“La priorità resta, per forza di cose, il superamento del payback, un obiettivo che non è stato ancora raggiunto dal nostro comparto e che rappresenta il punto fermo da cui partire, per poter poi dare vita alle discussioni sul futuro del sistema. È vero che in manovra evidentemente non sono stati trovati spazi per affrontare questo problema, ma il tema del payback ha comunque trovato un momento di passaggio fondamentale con l’ordinanza del Tar del Lazio di fine novembre, in cui sono state accolte sostanzialmente tutte le motivazioni che le aziende avevano inserito negli oltre 1.800 ricorsi presentati. Una montagna di lavoro per il tribunale, che con questa ordinanza ha finalmente definito in modo chiaro la fondamentale differenza fra il mondo del farmaco e quello del dispositivo medico e l’impossibilità di applicare con un copia-incolla il sistema del payback al nostro settore. Questo risultato importante mi auguro ci darà la forza di riprendere il dialogo istituzionale, fungendo da spartiacque tra prima e dopo”. A parlare con Quotidiano Sanità a pochi giorni dalla sua nomina a presidente di Confindustria DM è Nicola Barni.
Secondo Barni, “il problema principale del nostro sistema sanitario resta il sottofinanziamento: mancano 48-50 miliardi di euro di fondi rispetto alla spesa che Paesi simili al nostro dedicano al settore sanitario. Una questione che non si risolve con la manovra e per la quale servirebbe intervenire su altri fronti. Mi viene in mente l’evasione fiscale, ma bisogna iniziare a parlare di volontà politica di trovare una soluzione. Io però sono molto fiducioso che si possa dialogare con le nostre istituzioni sul futuro del sistema, confrontandosi su una nuova governance dei dispositivi medici che superi le vecchie logiche, con una programmazione che ragioni per patologia e che prenda in considerazione il percorso del paziente per intero, con risorse allocate sulla base del bisogno: oggi abbiamo i tetti di spesa che non consentono di favorire l’accelerazione tecnologica, che nel nostro settore ha un tasso di innovazione molto più rapido rispetto al farmaco e un turnover più veloce. Questi concetti devono entrare a far parte della nuova governance. Dopo essersi seduti, ribadisco, e aver risolto prima il problema del payback”.
Secondo una recente indagine del Centro Studi di Confindustria Dispositivi Medici sull’impatto del payback sulle imprese del settore l’incertezza generata dalla norma ha causato una situazione di stallo per un’industria innovativa: il 61% delle aziende ha bloccato le assunzioni, mentre il 31% ha ricorso a licenziamenti. Sono inoltre 4 aziende su 10 ad aver ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre il 27% ha avviato procedure di cassa integrazione. Ma non solo, la situazione di incertezza legata alla possibilità di pagare lo sforamento del tetto di spesa delle Regioni, ha un impatto diretto sulla sanità pubblica e sulla qualità tecnologica dei dispositivi medici disponibili destinati alla cura del cittadino: è infatti più della metà delle aziende (61%) ad astenersi dalla partecipazione alle gare pubbliche, limitando al mercato privato le soluzioni più avanzate (54%) privando, di fatto, la stragrande maggioranza degli italiani delle migliori tecnologie disponibili e limitando gli investimenti nella formazione della classe medica (54%). E nel futuro la situazione non migliorerà: di qui al 2028, 8 aziende su 10 limiteranno l’uso di tecnologie avanzate nelle gare italiane, 7 aziende su 10 dichiarano di prevedere di rivolgersi prevalentemente ai mercati esteri e la riduzione delle assunzioni riguarderà il 72% delle imprese.
“E’ vero che la recente ordinanza del Tar del Lazio, avendo sollevato peraltro la questione di legittimità costituzionale sulla norma di cui parliamo, funge da sospensiva d’ufficio dei pagamenti a oggi dovuti dalle nostre aziende per ripianare la spesa – spiega il presidente Confindustria DM – ma questo non vuol dire che le risorse finanziarie non debbano essere accantonate dalle imprese, che si trovano pur sempre in un’area di rischio; questo a oggi non permette loro di liberare risorse. Si tratta davvero di una norma iniqua e di difficile interpretazione. L’ordinanza è una vittoria, ma non fa sì che le risorse tornino a essere disponibili per le aziende: se fossimo in una partita di calcio saremmo 1-0. Ma non siamo al 90esimo minuto, il payback è un tema estremamente pressante per chi gestisce queste imprese”.
“Alla prova dei fatti – conclude - se in manovra questo tema non è stato affrontato è sicuramente perché ci sono delle priorità, però vuol dire anche che il discorso sulla sanità inteso dal nostro punto di vista è stato quantomeno accantonato. La nuova presidenza di Confindustria DM si è messa al lavoro e questa potrebbe anche essere un’occasione positiva di iniziare un nuovo dialogo istituzionale, forti di un’ordinanza significativa di un tribunale che potrebbe segnare il punto di svolta per sedersi a un tavolo, risolvere il payback e pensare al futuro, interrompendo anche tutte quelle difficoltà che le aziende hanno nel partecipare alle gare d’acquisto, limitando di fatto il mercato italiano dei dispositivi medici. Questo capitolo, messo da parte o quantomeno de-prioritizzato, con l’anno nuovo ci si augura torni a essere affrontato, venendo incontro alle esigenze di un settore industriale strategico e soprattutto dei pazienti italiani”.
Barbara Di Chiara