Rimproverata al Pronto Soccorso con mio figlio con la febbre a 40
di Martina Oggiano
16 FEB -
Gentile Direttore,
vorrei porre alla sua attenzione una situazione che è capitata al mio arrivo presso il P.S. dell’ospedale Brotzu di Cagliari nella mattina presto di ieri, e che ho messo all’attenzione via pec del direttore sanitario, Raimondo Pinna, perché il mio appello possa essere preso seriamente in considerazione. Preoccupata per la febbre ‘da cavallo’ del mio bambino di due anni e mezzo che toccava al termometro i 40 gradi e più, e che non accennava a scendere, mi sono messa in viaggio dal mio paese, Dolianova (dista 24Km da Cagliari), per raggiungere ieri alle 4 del mattino il Pronto soccorso dell’Arnas G. Brotzu.
Sono una mamma che ieri notte alle 4 si è recata al pronto soccorso del Brotzu con il mio bimbo Riccardo, dopo aver cercato in tutti i modi a me possibili di far scendere una febbre che è arrivata a toccare i 40,3. Purtroppo mi sono trovata a dover affrontare una situazione molto spiacevole. Sono stata accolta all'ingresso da una giovane dottoressa senza nessun cartellino identificativo, né camice (aveva solo una felpa blu e un pantalone rosa/lilla), tant’è che inizialmente non avevo compreso fosse un medico, e che senza mezzi termini mi ha detto cosa ci facevo lì, come a volermi far pensare che portare al pronto soccorso un bimbo che ancora sfiorava i 40 gradi, fosse qualcosa di avventato”.
Ho cercato di spiegare le mie motivazioni da genitore ovviamente molto preoccupata per la salute del mio piccolo bambino. La dottoressa mi ha detto di seguirla con modi a mio avviso poco cortesi, non mi sono sentita compresa, e nel farmi durante il tragitto delle domande alle quali rispondevo, mi sono sentita come rimproverata per il mio operato da ‘mamma sbagliata’”.
Presa così un po' dal panico e un po' dalla stanchezza durante l’attesa al P.S. per aver tenuto tanto tempo lì il bimbo di 13 chili in braccio, all’ accettazione mi sono trovata tra le porta scorrevoli, non avevo a disposizione una sedia, ho peccato nel dare a questa giovane dottoressa ‘del tu’ in una sola occasione nel risponderle. Mi sono in quel momento sentita puntualizzare: “del Lei, non sono una sua amica". All’imprecisazione ho provveduto subito a scusarmi con un "mi scusi Signora", perché non avendo come accennato nessun cartellino identificativo, ho pensato fosse una collaboratrice che ci stava accompagnando in reparto in attesa di essere visitati. Ed è in quel momento che ho compreso si trattava di un medico, con uno sguardo fulmineo mi ha detto di non permettermi a chiamarla Signora, era una dottoressa.
A quei livelli di toni ho invitato io la dottoressa a calmarsi, spiegandole che se ero lì alle 4 del mattino anziché a casa nel nostro letto, non era di certo per una gita di piacere. Mio figlio era l’unico bambino da visitare sul momento, e sotto la supervisione di questa dottoressa, hanno visitato il bambino, prima una infermiera e un altro collaboratore che gli misurava i paramenti. Premetto che io ero presente e tenevo la mano del bambino. L'infermiera ha poi chiamato per la visita medica un’altra dottoressa, poiché la prima che mi ‘ha accolto’ non ha dato disponibilità a visitarlo, è rimasta ad assistere. Devo dire la verità, la visita medica non è durata molto. Riccardo è stato dimesso con una diagnosi di gola rossa e altre voci, tra le quali ‘genitali esterni normoconformati per l' età, peccato che a mio figlio non sia stato neppure aperto il panno’.
Ed ecco il mio appello al direttore sanitario del Brotzu. Non per voler colpevolizzare un’intero Pronto soccorso, attenzione! Ogni reparto il proprio rispetto, sopratutto in questo periodo che mi rendo conto essere particolarmente difficile. Ma difficile lo è per tutti. Bisogna mettersi anche dalla parte dei pazienti. Quello che voglio è semplicemente portare all’attenzione questo mio caso perché possa non succedere più a nessuna altra mamma, intervenendo sui comportamenti delle singole persone dalle quali ci si aspetta di trovare si, l’assistenza sanitaria, ma svolta con più comprensione e umanità. Ripeto, ci sentiamo toccati tutti dal periodo che stiamo vivendo, ma con collaborazione reciproca e dialogo, fondamentali per chi opera nell’ambito sanitario, ci si può venire incontro in modo diverso per una miglior assistenza e cura di chi ha necessità di rivolgersi alle strutture sanitarie.
Martina Oggiano
16 febbraio 2022
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