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Diabete, ecco qual è l’iniezione ideale da insulina per ridurre il rischio infarto. I risultati dello studio italiano su Diabetology 

di Elisabetta Caredda 

Condotta dalla Società Italiana di Metabolismo, Diabete ed Obesità (Simdo), la ricerca vede tra gli estensori anche le persone con diabete. “Le caratteristiche delle modalità iniettive diventano la chiave per ottenere l’ottimale compenso metabolico, favorire l’aderenza al trattamento e un miglior controllo dei valori della glicemia, con conseguente prevenzione mirata del rischio di infarto e ictus”, spiega il responsabile del lavoro, Giancarlo Tonolo. LO STUDIO

23 LUG - Diabete, quanto conta l’ago da insulina per gestirlo al meglio e ridurre il rischio di infarto e ictus? A rischio sono soprattutto le donne, e il controllo del metabolismo diventa basilare per ridurre i rischi. Ad approfondire il tema su Quotidiano Sanità è il Direttore della SC diabetologia e del Dipartimento Cronicità' della ASL Gallura, Giancarlo Tonolo, referente per la Sardegna del Comitato direttivo della Simdo (Società Italiana di Metabolismo, Diabete ed Obesità) e responsabile del lavoro scientifico che ha visto sviluppare la ricerca sulle caratteristiche ‘dell’iniezione ideale’, oggi pubblicato sulla nota rivista ‘Diabetology’.

“Anche l’ago vuole la sua parte – spiega Tonolo -. Nella gestione ottimale del diabete insulino-dipendente, anche di tipo 2, le caratteristiche delle modalità iniettive hanno un peso. Perché diventano una chiave di successo per ottenere l’ottimale compenso metabolico e quindi favorire l’aderenza al trattamento e un miglior controllo dei valori della glicemia, con conseguente prevenzione mirata del rischio di infarto ed ictus. Pensate: i pericoli di ischemia cardiaca e i problemi vascolari cerebrali possono svilupparsi anche tre-quattro volte in caso di diabete. Debbono prestare attenzione al controllo della malattia soprattutto le donne, visto che la loro aspettativa di vita si riduce di almeno 5 anni rispetto a chi non ha il diabete, mentre nei maschi il calo risulta inferiore”.

Allora, quanto conta l’ago da insulina? A definire le caratteristiche dell’iniezione ottimale è, appunto, il documento della Simdo pubblicato su Diabetology, che vede tra gli estensori anche le persone con diabete. “Dalla pubblicazione – prosegue il medico diabetologo - emerge come l’ago per la penna di insulina non sia semplicemente un ago, ma vada considerato come un elemento fondamentale per la terapia. Anche in chiave di prevenzione cardiovascolare. Un cattivo compenso metabolico porta allo sviluppo di placche aterosclerotiche nel tempo e aumenta la cardiopatia ischemica”.

Non solo: “Chi soffre di neuropatia legata al diabete – aggiunge Tonolo - può avere una cardiopatia ischemica silente, cioè rischia di poter avere un infarto senza sintomatologia e quindi non accorgersene. Ancora: un’ipoglicemia grave attiva il sistema adrenergico, quindi induce un quadro simile a quello che abbiamo dopo una corsa sfrenata. Quindi se il paziente ha una cardiopatia ischemica può sviluppare un infarto perché è come se sostenesse uno sforzo fisico intenso in quel momento. Il controllo ottimale della glicemia e della insulina resistenza riduce questi effetti, ma deve essere costante e prolungato nel tempo”.

“Cominciamo col dire, approfondendo, che nell’eseguire l’iniezione è meglio evitare il ‘pizzicotto’. Se pensiamo agli aghi per la penna di insulina, dobbiamo considerare che non si tratta di una terapia limitata nel tempo ma che è per tutta la vita. Quindi – osserva il diabetologo - mettendo dei numeri stiamo parlando di circa 1450 iniezioni per anno: per un diabetico di tipo 1, nella vita, sono più di 100.000; l’avere un dispositivo che permetta di iniettare nella quasi totalità dei pazienti (indipendentemente da età, sesso e indice di massa corporea) l’insulina in qualunque parte del corpo senza dover fare il classico pizzicotto è un vantaggio estremo. Innanzitutto con la tecnica del pizzicotto, obbligatoria con aghi più lunghi, si perde la possibilità di autoiniettare l’insulina nelle braccia. Ed invece più aree possono essere utilizzate, più il paziente può ruotare i siti di iniezione. In questo modo si può limitare la comparsa di lipodistrofie cutanee che alla fine rendono erratico l’assorbimento della insulina esponendo il paziente a “inspiegabili” episodi di iper/ipoglicemie. Il Gold standard attuale degli aghi è il 32G x 4 millimetri (G è il diametro esterno che si moltiplica per la lunghezza dell’ago). Non solo: la geometria a cinque affilature rispetto a quella a tre permette di avere meno dolore e più facile penetrazione: quindi aumenta l’aderenza del paziente al trattamento riducendo la possibilità di ‘saltare’ alcune punture per paura del dolore”.

“Importante poi dedicarsi con ancora più attenzione ai pazienti. C’è infatti un altro elemento da considerare: è il rapporto diametro esterno-diametro interno. E’ fondamentale per permettere, nonostante la forte riduzione del calibro esterno, di mantenere un calibro interno che consenta un flusso ottimale della insulina che passi velocemente dalla penna al sottocute conclude l’esperto. In questo senso, come emerge dal documento di consenso, si può pensare ai bisogni di persone anziane con tremori per le quali fare l’iniezione in condizioni diverse da queste esporrebbe ad una iniezione di insulina inefficace. Tutto questo porta ad un migliore compenso metabolico, che anche nel diabete tipo 1 è importante per ridurre le malattie cardiovascolari e, soprattutto, evita iniezioni di quantità ‘random’ di insulina, che se in eccesso possono portare a ipoglicemia con le conseguenze immaginabili e che in persone anziane con malattia cardiovascolare in atto si possono tradurre in comparsa di infarto miocardico acuto o ictus. Insomma: l’ago aiuta la terapia. E diventa uno strumento per il benessere della persona con diabete” – conclude Tonolo.

Elisabetta Caredda

23 luglio 2024
© Riproduzione riservata

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