Malati reumatici: quando la malattia diventa invisibile
28 NOV - “Gli effetti delle malattie reumatiche sono tutt’altro che invisibili, rappresentano una realtà concreta che coinvolge oltre 5 milioni di italiani vittime dell’ostruzionismo burocratico oltre che della malattia. Ma quest’emergenza sanitaria, di dimensioni sempre crescenti, sarebbe meritevole di maggiore attenzione da parte delle autorità sanitarie e della comunità medica”. Parole di Marco Matucci Cerinic, Presidente della Società Italiana di Reumatologia e Professore Ordinario di Reumatologia e Direttore Struttura Complessa di Reumatologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (AOUC), che a conclusione del XLIX Congresso Nazionale (Milano, 21-24 novembre 2012) continua la sua battaglia per togliere i malati reumatici da quell’invisibilità che, associata a una reale disabilità, ne pregiudica fino a renderne quasi impossibile il normale svolgimento della vita quotidiana.
Le malattie reumatiche comprendono oltre 100 patologie,la maggior parte delle quali ad alto potenziale invalidante e tutte accomunate dal dolore che, molto spesso, si cronicizza configurandosi quindi come una malattia nella malattia. Nel primo caso il dolore costituisce un segnale di allarme fisiologico utile a segnalare l’insorgenza di una malattia, nel secondo, quando si giunge alla cronicizzazione, si configura come una patologia vera e propria, che va adeguatamente trattata. L’allarme lanciato dalla Società Italiana di Reumatologia trova conferma anche dai numeri. Da un’indagine svolta nel 2011 da ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici) e da ONDA (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna) su una base di 719 malati reumatici, circa l’80% degli intervistati, soprattutto donne, dichiara di soffrire di dolore cronico.
Comunemente la terapia del dolore, regolata dalla legge 38 del 15 marzo 2010, prevede l’utilizzo di farmaci antidolorifici e antiinfiammatori per trattare il dolore lieve e gli oppioidi in caso di dolore intenso resistente ad altri trattamenti farmacologici. Nonostante negli ultimi due anni si sia registrato un aumento nell’utilizzo degli oppioidi, il rapporto dello scorso marzo inviato al Parlamento dal Ministero della Salute evidenzia come in realtà vi sia una marcata disomogeneità e un grande divario tra Regione e Regione sia nelle prescrizioni che nella creazione di reti assistenziali regionali e nazionali, anch’esse previste dalla normativa. “L’Italia, in ambito europeo, è fanalino di coda nell’utilizzo medico degli oppioidi, nei confronti dei quali devono cadere quelle barriere ideologiche, anche della classe medica, che finora ne hanno impedito la necessaria diffusione e l’impiego appropriato – ha puntualizzato Matucci Cerinic – Tali preconcetti hanno come unico risultato la compromissione della salute e della qualità di vita del malato”.
La terapia del dolore rappresenta ovviamente solo un aspetto del trattamento delle malattie reumatiche per le quali oggi esistono farmaci molto efficaci. Anche in questo caso l’attenzione al malato sembra essere posta in secondo piano sia rispetto alla necessità di contenimento della spesa in un’ottica di breve periodo, sia in termini di rapido accesso alle terapie. “L’avvento dei farmaci biotecnologici ha aperto nuove prospettive terapeutiche portando significativi risultati nel controllo della malattia, nell’arresto del danno strutturale, nel recupero dell’abilità e della produttività – ha illustrato Matucci Cerinic – In alcuni casi, generalmente malattie reumatiche rare, il loro utilizzo si è rivelato efficacie anche in un impiego “off label”, cioè al di fuori delle indicazioni previste dalla scheda tecnica approvata dall’Aifa. Nonostante questo particolare uso rappresenti l’eccezione piuttosto che la regola e nonostante risulti spesso determinante, l’impiego “off label” dei farmaci biotecnologici incontra serie difficoltà burocratiche a carattere regionale, pur essendo circoscritto a pochi casi.”
L’Italia però si caratterizza tra i Paesi europei con il più basso tassodi penetrazione dei farmaci biotecnologici, posizionandosi poco al di sopra dell’Ungheria. Questo dato va inserito in un contesto più globale che comprende in generale l’accesso all’innovazione e che vede l’Italia con una media di 326 giorni di ritardo tra l’autorizzazione dell’EMA e la disponibilità dei farmaci a livello nazionale e, entrando sempre più nel dettaglio, la situazione è ulteriormente complicata dalle evidente difformità tra Regione e Regione per quanto riguarda i tempi d’inserimento dei farmaci nei rispettivi prontuari terapeutici (PTOR). “Questa situazione contrasta con il diritto di tutti gli italiani a un’assistenza improntata ad un principio di uguaglianza e non di discriminazione – ha concluso Matucci Cerinic – È quindi assolutamente necessario prevedere regole sovrane-regionali che coniughino la soddisfazione delle legittime aspettative dei pazienti con la sostenibilità del sistema.”
La Società Italiana di Reumatologia, infine, auspica a un potenziamentodelle rete sanitaria territoriale, con una maggiore connessione tra le strutture periferiche e i Centri di riferimento, per poter garantire ai pazienti diagnosi precoce e appropriatezza terapeutica in campo reumatologico e un supporto multidisciplinare ed efficiente anche in tema di terapia del dolore in modo da cercare di restituire al paziente una quotidianità senza ostacoli e sfatare l’aforisma dello statunitense Francis Scott Fitzgerald che recita “A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere” che allo stato attuale descrive appieno la condizione dei malati reumatici.
28 novembre 2012
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