Malattie reumatiche. Colpiti 700mila italiani ma solo 50mila hanno accesso ai nuovi farmaci
E tutto ciò, oltre alla sofferenza per i malati, ha un costo indiretto per la collettività di 1,7 miliardi l'anno. Per colpa delle giornate di lavoro perse (3 ore al giorno) e della ridotta capacità produttiva. Ma da noi per i nuovi farmaci biologici si spendono solo 500 milioni l'anno. Molto meno che nel resto d'Europa.
29 GIU - ‘Assenti’ per dolore dal lavoro e dalla vita circa 4 ore ogni giorno. Non hanno la forza di sfilare in corteo o alzare striscioni per chiedere le migliori cure possibili, quelle a cui avrebbero diritto. Hanno una malattia di cui non si muore ma a causa della quale si soffre molto per tutta la vita. Anche se volessero protestare non potrebbero farlo, perché devono lottare ogni giorno contro il dolore e l'invalidità provocati da artrite reumatoide, spondiliti o artrite psoriasica, malattie reumatiche immunoinfiammatorie fra le più gravi e disabilitanti.
Nel nostro Paese sono oltre 700mila e, secondo le indicazioni delle più recenti Linee Guida nazionali e internazionali, 150mila pazienti, pari al 20% che non risponde alle terapie convenzionali protratte per 3 mesi, dovrebbero ricevere i farmaci biologici, le cure più innovative ed efficaci in grado di neutralizzare le cellule coinvolte nel processo infiammatorio e di ridurre o fermare la progressione delle malattie. Ma in Italia vengono trattati appena 50mila pazienti. Infatti, dei 70mila con artrite reumatoide che avrebbero bisogno dei biologici appena 20mila sono in trattamento; dei 40mila malati di spondiloartrite elegibili ricevono i biologici solo in 20mila, e dell’analogo numero dei pazienti con artrite psoriasica da trattare con biologici, solo 10mila di essi praticano tale terapia. Lo hanno denunciato gli esperti in occasione del convegno "
L'appropriatezza prescrittiva dei farmaci biologici quale strumento di risparmio per la collettività", sottolineando che nei pazienti trattati con biologici, a distanza di un anno dall’inizio della terapia, decresce la disabilità grave, le assenze dal lavoro diminuiscono di 10 ore a settimana, con un risparmio stimato intorno a 500 milioni di euro e la produttività aumenta di 110 euro a settimana, con un altro mezzo miliardo di risparmi possibili. Purtroppo, l'Italia è il fanalino di coda dell'Europa industrializzata nell'impiego di queste terapie all'avanguardia: nel nostro Paese si spendono appena 500 milioni di euro contro 1,5 miliardi della Germania, circa 950 milioni della Francia, circa 800 milioni della Spagna e 700 milioni del Regno Unito.
“L’introduzione di queste terapie ha rappresentato una vera rivoluzione per i malati reumatici, incidendo molto favorevolmente sulla loro qualità di vita - ha spiegato
Giovanni Minisola, past President della Società Italiana di Reumatologia e Primario della Divisione di Reumatologia dell’Ospedale di Alta Specializzazione San Camillo di Roma – Sono terapie costose, perché un anno di trattamento con biologici costa circa 10mila euro a paziente; tuttavia, il risparmio possibile erogandole agli ulteriori 100mila italiani che ne avrebbero bisogno ma che attualmente ne sono esclusi, abbatterebbe i costi indiretti pari a 1,7 mld di euro, aumentando la capacità lavorativa e la produttività delle persone colpite, con un risparmio di 1 mld di euro all’anno. Ogni giorno, infatti, i pazienti con una malattia reumatica cronica di grado severo non trattati, impiegano un'ora e mezza in più rispetto a chi non è malato solo per iniziare la giornata: pettinarsi, prendere un caffè, lavarsi. Ognuno di loro, inoltre, se non trattato in maniera adeguata, perde in media 12 ore di lavoro a settimana e 216 euro per mancata produttività. Per lo Stato tutto ciò ha un impatto economico enorme: ogni anno vanno in fumo 1,7 miliardi di euro per colpa delle giornate lavorative perse (600 milioni di euro) e della ridotta efficienza produttiva (1,1 miliardi di euro)".
La maggioranza dei pazienti con patologie reumatiche ha fra i 45 e i 64 anni, è cioè nel pieno della vita lavorativa attiva. Le malattie reumatiche sono oggi la prima causa di assenze dal lavoro e la seconda causa di invalidità, responsabili della metà delle assenze superiori ai tre giorni, del 60% dei casi di inabilità al lavoro e del 27% delle pensioni di invalidità erogate dallo Stato. "Per i pazienti tutto questo si traduce in un dramma personale e famigliare: quattro su dieci sono costretti prima o poi a rinunciare al lavoro o a cambiarlo e per il 10% le entrate economiche si riducono drasticamente, senza contare le difficoltà quotidiane da superare dovendo convivere con malattie che limitano i movimenti e provocano dolore - ha detto Minisola - Purtroppo, oggi in Italia c’è una scarsa attenzione nei confronti dei problemi che le malattie reumatiche creano e c’è scarsissimo interesse dei decisori rispetto alle esigenze dei pazienti, mentre è eccessiva e poco oculata l’attenzione dedicata ai costi dei farmaci. Potremmo risparmiare, se avessimo la lungimiranza di curare con i farmaci biologici tutti coloro che ne hanno bisogno e ne potrebbero perciò trarre grande giovamento: costa di meno trattare questi pazienti che affrontare le perdite dovute al calo di produttività connesso a malattie curate in modo tardivo e inappropriato". Oggi spendiamo circa 500 milioni di euro per le terapie con biologici e si prevede che investiremo sempre meno per le cure se la tendenza attuale non sarà modificata. Nello stesso tempo, però, cresceranno i costi indiretti proprio a causa di terapie inadeguate e insufficienti.
"Le conseguenze socioeconomiche e lavorative di queste patologie sono ben più pesanti rispetto ai costi sostenuti per curarle. Eppure in Italia, rispetto agli altri Paesi europei, i biologici sono ancora usati poco e con una estrema disparità da regione a regione - ha fatto notare l'esperto - Mantenere il benessere dei pazienti, quindi, non è importante solo per tutelare la loro salute e la loro qualità di vita, che pure devono essere obiettivi primari della cura, ma anche per preservare la loro produttività: la salvaguardia della salute deve rappresentare un investimento e non un costo. L'analisi dei dati scientifici ed epidemiologici a nostra disposizione dimostra che la soluzione al problema deve passare attraverso tre linee d’intervento: l’organizzazione di una rete assistenziale che consenta una diagnosi precoce, una terapia tempestiva, un adeguamento alle linee guida dell’intervento terapeutico. Anche l'industria farmaceutica sta ipotizzando proposte per far sì che i costi diretti correlati alle cure siano più affrontabili dallo Stato, anche in tempi di spending review: ne sono esempio il 'cost sharing', attraverso il quale si pratica uno sconto sul prezzo per il ciclo iniziale della terapia erogata a tutti i pazienti elegibili, e la 'success fee', formula simile a una sorta di "soddisfatti o rimborsati" per cui l'azienda anticipa il pagamento e l'ospedale spende solo se c'è una risposta terapeutica”.
29 giugno 2013
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