Pesentazione del Rapporto, gli interventi delle istituzioni
20 NOV - Bisogna dare uniformità alle cure. Nonostante i pazienti diabetici possono fare affidamento su una rete di cure d’eccellenza, ci sono ancora alcune criticità da superare. Non tutte le Regioni marciano alla stessa velocità. E per sanare il gap serve un governo centrale forte che dia un indirizzo univoco, pur nel rispetto dell’autonomia regionale. È quanto emerso questa mattina nel corso della presentazione dell’Italian barometer diabetes Report che, oltre a fornire una fotografia dettagliata di quella che possiamo considerare la pandemia del 21° secolo, descrive una rete assistenziale efficiente.
A sostenere con forza la necessità di dare uniformità alle cure e di restituire a un governo centrale il timone è la senatrice
Maria Rizzotti, vicepresidente della commissione sanità. Comunque, sul fronte delle cure i risultati raggiunti in Italia sono tangibili. Anche se bisogna aumentare le azioni di contrasto.
“Grazie alle azioni di contrasto abbiamo raggiunto grandi risultati – ha spiegato
Antonio Tomassini, presidente dell’associazione d’iniziativa parlamentare e legislativa sulla salute e prevenzione – siamo migliorati del 20% nel contrastare i disturbi lievi e del 50% per quelli complicati. Gli infarti sono diminuiti del 50%, le malattie neurologiche del 37%. I morti sono scesi del 21%. Tutto questo è un viatico importante per continuare su questa strada. Le sfide da perseguire ora sono l’accesso all’innovazione: dobbiamo avere più coraggio, quello che costa oggi fa risparmiare domani. L’altra sfida è la territorializzazione. Si parla di hub & spoke ma dobbiamo realizzarlo veramente. Anche perché di Hub ne vedo molti, spoke pochi. Bisogna continuare a lavorare sul fronte della prevenzione – ha aggiunto – che deve però essere affrontata in un’ottica di dinamicità con piani diagnostico terapeutici e sorveglianza stretta. Ma occorre anche rivedere Drg e i Lea, perché quello creato 25 anni fa ha fatto il suo tempo”.
La perseveranza e il lavoro svolto in questi anni hanno dato quindi risultati importanti, ma non bisogna abbassare la guardia. Soprattutto difronte alla differente offerta di cure tra Regione e Regione. Ne è convinta la senatrice
Emanuela Baio, presidente del comitato nazionale per i diritti della persona con diabete. “È di grande soddisfazione sapere che il lavoro svolto nella passata legislatura ha raggiunto importanti obiettivi – ha detto – ma subito dopo bisogna cercare di capire come possiamo tradurre questa l’eredità per continuare a crescere, per rispondere alle criticità in primis al federalismo disordinato. Abbiamo una rete di centri per il diabete diversissimi tra loro e non abbiamo criteri scientifici estendibili a tutto il territorio. C’è una multidisciplinarietà diversa”.
Come uscire dall’impasse? Per Baio bisogna innanzitutto alle Regioni che hanno avuto il coraggio di recepire il piano nazionale per il diabete: “Sono quattro i punti fondamentali del piano: le hight care, le cure farmacologiche, il salf care e il corretto stile di vita. Sull’aspetto farmacologico le società scientifiche continuano a lavorare. Ma c’è un punto critico che riguarda il self care: ogni Regione fa quello che vuole, anche perché non c’è un controllo centrale. L’autocontrollo è invece essenziale per la persona diabetica e esige una educazione costante del paziente. Per questo – ha concluso – propongo di partire dalla Basilicata, una regione che sta lavorando da tempo su questo aspetto con l’istituzione di un osservatorio, per diffondere questo modello sul territorio nazionale”.
20 novembre 2013
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