Le pazienti con tumore al seno HER2-positivo possono ora disporre anche in Italia di una nuova opzione terapeutica che consente di diminuire significativamente le tempistiche di somministrazione delle cure, grazie ad una nuova formulazione sottocutenea. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha infatti approvato la rimborsabilità dell’associazione a dose fissa di pertuzumab e trastuzumab di Roche, somministrabile per iniezione sottocutanea nel trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in fase precoce e metastatica.
L'approvazione è basata sui risultati dello studio di fase III FeDeriCa, che ha dimostrato che il trattamento raggiunge livelli ematici non inferiori rispetto alla somministrazione endovenosa, con un'efficacia sovrapponibile. Anche il profilo di sicurezza del trattamento in associazione alla chemioterapia è risultato analogo alla somministrazione per via endovenosa.
Ridotto tempo di somministrazione e un minor rischio di errori
Si tratta di un traguardo con un impatto importante sul miglioramento della qualità della vita delle pazienti con neoplasia alla mammella HER2-positiva, che rappresenta il 15-20% dei casi di tumore al seno. Il primo vantaggio che le pazienti traggono dalla nuova modalità di somministrazione è sicuramente una riduzione del tempo necessario per ricevere la terapia che, con la nuova formulazione, si riduce a pochi minuti.
“La formulazione sottocute prevede un tempo di somministrazione rapidissimo, se comparato a quello delle classiche formulazioni endovena che si usano regolarmente. Le iniezioni a regime durano 5 minuti (la prima dura leggermente di più, otto minuti), mentre per una somministrazione endovena è necessaria un’ora o un’ora e mezza”, commenta Michelino De Laurentiis (Direttore dell’Oncologia Senologica Istituto Nazionale Tumori "Fondazione Pascale" | IRCCS di Napoli). “La formulazione sottocute consente un uso molto più efficiente delle risorse a disposizione: la poltrona per infusione può essere dedicata a terapie più complesse e gli infermieri che somministrano il trattamento sono impegnati per molto meno tempo”, continua l’esperto. Sottolinea poi che, poiché le fiale sono a dose fisse (a differenza dei farmaci endovena che devono essere preparati in base al peso della paziente), viene abolita ogni possibilità di errore nel dosaggio e la preparazione risulta molto più semplice.
De Laurentiis ha partecipato al progetto PHASTER condotto per misurare i vantaggi organizzativo gestionali della terapia pertuzumab + trastuzumab sottocutanea rispetto alla versione endovenosa. “PHASTER è stato condotto in tre centri italiani. Dai dati iniziali è emerso che l’uso della formulazione sottocute porta a una riduzione del tempo che la paziente trascorre sulla poltrona di infusione dell’81% e a una riduzione del tempo complessivo trascorso in ospedale di circa il 31%. Se riportiamo questi numeri a un ciclo terapeutico di 18 somministrazioni, arriviamo a un guadagno di tempo per la paziente di circa 21 ore”. De Laurentiis continua: “questa somministrazione porta tanti altri vantaggi, che oggettiveremo, relativi al ridotto consumo di risorse sanitarie e a un più efficiente uso delle risorse disponibili”.
Verso una maggiore integrazione ospedale-territorio
La nuova formulazione si inserisce inoltre perfettamente nella prospettiva di una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, come osserva Daniele Generali, Direttore dell’Unità di Patologia Mammaria e Ricerca Traslazionale dell’ASST-Cremona.
“Nella patologia HER2-positiva, l’uso di farmaci che possono essere somministrati sottocute, come la combinazione di pertuzumab e trastuzumab, rivoluziona la storia clinica e la gestione della paziente. Questi farmaci si inseriscono in un contesto di multidisciplinarità e di integrazione ospedale-territorio”. Il Professore sottolinea che la presa in carico del paziente non può essere solo assistenziale (in ospedale svolta da medico e infermiere) ma deve essere anche socio-assistenziale, quindi coinvolgere gli operatori sanitari del territorio e i caregiver. Il fatto che con la formulazione sottocute si riduca il tempo trascorso nella struttura sanitaria va in questa direzione.
“Il PNRR sottolinea l’importanza della relazione ospedale-territorio. Sarà fondamentale avere la possibilità di esternalizzare le cure oncologiche e di prendere in cura i pazienti in contesti protetti e più vicini a loro, non ospedalieri. La formulazione sotto-cute risponde, quindi, a due quesiti fondamentali: il patient journey e il patient engagement”.
Un trattamento a misura di donna
Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia, porta il punto di vista delle pazienti, per le quali la formulazione sottocute può avere importanti implicazioni dal punto di vista psicologico e della qualità della vita. “Permette prima di tutto una somministrazione anche al di fuori dell’ospedale, un luogo che viene vissuto con paura dalla donna. E poi porta un guadagno importante in termini di tempo. C’è anche un terzo elemento: la paziente percepisce psicologicamente il trattamento come ‘più leggero’. Naturalmente non è un farmaco ‘più leggero’, ma lo è dal punto di vista della somministrazione e questo predispone la paziente ad avere un approccio più morbido verso una terapia, che è altrettanto efficace della formulazione endovenosa, ma è più ‘a misura di donna’ ”.
Anche l’Avv. Alessandro Delle Donne, Direttore Generale Istituto Oncologico Giovanni Paolo II di Bari, sottolinea l’importanza di una riduzione del tempo di somministrazione: “Il tempo è una risorsa indisponibile per definizione. Passa inesorabilmente e inesorabilmente va avanti anche la malattia. Questa terapia è veloce, facile da somministrare e garantisce il minor disagio possibile per la paziente”.
Delle Donne osserva anche che una somministrazione rapida e semplice garantisce un maggior turnover delle pazienti, un maggior ricavo per la struttura che somministra la terapia e una riduzione dei costi, diretti e indiretti.
“Da tempo le case farmaceutiche e gli istituti oncologici dediti alla ricerca di soluzioni innovative cercano di rendere questa patologia meno aggressiva e di cronicizzarla, per arrivare idealmente alla remissione totale”, conclude. “Siamo lieti di accogliere questa innovazione scientifica e tecnologica sapendo che porterà un indubbio vantaggio in termini di organizzazione e soprattutto per le nostre pazienti, per cui il tempo è una risorsa insostituibile”.
C.d.F.