andrea Borini, Responsabile del Congresso. E proprio per questo la regione Friuli Venezia Giulia ha già approvato una delibera che prevede di non rimborsare più di tre cicli di fecondazione alle pazienti e la proposta è in discussione per essere estesa a tutta Italia. Lo stesso Tavolo Tecnico per la PMA della Conferenza Stato - Regioni si sta interessando a questo argomento. “Chi si occupa di procreazione assistita sa che ci sono variabili come l'età, ma anche che riguardano la produzione di oociti della singola donna, da tenere in considerazione quando si guarda ai “risultati” dei cicli di inseminazione”, ha detto Borini. “Avendo meno soldi si vogliono evitare gli sprechi. È ragionevole, ma bisogna capire dove tagliare: il problema è che gli sprechi non sono qui. Stabilire che dopo tre cicli non ci sarebbero più probabilità accettabili di ottenere una gravidanza non è scientificamente vero. Lo affermano gli studi e i registri internazionali e, ora, anche i dati che abbiamo raccolto noi”.
 
È appunto proprio in questo senso che le società scientifiche dovrebbero venire in aiuto e fornire dati e risultati che comprovino o neghino questo tipo di decisione. Se si prende come motivo del taglio non un problema squisitamente di risorse, ma di "inutilità" di trattamenti medici dopo un certo numero di tentativi, bisogna accertarsi che la decisione si basi su dati reali. E i dati raccolti nei centri Tecnobios Procreazione su circa 2000 pazienti (per un totale di quasi 2500 cicli) sembrano smentire questa posizione: emerge infatti, ad esempio, che in tutte le fasce di età la probabilità di gravidanza rimane stabile su ogni ciclo fino al sesto. Ad esempio tra i 35 e i 40 anni le probabilità sono del 32,8% al primo e sono ancora del 30% al sesto. “È giusto poi valutare quante probabilità ha una coppia che riesce a continuare a sottoporsi a trattamenti. Quella che viene chiamata probabilità cumulativa di gravidanza”, ha continuato Borini. “Ad esempio si ottiene che se 100 coppie tra i 30 e i 34 anni iniziano con un primo trattamento e tutte quelle che non ottengono la gravidanza si sottopongono di nuovo a cicli successivi,dopo un massimo di 6 tentativi 86 di quelle coppie avranno la tanto sperata gravidanza. Se valutiamo la stessa situazione nel gruppo 35-40 anni sono 88. Questo è un dato che aiuterebbe tante coppie a non demordere, a non cedere alla delusione e quindi a non interrompere i propri tentativi dopo 2 o 3 prove”. E che va contro quella stessa decisione della regione Friuli Venezia Giulia e di tutte le istituzioni che stanno pensando misure simili.
 
“In tempo di crisi bisogna risparmiare sulla spesa sanitaria, è giusto, ma farlo in questi termini può solo penalizzare chi, non potendo avere un figlio naturalmente, già paga un duro prezzo”, ha concluso Borini. “Per contenere i costi e offrire magari un ciclo gratuito in più a tutti, invece, si dovrebbero “tagliare” i tanti esami inutili che tuttora vengono eseguiti e di cui la Società Italiana di Fertilità e Sterilità sta stilando un elenco”.

05 ottobre 2013
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