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Talidomide. A 50 anni dalla tragedia i produttori chiedono scusa, ma per i pazienti non basta


Distribuito tra gli anni ’50 e ’60 il medicinale contro le nausee mattutine aveva causato la nascita di oltre 10 mila bambini con gravi malformazioni, anomalie cardiache e problemi cerebrali. La casa farmaceutica chiede scusa, ma per pazienti e associazioni “devono seguire altri risarcimenti”.

04 SET - Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso un nuovo farmaco prometteva di eliminare malesseri e nausee mattutine dovute alla gravidanza. Poi, nel giro di qualche anno la terribile scoperta: il talidomide, questo il nome del medicinale tristemente famoso, ritirato nel 1961, era responsabile di gravi malformazioni e deficienze per i neonati. Oggi, dopo cinquanta anni di silenzio, i produttori chiedono scusa. Ma il gesto, sebbene plateale, è sufficiente? Secondo molti no.
                 
L’annuncio è arrivato venerdì: HaraldStock, direttore esecutivo del Grünenthal Group, compagnia farmaceutica che commercializzò il farmaco, ha chiesto scusa pubblicamente ai pazienti e alle famiglie. L’annuncio è avvenuto proprio nel corso di una cerimonia di commemorazione per i bambini che hanno subito gli effetti collaterali deltalidomide che si è tenuta a Stolberg nella regione della Renania Settentrionale-Vestfaliain Germania. Stock si è rivolto alle vittime e alle loro famiglie, precisando anche di essere consapevole che le scuse arrivano con troppo ritardo. “Ci scusiamo per  il fatto che non abbiamo trovato modo di venire a scusarci con voi, uno per uno, per quasi cinquanta anni. Siamo stati in silenzio, e ci scusiamo per questo. In parte questo silenzio è dovuto allo shock che tutta la questione ha causato anche in noi”, ha commentato, aggiungendo poi che prima di mettere in commercio la sostanza erano stati fatti tutti i test possibili, date le conoscenze scientifiche degli anni Cinquanta.
 
Il farmaco della casa tedesca ha però causato pesanti malformazioni a più di 10 mila bambini in tutto il mondo (soprattutto australiani, canadesi, europei e giapponesi), molti dei quali sono nati con braccia e gambe troppo corte o addirittura senza uno o più arti, problemi alla vista o all’udito, anomalie cardiache o danni cerebrali. Per questo per molti le scuse non bastano, per altri non sono abbastanza profonde, per altri ancora – soprattutto per chi dice che i produttori erano in realtà consapevoli dei rischi del farmaco – non sono sincere.
 
Martin Johnson, direttore della UK Thalidomide Trust, organizzazione che supporta in Gran Bretagna i sopravvissuti al talidomide e le loro famiglie, ha infatti commentato in un’intervista alla Bbc che “sebbene la notizia che i produttori stiano prendendo atto della loro responsabilità è positiva, non è possibile continuare a perpetrare l’idea che nessuno potesse sapere quali terribili effetti collaterali potesse avere il farmaco”. Aggiungendo poi: “Si stanno raccogliendo prove che dimostrano quello che si sapeva. Alle scuse dovrà seguire l’ammissione di illecito”.
“Dovrebbero essere scuse senza riserve, non condizionate: pensiamo che una presa di coscienza sincera e genuina è una in cui si ammettono i propri crimini”, ha poi aggiunto Nick Dobrik, membro del comitato consultivo nazionale dell’organizzazione. “Il fatto che l’azienda non l’abbia fatto è ciò che ha veramente insultato i pazienti che hanno subito conseguenze dall’assunzione del farmaco”.
 
Qualcuno, poi, si chiede perché le scuse arrivino proprio ora. “Sono passati oltre 50 anni dalla tragedia del talidomide, perché il Grünenthal Group risponde solo ora?”, si è chiesto Freddie Astbury, medico alla Thalidomide UK Agency (altra organizzazione inglese a sostegno dei pazienti), intervistato dal New York Times. “Bisogna dire che i risarcimenti arrivati ad alcuni sopravvissuti in Inghilterra, così come in Germania o altrove, non sono sufficienti”.
 
Secondo alcuni pazienti il motivo per il quale l’esternazione dell’azienda giunge oggi è la necessità di sfruttare a proprio favore una crescente attenzione ai bisogni dei disabili, anche in vista della conclusione di una class action ancora aperta in Australia: “Probabilmente hanno scelto questo momento sperando di dare risalto alle loro scuse anche tramite le paraolimpiadi”, hanno fatto sapere le associazioni di pazienti. “Le scuse sono un punto di partenza, ma non bastano: quando sei disabile le cure costano molto, e noi bambini vittime del talidomide oggi ci avviciniamo ai sessant’anni e abbiamo bisogno di assistenza: le nostre case devono essere in grado di ospitarci, le nostre macchine devono essere adatte alle nostre esigenze. Se sono seriamente dispiaciuti che si adoperino per fornirci questo tipo di aiuti. Non abbiamo chiesto noi di nascere così”.
 
Insomma, in fin dei conti il gesto della casa farmaceutica, invece che portare il perdono sperato, potrebbe aver avuto la sola conseguenza di riaccendere la rabbia dei pazienti. “Si tratta solo di un’azione di pubbliche relazioni: vogliono farci sapere che il talidomide è ancora nella loro agenda, ma senza doversi sforzare troppo di agire di conseguenza, e preoccuparsi seriamente di chi sarà per sempre disabile”, fanno sapere ancora le associazioni delle vittime.
 
Ma il più duro nei toni, forse, è Harold Evans, oggi editore di Reuters che a partire dagli anni Sessanta fece partire un’enorme campagna dalle pagine del Sunday Times per far risarcire i pazienti vittima del talidomide: “La giustizia ritardata è una giustizia negata”, ha detto secco. “Cinquant’anni di ingiustizia non possono essere cancellati dalle scuse più sentite, soprattutto se non sono accompagnate dal tentativo di offrire un indennizzo soddisfacente per il dolore e le sofferenze quotidiane causate alle migliaia di sopravvissuti”.
 
Laura Berardi

04 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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