È nata RettDb, la prima banca dati per l’analisi dei meccanismi molecolari che causano la sindrome di Rett. La risorsa web è accessibile a tutta la comunità scientifica e consente di fare sperimentazioni in silico, cioè attraverso l’analisi dei dati, consentendo così di ridurre il ricorso alla sperimentazione animale.
Il risultato è frutto di una ricerca pubblicata sulla rivista Database di Oxford Academic e condotta dai dipartimenti di Biologia e Informatica dell’Università di Pisa.
“La sindrome di Rett – spiega il professore Ugo Borello autore delle studio – è un raro disturbo neuroevolutivo che si verifica quasi esclusivamente nelle femmine con una frequenza di 1 su 10mila nascite, ed è la seconda causa di grave disabilità intellettiva nelle ragazze dopo la sindrome di Down. E’ noto che in oltre il 95% dei casi, la sindrome sia dovuta a mutazioni nel gene MECP2 legato al cromosoma X, ma i meccanismi molecolari che la determinano sono attualmente sconosciuti”.
RettDb nasce quindi proprio per svelare questi meccanismi e con l’obiettivo di farne uno strumento di riferimento per tutti i ricercatori che studiano questa patologia. La ricerca è partita dal laboratorio del professore Borello dove si studiano i meccanismi molecolari di sviluppo della corteccia cerebrale in diversi sistemi sperimentali e con tecniche diverse, che spaziano dalla bioinformatica, alla biologia molecolare, e alla neuroanatomia.
“Un grande lavoro è stato fatto da due studenti in tesi, Nico Cillari e Giuseppe Neri, che hanno accettato questa sfida che non era scontato avremmo portato a termine con successo - ha sottolineato Borello – ma la complessità in biologia richiede un approccio multidisciplinare, da qui la fruttuosa collaborazione con il professore Paolo Milazzo e la professoressa Nadia Pisanti del dipartimento di informatica, con l’ausilio della tesista Marta Scalisi che si è occupata dello sviluppo web, e grazie al fondamentale supporto di Fabio Pratelli e di Maurizio Davini, responsabile del Green Data Center dell’università di Pisa.
Lo studio è stato finanziato dalla Commissione europea con i fondi del Pnrr NextGeneration Program nell’ambito dello Spoke 6 del THE, Tuscany Health Ecosystem, Precision medicine & personalized healthcare.