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Trapianti. Fotoferesi extracorporea salvavita, ma non rimborsata con un’adeguata tariffa: accesso precluso a molti pazienti


Questo nonostante la procedura sia inserita nei Lea e la stima del costo per singolo trattamento sia di circa mille euro, un impegno economico sostenibile per il Ssn. Presentato oggi alla Camera da esperti, insieme al Cns e con il supporto di Ail, lo studio dei costi, commissionato alla Bocconi. Mandelli: “Porre in essere azioni concrete per assicurare l’effettiva erogabilità della terapia”

30 MAR - Salvavita, ma non per tutti: è il caso della Fotoferesi Extracorporea, una terapia che si è dimostrata efficace nel trattamento di condizioni cliniche particolarmente complesse - come la prevenzione del rigetto d’organo dopo un trapianto di cuore o di polmone, la malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD), che può verificarsi in seguito al trapianto di cellule staminali o di midollo osseo, il linfoma cutaneo a cellule T - ma per la quale, nonostante l’inserimento tra i Lea, la mancanza di una tariffa adeguata preclude l’accesso alla procedura ad un elevato numero di pazienti.

Ad accendere i riflettori su questa situazione, chiedendo che venga definita con urgenza una tariffa univoca a livello nazionale, uniformando l’Italia agli standard europei per accesso alla terapia, sono stati gli esperti intervenuti all’evento “La Fotoferesi Extracorporea (ECP): dall’inserimento nei Lea all’effettivo accesso dei pazienti alle terapie”, che si è svolto oggi alla Camera dei Deputati.
 
L’iniziativa ha visto il coinvolgimento di un board di esperti del Centro Nazionale Sangue, della Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare (SidEM), della Sda Bocconi School of Management e il supporto dell’Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma (Ail), ed è stata realizzata con il contributo non condizionante di Mallinckrodt Therakos.
 
Un incontro dal quale sono emerse posizioni condivise da clinici, pazienti e Istituzioni e supportate da evidenze scientifiche, sulla necessità di garantire un accesso omogeneo alla Fotoferesi Extracorporea a tutti i pazienti che possono beneficiare di questa terapia salvavita. Posizioni che saranno sottoposte all’attenzione del Ministero della Salute “affinché la richiesta del riconoscimento di una tariffa adeguata trovi una risposta concreta a beneficio della comunità dei pazienti, dei clinici e del Ssn”.

“Una prestazione salvavita, inserita nei Lea ma non rimborsata attraverso un’adeguata tariffa, come accade per la fotoferesi extracorporea – ha evidenziato Andrea Mandelli, Vice presidente della Camera dei Deputati – è uno di quei punti di debolezza del Sistema che impatta negativamente sull’accesso alle terapie per i pazienti, ostacolando la realizzazione di un universalismo effettivo che è il vero obiettivo del nostro Ssn. Abbiamo fortemente sostenuto il confronto di oggi per richiamare l’attenzione sulla necessità di porre in essere azioni concrete per assicurare l’effettiva erogabilità della terapia, che ha dimostrato di migliorare la salute se non addirittura di dare una speranza di vita a tanti pazienti affetti da gravi patologie”.

“La Fotoferesi Extracorporea rappresenta un trattamento per malattie immunomediate e, considerata la sua rilevanza, rientra nei Lea. Tuttavia, come medico e rappresentante delle istituzioni, condivido la necessità di ridurre sempre più le differenze territoriali delle Regioni per una presa in carico adeguata di tutti i pazienti e su tutto il territorio nazionale” ha aggiunto Fabiola Bologna, Membro XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati.

La stima dei costi. A sostegno della definizione di una tariffa nazionale, il Centro Nazionale Sangue, la Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare (SidEM) e la Sda Bocconi School of Management hanno presentato il primo studio che ha misurato l’impatto della Fotoferesi Extracorporea in termini di outcome clinici, qualità di vita e sostenibilità per il Ssn con l’obiettivo di individuare strategie funzionali per un accesso alla terapia più ampio e paritetico da parte dei pazienti.
La stima del costo per singolo trattamento, emersa dallo studio, è di circa mille euro: un impegno economico sostenibile per il Ssn, sottolineano gli esperti, soprattutto se rapportato ai costi da affrontare per la gestione di eventuali decorsi complessi delle patologie e ricoveri.

