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Fibromi uterini, attenzione agli ftalati


Alcuni ricercatori della Northwestern University, in Illinois, hanno avanzato un’ipotesi sulla correlazione tra l’esposizione agli ftalati e l’aumento dei fibromi uterini. A giocare un ruolo fondamentale in questo processo sarebbe lo stesso recettore coinvolto nella risposta all’esposizione della diosssina.

15 NOV -

Un team della Northwestern University ha evidenziato il possibile meccanismo che collega, a livello causale, gli ftalati che si trovano nell’ambiente – composti chimici tossici presenti in tanti prodotti di uso comune – e l’aumento della crescita di fibromi uterini. I risultati dello studio sono stati pubblicati da Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Gli ftalati vengono usati in tantissimi prodotti industriali e di consumo e sono stati rintracciati anche in alcuni cibi.

Per quel che riguarda i fibromi uterini, invece, fino all’80% delle donne può svilupparne uno nel corso della vita e un quarto di esse diventa sintomatica, con sanguinamento uterino eccessivo o incontrollato, anemia, aborti, infertilità e tumori addominali che necessitano di interventi chirurgici.

Lo studio pubblicato da PNAS ha evidenziato che le donne con un’elevata esposizione agli ftalati e ai metaboliti di questi composti presentano un aumento del rischio di avere fibromi sintomatici.

Gli autori avanzano un’ipotesi sul possibile meccanismo dietro a questo collegamento: l’esposizione ad alcuni ftalati noti come DEHP, di-2-etilesilftalato, può attivare un pathway ormonale che, a sua volta, attiva un recettore che lega il DNA e causa un aumento della crescita dei fibromi. Si tratta dello stesso recettore coinvolto nella risposta alla diossina

Fonte: PNAS 2022



15 novembre 2022
© Riproduzione riservata

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