Il trattamento dell'Epatite C alla luce del Piano Nazionale. Parla Antonio Gasbarrini
24 APR - Il Piano Nazionale Epatiti, presentato nella sua prima stesura presso il Ministero della Salute nel novembre 2012, nasce per rispondere alla risoluzione 63.18 della OMS che invita gli stati membri a adottare con urgenza specifici piani nazionali per la lotta alle epatiti virali.
Antonio Gasbarrini, Professore ordinario di Gastroenterologia all’Università Cattolica di Roma e Presidente della Fondazione Italiana Ricerca in Epatologia (FIRE), ci spiega quali sono le priorità per l'epatite C contenute nel recente Piano.
“Il piano, sviluppato in concerto tra Istituzioni ed Associazioni di Medici e Pazienti, ed attualmente in fase di approvazione, si propone di raggiungere 5 obiettivi”, ha spiegato. “Per prima cosa bisogna definire con esattezza l’attuale epidemiologia delle epatiti da virus C e B in Italia e migliorare i sistemi di sorveglianza; poi prevenire la trasmissione delle epatiti virali; in seguito, incrementare le conoscenze sulle epatiti virali e sulle modalità di trasmissione. Inoltre, bisogna ancora ottimizzare il sistema di accesso alle cure delle epatiti ed in particolare: inserire la lotta alle epatiti virali tra gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale, armonizzare i PDTA presenti nelle varie regioni italiane, realizzare una rete dei centri di eccellenza, promuovere un registro nazionale dei pazienti con epatite virale. E infine, bisogna migliorare la qualità di vita dei soggetti infetti e dei loro familiari”.
Gasbarrini ha aggiunto poi: “Nonostante gli effetti devastanti dell’epatite C nel documento si afferma che la patologia è ora considerata prevenibile e in gran parte curabile grazie ai recenti progressi nello sviluppo di nuove terapie. Il report rileva però che se una minima parte di pazienti (10%) è attualmente sottoposta a un trattamento, c’è una notevole disparità nell’accesso alle cure tra i vari paesi.
Ma come mai solo ora un piano nazionale, nonostante il quadro drammatico italianosoprattutto per quanto riguarda l'epatite C in Italia? “Purtroppo, nonostante l’Italia abbia un elevato tasso di infezione da virus C (1.5-2% della popolazione generale con profonde differenze tra nord e sud ed elevata prevalenza nella fascia dei baby boomers nati tra il 1940 e il 1960), non si sono mai adottate specifiche strategie di lotta verso tale forma di epatite purtroppo silente per vari anni”, ha concluso. “Tale mancanza è ancora più grave se si considera l’elevatissimo numero di soggetti che hanno poi sviluppato cirrosi (oltre 200.000) e poi epatocarcinoma come conseguenza di malattia. Speriamo che tale Piano Nazionale Epatiti venga reso operativo al più presto.”
24 aprile 2013
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