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Farmaci innovativi. L'Europa li approva, ma in Italia arrivano con almeno 2 anni di ritardo


Colpa di tetti di spesa, prontuari regionali e linee guida che ritardano l'effettiva immissione in commercio. Anche per questo da noi si spende molto meno per i nuovi farmaci (21 euro procapite contro la media europea di 30 euro). Uno studio di Farmindustria su dati Ims Health.  

12 APR - Dopo l’autorizzazione comunitaria (EMA) bisogna ottenere quella nazionale (AIFA) e passano minimo altri 12 -15 mesi. Poi serve minimo un altro anno per inserirli nei Prontuari regionali. Ma dal loro inserimento all’effettivo uso negli ospedali passano altri due mesi. E anche quando arrivano sul mercato sono penalizzati da condizioni più sfavorevoli. Questo il percorso a ostacoli per l’accesso al mercato dei farmaci innovativi denunciato da uno studio di Farmindustria su dati Ims Health.
 
in particolare l'analisi raffronta i tempi di inserimento nei Prontuari regionali di alcune regioni "più vituose" e "meno virtuose". I tempi più rapidi in Puglia, Umbria e Abruzzo, rispettivamente con 217, 218 e 219 giorni. I più lunghi in Molise (530) e Liguria (491). (Vedi tabella).
 
Ma perché questi ritardi? Lo studio denuncia come in Italia vi siano più ‘paletti’, sia statali che regionali. Si va dai tetti di spesa alle linee-guida, dagli accordi sui rimborsi al monitoraggio web fino ai budget e ai registri. Tutte misure che bisogna ricordare sono anche di garanzia, ma che in Italia risultano essere in media doppie se messe in confronto con quelle che vengono applicate in Germania, Inghilterra, Spagna e Francia. 
 
 
Lo studio, per testimoniare maggiormente queste differenze con gli altri Paesi Ue, ha elaborato anche due tipi di confronto. Nel primo vengono valutate le vendite procapite (euro) dei farmaci con brevetto lanciati negli ultimi 5 anni in Italia e confrontate con quelle degli altri grandi Paesi Ue. Dai numeri emerge come la spesa in Italia sia di 21 euro a testa, contro una media di 30 euro procapite dei Big Ue. Un dato, quindi del 32% inferiore e si traduce in una minor spesa in Italia (che rappresenta minori ricavi per le aziende) nell’ordine dei 550-600 mln di euro. Differenze di vendite che tra Italia e Big Ue sono molto marcate per i farmaci gastro-intestinali (-71%), sui cardio-vascolari (-40%) e sugli ematologici (-39%).
 
Il secondo tipo di confronto dello studio Farmindustria riguarda invece il consumo di farmaci innovativi. L’analisi evidenzia come in Italia vi sia un consumo medio inferiore del 54% rispetto ai Big Ue. In cima alla graduatoria delle differenze ci sono gli anti-coagulanti (-99% rispetto ai nostri partner europei), seguiti dagli oncologici (-86%) e dagli anti-diabetici(-86%).

12 aprile 2013
© Riproduzione riservata

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