Nuovo e forse ultimo tassello di una vicenda che tiene banco da quasi 10 anni nel nostro, come in altri Paesi, cioè il caso ‘Avastin-Lucentis’: il Consiglio di Stato italiano, con sentenza 4632 del 2023, ha infatti dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi presentati (per revocazione) da Roche e Novartis, con l’obiettivo di annullare la maxi multa di oltre 180 milioni di euro complessivi comminata dall’Antitrust alle due aziende fin dal 2014. La motivazione era di aver fatto ‘cartello’ per favorire l’utilizzo per uso oftalmico del farmaco Lucentis (ranibizumab) a discapito del più economico Avastin (bevacizumab). Una decisione, quella di palazzo Spada, che va in direzione opposta rispetto a quella assunta in Francia e in Turchia all’inizio del 2023, dove i giudici hanno deciso di cancellare la sanzione pecuniaria (sempre multi-milionaria) nei confronti delle due società svizzere.
Nella nuova sentenza, i giudici amministrativi ricostruiscono la vicenda: “L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con il provvedimento n. 24823 del 27.2.2014, ha accertato un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 101 TFUE tra le società ricorrenti, le quali avrebbero tra loro concertato strategie volte ad ostacolare la possibilità di impiego off-label del farmaco ad esclusivo uso ospedaliero Avastin per la cura di alcune patologie oculari. Tale strategia sarebbe consistita in “un piano condiviso volto a un’artificiosa differenziazione di Avastin e Lucentis” in ambito oftalmico “ottenuta manipolando la percezione dei rischi dell’uso off label in ambito oftalmico del primo per condizionarne la domanda” al fine di favorire le vendite del più costoso Lucentis. In particolare, l’intesa avrebbe “mirato a ridurre la domanda, e quindi le quantità vendute, di un prodotto meno costoso (Avastin, pari a €81,64 per iniezione) a favore del più costoso prodotto concorrente (Lucentis, inizialmente pari a €1.100 ad iniezione, e poi sceso a €902 dal novembre 2012), attraverso il condizionamento dei soggetti responsabili delle scelte terapeutiche”.
L’Autorità, oltre ad inibire le medesime società ad astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata, ha irrogato, in ragione della gravità e durata delle infrazioni, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: a carico di Hoffmann-LaRoche e Roche s.p.a., in solido tra loro, €90.539.369; in capo a Novartis AG e Novartis Farma s.p.a., in solido tra loro, €92.028.750. Le quattro società ricorrenti hanno autonomamente impugnato il predetto provvedimento innanzi al T.A.R. per il Lazio che, con la sentenza del 2 dicembre 2014 n. 12168, dopo averne disposto la riunione, ha respinto i ricorsi. Avverso tale sentenza le società, con autonomi ricorsi, hanno proposto appello al Consiglio di Stato, riproponendo i motivi di ricorso proposti in primo grado. Con la sentenza n. 4990 del 2019, la Sezione ha respinto i ricorsi in appello, per l’effetto ha confermando la sentenza di primo grado ed il provvedimento impugnato”. Ma “con i ricorsi in epigrafe le società hanno chiesto la revocazione di tale sentenza”.
Le ricorrenti, si legge sempre nella sentenza, oltre alle motivazioni tecniche per cui chiedono tale revoca, hanno evidenziato “l’eccezionalità e abnormità del ‘caso italiano’, anche alla luce dei recenti sviluppi - a livello nazionale, UE (in particolare: sentenza del 16 febbraio 2023 della Corte di Appello di Parigi e documento dell’EMA relativo alla raccomandazione del 24 febbraio 2022)” in cui si afferma che l’uso intravitreale di bevacizumab non soddisferebbe i requisiti di sicurezza ed efficacia, “ed extra UE (sentenza n. 2911 del 2022 del Tribunale Amministrativo di Ankara) - che confermano le ragioni evidenziate dalle ricorrenti sin dalle prime fasi del procedimento davanti all’Autorità e la radicale erroneità della ricostruzione operata nel provvedimento”.
Secondo il Consiglio di Stato, “deve essere escluso il contestato ‘inadempimento’ a quanto imposto dalla sentenza della Corte di Giustizia del 23 gennaio 2018”, richiamato nell’appello da Roche e Novartis, e “deve essere nuovamente rimarcato che, nel caso in esame, nessun Giudice (interno o sovranazionale) ha mai accertato che il Consiglio di Stato abbia, in ipotesi, violato i principi affermati dalla Corte di Giustizia, essendo solo le società ricorrenti a prospettare tale difformità. Per l’effetto, non sussiste alcuna violazione delle norme sovranazionali e costituzionali invocate dalle ricorrenti. Ne deriva che, nel caso in esame, la questione di illegittimità costituzionale prospettata dalle parti è del tutto irrilevante ai fini della decisione”. Inoltre, per i giudici “al riguardo, non possono certo rilevare i pronunciamenti di Autorità estere e neppure la richiamata sentenza del Tribunale penale di Roma. In riferimento a quest’ultimo aspetto è sufficiente rimandare alle considerazioni già esposte nella sentenza n. 2222/21. Per le ragioni esposte (…), deve definitamente concludersi per l’inammissibilità dei ricorsi”.
Da parte sua, Novartis “prende atto con rammarico della decisione del Consiglio di Stato di rigetto del ricorso per revocazione della sentenza con cui il Consiglio di Stato ha definitivamente confermato la sanzione comminata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per presunte condotte anti-concorrenziali in relazione ai trattamenti per degenerazione neovascolare maculare legata all’età. Sin dall’inizio, Novartis ha respinto con forza le accuse avanzate dall’AGCM e ritiene di aver agito con correttezza e nel pieno rispetto delle leggi anti-concorrenza, sempre nell’interesse dei pazienti. Novartis ha come sua missione la salute dei pazienti e collabora con tutti gli interlocutori del sistema per garantire modelli di accesso sempre più sostenibili. Novartis rimane impegnata a migliorare la salute dei pazienti, in conformità con elevati standard aziendali etici e nel rispetto di leggi e regolamenti. Sostiene fortemente i consolidati sistemi legali, medici e regolatori che governano lo sviluppo, l'approvazione e la produzione di medicinali e il loro uso sicuro nei pazienti”. L’azienda “ritiene che le misure che sostengono o incoraggiano l'uso diffuso off-label di un medicinale in un'indicazione non autorizzata, nonostante la presenza di medicinali autorizzati sul mercato, rappresentino una minaccia per il sistema giuridico, medico e normativo che è in vigore per garantire l'approvazione regolatoria e l'uso di farmaci efficaci e sicuri per i pazienti”.
Roche dichiara: “Prendiamo atto della decisione del Consiglio di Stato che ha dichiarato inammissibile il nostro ricorso per revocazione mantenendo quindi la sentenza n.4990 del 2019 che confermava il provvedimento dell’AGCM del 2014. L’inammissibilità stabilita dal Consiglio di Stato è essenzialmente legata a motivazioni procedurali che impediscono di valutare la revoca e/o la revisione delle decisioni ipoteticamente in violazione del diritto europeo”.
Barbara Di Chiara