Genetica, ambiente ed età hanno tutti un ruolo importante per la salute umana. Tuttavia, uno studio recente ha evidenziato che, in molti casi, l’età gioca un ruolo più importante della genetica nel determinare quali geni nel nostro organismo devono restare ‘accesi’ o ‘spenti’, influenzando la suscettibilità alle malattie. Lo studio, condotto da un team dell’Università della California di Berkeley, guidato da Peter Sudmant, è stato pubblicato da Nature Communications.
Il team ha costruito un modello statistico per valutare i relativi ruoli di genetica e invecchiamento in 27 diversi tessuti umani provenienti da quasi mille persone e ha osservato che l’impatto dell’invecchiamento varia ampiamente, più di venti volte, tra i tessuti. Questo processo naturale, dunque, sembra essere più importante della variazioni genetiche nell’impatto sull’espressione di molti geni, man mano che si va avanti con l’età.
Di conseguenza, mentre il profilo genetico svolge un ruolo fondamentale quando si è più giovani, è meno utile nel predire l’espressione dei geni quando si invecchia.
I risultati della ricerca sono in linea con la cosiddetta ipotesi di Medawar, secondo la quale i geni che sono accesi quando si è giovani sono ‘obbligati’ a rispettare l’evoluzione perché hanno un ruolo fondamentale nella sopravvivenza, mentre i geni espressi dopo l’età riproduttiva – nello studio l’età media dei tessuti superava i 55 anni – non subiscono la “pressione” dell’evoluzione.
Tuttavia, come evidenziano Sudmant e colleghi, l’ipotesi di Medawar non è valida per tutti i tessuti. In cinque tipi tra i 27 tessuti analizzati, infatti, geni importanti nel processo evlutivo erano espressi a livelli elevati anche nelle persone più anziane.
Fonte: Nature Communications 2022