“Le nostre analisi, condotte secondo i principi della Value-Based Healthcare, restituiscono finalmente, a fronte di evidenze cliniche note da tempo, un quadro di costo sostenibile per la procedura. Inoltre, mostrano quali possibili leve possono essere attivate dalle singole strutture sanitarie per governare i profili di qualità e efficienza connessi all’erogazione dell’Ecp”, hanno spiegato Francesca Lecci, Associate Professor of Practice di Government, Health and Not for Profit e Marco Morelli, Associate Professor of Practice di Accounting and Control della Sda Bocconi School of Management.

“Il Centro Nazionale Sangue – ha dichiarato Simonetta Pupella, Direttore Area Sanitaria e Sistemi Ispettivi del Cns – ha accolto positivamente e si è unito allo sforzo sinergico della Sda Bocconi e della SidEM volto ad analizzare il problema attraverso un approccio metodologico adeguato e a fornire ai decisori politici gli elementi utili, non solo economici ma anche di outcome clinico, per colmare il gap tra riconoscimento scientifico della appropriatezza della prestazione e la sua omogenea erogabilità”,
 
La Fotoferesi extracorporea è una terapia immonomodulatoria che consiste nella raccolta dei globuli bianchi del paziente, poi sottoposti ad una terapia attivata dai raggi Uva prima di essere rinfusi. Studi clinici ed evidenze di real-world hanno confermato l’efficacia e la sicurezza della fotoferesi per il trattamento della GVHD, del linfoma cutaneo a cellule T, e del rigetto post trapianto di organo solido.

“Per SidEM, l’incontro odierno è un’opportunità inseguita da tempo – ha affermato Giustina De Silvestro, Uoc Immunotrasfusionale, Ao di Padova, Comitato Scientifico SidEM – siamo consapevoli che si tratta di un’attività di nicchia, riservata a un numero limitato di pazienti, ma si tratta di una possibilità terapeutica ancora oggi fondamentale per la sopravvivenza di bambini e adulti affetti da patologie gravi. Siamo convinti che potersi confrontare direttamente con il decisore faciliterà il percorso del riconoscimento della fotochemioterapia extracorporea/fotoferesi come terapia essenziale del percorso di cura dei nostri malati”.

“La Fotoferesi Extracorporea ha dimostrato di poter fare la differenza nel mitigare gli effetti della GvHD e contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone – ha sottolineato Felice Bombaci, Responsabile nazionale Gruppo Ail Pazienti – come rappresentante dei pazienti onco-ematologici, ritengo che la Ecp debba essere resa disponibile a tutti i pazienti che ne possono beneficiare eliminando le disparità di accesso a cui oggi assistiamo sul territorio nazionale”.

“La malattia del trapianto verso l’ospite (GvHD), rappresenta la maggior causa di morbidità correlata al trapianto di cellule staminali da donatore – ha spiegato Fabio Ciceri, Primario Unità di ematologia e Trapianto di Midollo Osseo e Oncoematologia, Irccs Ospedale San Raffaele Milano e Presidente Gitmo – il perfezionamento delle cure della GvHD rappresenta l’attuale sfida maggiore nel massimizzare il potenziale curativo del trapianto”.
 
“Il trapianto polmonare è il più delicato dei trapianti di organi solidi salvavita. In Italia si eseguono circa 150 trapianti di polmone ogni anno – ha dichiarato Mario Nosotti, Direttore Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone, Policlinico Milano – essendo un organo estremamente ‘immunogenetico’ circa il 30% dei pazienti ogni anno va incontro al rigetto cronico. La Fotoferesi Extracorporea è l’unica speranza di vita per pazienti trapiantati di polmone con rigetto cronico se si esclude il re-trapianto, una pratica ancor più complessa e non sempre utilizzabile”.
 
“La Fotoferesi Extracorporea rappresenta il trattamento di prima linea, da solo o eventualmente in associazione ad altri presidi terapeutici, per pazienti con linfoma cutaneo eritrodermico e con cellule in circolo (sindrome di Sezary) – ha aggiunto Pietro Quaglino, Professore Associato di Dermatologia Clinica, Dipartimento Scienze Mediche, Università di Torino – in questi pazienti il trattamento può indurre risposte in più del 50% dei casi, senza indurre immunodepressione. Inoltre, le risposte spesso sono di lunga durata e il profilo di safety è estremamente favorevole”.
 

30 marzo 2022
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