Lorenzin ai medici: “La ‘prescrizione’ deve diventare ‘educazione terapeutica’ del paziente”
15 OTT - I tempi sono “maturi per cambiare l’approccio al paziente degli operatori sanitari coinvolti; i termini ‘prescrizione’ o ‘dispensazione”’ (che sottintendono un atteggiamento passivo da parte del malato) devono essere abbandonati e lasciare il posto alla cosiddetta educazione terapeutica che spieghi l’iter della malattia, i sintomi di peggioramento e i rimedi da seguire”. Ad affermarlo è stato il
ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nel suo
messaggio inviato al convegno sull’uso dei Biosimilari svolto oggi al ministero della Salute.
Per Lorenzin, dunque, è “indispensabile adottare strategie per sviluppare una compliance terapeutica attiva, vale a dire un atteggiamento dinamico del paziente che renda la relazione con il medico e con la terapia più semplice ed efficace allontanando i pericoli insiti nel non allineamento alle indicazioni dettate dal medico curante”.
Nel messaggio Lorenzin ha affrontato anche una questione relativa alle prescrizioni e alle terapie, rispondendo alla denuncia espressa da cittadini e società scientifiche rispetto alle difformità di regole e provvedimenti regionali in materia che possono causare differenze nelle modalità di accesso ai farmaci biotecnologici e alla loro prescrizione. “Non posso che sottolineare l’impegno del Ministero della Salute per il superamento di queste, come di molte altre difformità nei livelli assistenziali”, ha risposto il ministro.
Ecco il testo integrale del messaggio del ministro Beatrice Lorenzin al convegno “Biosimilari: una scelta informata”
"Gentilissimi,
voglio, innanzitutto, ringraziare del cortese invito a partecipare al Convegno “Biosimilari: una scelta informata”. Avrei desiderato intervenire per portare il mio personale saluto a tutti i presenti; purtroppo improvvisi impegni non mi consentono di prendere parte a questo importante evento.
Per il medico avere un buon rapporto con i propri pazienti migliora l'efficacia delle cure, fa bene a lui ed al servizio sanitario nazionale nel suo complesso. Basti pensare al delicato tema sull’utilizzo dei farmaci: assunzione in dosaggi eccessivi o insufficienti, interruzione delle terapie senza il suo consenso, mancata conoscenza degli effetti dei farmaci o dei rischi di reazioni avverse derivanti dall'interazione con altri medicinali, sono solo alcuni dei problemi che caratterizzano il complesso rapporto tra medico, pazienti e medicinali, con possibili danni per la salute e, di conseguenza, costi assistenziali più alti a carico dello Stato.
Ritengo, dunque, indispensabile adottare strategie per sviluppare una compliance terapeutica attiva, vale a dire un atteggiamento dinamico del paziente che renda la relazione con il medico e con la terapia più semplice ed efficace allontanando i pericoli insiti nel non allineamento alle indicazioni dettate dal medico curante.
Oggi questo tema è giustamente considerato una delle più delicate barriere per il raggiungimento del risultato clinico voluto. Si pensi che un rapporto empatico sviluppato tra il medico ed il paziente riduce, per esempio, di quattro volte il rischio di ricoveri. Purtroppo, ancora oggi, pochi camici bianchi ascoltano davvero i bisogni dei malati.
Ritengo, quindi, che i tempi siano maturi per cambiare l’approccio al paziente degli operatori sanitari coinvolti; i termini “prescrizione” o “dispensazione” (che sottintendono un atteggiamento passivo da parte del malato) devono essere abbandonati e lasciare il posto alla cosiddetta educazione terapeutica che spieghi l’iter della malattia, i sintomi di peggioramento e i rimedi da seguire. Possiamo dire, allora, che stiamo passando da un mondo “farmaco-centrico” ad un mondo “paziente-centrico”. Il paziente deve diventare l'hub, il centro nevralgico, del sistema.
Capiamo, allora, come sia dirimente cambiare le regole d’ingaggio di questo rapporto. E’ più probabile, infatti, che i pazienti si attengano alle prescrizioni se hanno un buon rapporto con il loro medico. Un rapporto che miri al pieno coinvolgimento nelle decisioni da prendere e che mostri interesse riguardo al fatto che essi seguano le sue indicazioni. Abbiamo oramai l’evidenza che i pazienti vogliono avere informazioni riguardo la loro malattia, anche di fronte a malattie terminali: dopo un primo momento di scoramento, la consapevolezza riduce l’ansia e mette il paziente in condizione di affrontare meglio terapia, percorso e conseguenze della malattia. Incoraggiare i pazienti a porre domande e a esprimere le loro preoccupazioni interagendo con il proprio medico può aiutarli ad adattarsi alla gravità della loro malattia e a soppesare in modo consapevole i vantaggi e gli svantaggi di un regime terapeutico.
In quest’ottica il desiderio dei sistemi sanitari è che il paziente sia a conoscenza ed informato della propria malattia e, soprattutto, volontariamente o per obbligo divenga finalmente responsabile in prima persona della propria salute, e sia coinvolto nella decisione medica definitiva ottenendo rispetto di tali decisioni da parte dei professionisti. Per cui si potrebbe considerare questa relazione una nuova struttura relazionale medico - paziente e una nuova probabile misura di miglioramento di qualità nei sistemi sanitari. Ma in generale, è importante che fra tutti gli attori coinvolti e fra tutti gli operatori sanitari investiti nella cura di un paziente esista un processo di comunicazione continuo.
Ascoltare le ragioni e le emozioni del paziente sono il punto di partenza fondamentale per avere una visione più ampia e circostanziata della patologia e mettere in atto una miglior diagnosi per prescrivere terapie più adeguate che poi saranno seguite con maggior convinzione e attenzione. Le parole curano tanto quanto i farmaci. Di conseguenza, se si riuscirà, anche in Italia, ad ottenere una crescita dell’intero sistema coinvolto avremmo raggiunto un importante risultato in termini sia di salute per il cittadino che di servizio per il nostro SSN.
Un’altra questione sollevata dall’indagine presentata oggi che ha coinvolto diverse Società Scientifiche e Associazioni dei pazienti è quella della difformità di regole e provvedimenti in sede locale che possono causare differenze nelle modalità di accesso ai farmaci biotecnologici e alla loro prescrizione da parte del medico.
In proposito non posso che sottolineare l’impegno del Ministero della Salute per il superamento di queste, come di molte altre difformità nei livelli assistenziali, che purtroppo si sono venute a creare negli anni anche a causa di una eccessiva frammentazione delle competenze in campo sanitario tra livello centrale e livello regionale.
Una delle modifiche nell’ambito della Riforma costituzionale approvata in questi giorni dal Senato riguarda il Titolo V con la scelta di abbandonare la logica della legislazione concorrente a favore di una netta separazione della potestà legislativa con un sostanziale rafforzamento delle prerogative dello Stato cui è demandata la potestà esclusiva, non solo nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, ma anche delle “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute”.
Una novità importante, alla quale si aggiungeranno presto i nuovi livelli essenziali di assistenza che terranno conto di molti nuovi bisogni ed esigenze di tutela della salute che da anni attendono di essere finalmente riconosciuti a livello nazionale.
Nella certezza che la giornata odierna rappresenterà un momento di confronto e riflessione su questa tematica di grande attualità, auguro a tutti i presenti buon lavoro!"
Beatrice Lorenzin
Ministro della Salute
15 ottobre 2015
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