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Forum Risk Management/16. Più organizzazione e investimenti per risolvere il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari

Sono circa 30.000 gli operatori sanitari che potrebbero aver subito violenza fisica. Un problema complesso che riguarda diversi aspetti, compreso quello organizzativo. La politica non è rimasta a guardare, in cantiere c’è un disegno di legge ah hoc che punta a rendere stabile un monitoraggio continuo e inasprire le pene. Di tutto questo si è parlato in una sessione del Forum Risk Management che chiude oggi i battenti dopo quattro giorni di lavori. 

30 NOV - Un operatore sanitario su due ha denunciato di aver subito aggressioni verbali, ed il 4% di essere stato vittima di violenza fisica. Tradotto in numeri circa 30mila operatori che potrebbero aver subito violenza fisica. Numeri da brividi, fotografati recentemente da una Survey della Fnomceo, che hanno smosso la politica, in cantiere c’è un disegno di legge ah hoc che punta a rendere stabile un monitoraggio continuo e inasprire le pene. Se diventerà legge sarà una tessera in più per completare il complesso puzzle del fenomeno della violenza degli operatori della sanità. Un fenomeno che va però analizzato su più fronti.
 
Il tema è stato al centro di una sessione del Forum Risk Management che chiude oggi i battenti dopo quattro giorni intensi di lavori e nel corso della quale è stata portata la testimonianza di Rocco Pugliese. Medico dell’emergenza urgenza ha subito ripetutamente violenze nello svolgimento della sua attività. Aggredito alle spalle una prima volta durante il soccorso a una bambina e poi durante l’esecuzione di un Tso professionale, ha ha denunciato la sua solitudine di professionista e di uomo: “Siamo lasciati spesso soli. Molti decidono dall’alto ma dal basso vi diciamo che c’è bisogno di linearità. Nonostante la solidarietà espressa da più parti, anche dalle istituzioni, alla fine il medico aggredito resta solo, ritorna a lavorare da solo in un contesto rimasto immutato.
 
“È un tema scottante che interessa migliaia e migliaia di professionisti del Ssn – ha sottolineato  Filippo Anelli, Presidente della Fnomceo – una tematica che abbiamo posto immediatamente sul tavolo della politica. Nel Dl sono contenute molte delle nostre richieste relativamente all’aumento della pena e alla procedibilità di ufficio. Ma la sensazione è che, al di là dei provvedimenti, il nodo sia l’insoddisfazione del cittadino rispetto al sistema di cure che si scarica poi sugli erogatori. Eppure, come emerso da un rapporto Censis il rapporto tra cittadini e medici tiene. Quindi la questione torna ad essere organizzativa e non di stima verso i professionisti. Una stima che non viene meno”. Anelli ricorda come secondo la giurisprudenza i manager sono corresponsabili delle azioni di violenza. “Questo è un passaggio epocale – ha concluso – le guardie mediche sono trappole, non ci sono vie di fuga e molte vittime sono proprio donne. Il tema della sicurezza sul lavoro si pone quindi in tutta la sua drammaticità. Serve una presa di coscienza da parte dei Dg: bisogna intervenire in maniera concreta. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica è importante, ma bisogna passare dal dire al fare”.
 
L’aspetto organizzativo è il nodo da sciogliere anche secondo Barbara Mangiacavalli, Presidente Fnopi, che va dritta al punto: “Credo che chi dirige dovrebbe metterci la faccia come fanno gli operatori sanitari front office nei percorsi del Ps, dell’assistenza domiciliare e nei Cup che diventano bersagli delle insoddisfazioni dei cittadini, e senza essere coinvolti nella ridefinizione dei processi. L’organizzazione dei percorsi e dei processi deve essere pensata a misura dei cittadini per essere accompagnati – ha aggiunto – la maggior parte dei nervosismi sono spesso legati alle attese per accedere alle prestazioni frutto di un’organizzazione sbagliata. Certo, c’è sicuramente anche un tema di organizzazione civica che però appartiene a tutto il mondo e non solo alla sanità”.
 
Per Monica Calamai, Direttore generale dell'assessorato alla salute della Regione Toscana il tema è più complessivo e non può essere solo organizzativo: “Serve una governance centrale che eserciti un monitoraggio attento nelle aziende. Abbiamo dati a disposizione che ci consentono di esaminare il fenomeno. Ad agosto del 2018 la Toscana ha messo mano con determinazione al fenomeno con un provvedimento ad hoc che ha dato il via a un coordinamento regionale e un osservatorio per comprendere l’agire nelle varie aziende e coordinale. Abbiamo dettato un crono programmi di implementazione dei provvedimenti affinché il delta di variabilità che avevamo visto tra le varie aziende fosse riportato al pari”.
 
Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg chiama in causa la sostenibilità del Ssn e i rischi di vedere minati quei principi di equità e solidarietà che garantiscono cure a tutti. Cita il caso India dove la mancanza di offerta di cure sanitarie, che ha portato alla disparità di trattamento tra ricchi e poveri, ha causato violenze feroci versi medici. “Il problema – ha detto – è strutturale, laddove ci sono investimenti si garantisce la sicurezza dei luoghi di lavoro. ma questo non avviene, basta pensare che i fondi per l’edilizia sanitaria non hanno una voce dedicata alla sicurezza dei luoghi di cura”.
 
Punta in primis i riflettori sulla delegittimazione del ruolo del medico Antonio Magi, Segretario generale del Sumai: “Il cittadino non sa più qual è il suo punto di riferimento. Manca il discorso della prossimità e l’atto di violenza scatta quando il paziente ha un profondo disagio e non ha più quel rapporto di fiducia con il proprio medico. Spesso il paziente all’atto di violenza dimentica il perché è andato dal medico”. Le soluzioni? Ridare ruolo al medico, perché “la burocrazia ha levato il tempo di cura e la mancanza di personale ha peggiorato tutto”, creare luoghi più sicuri dove lavorare “gli ambulatori spesso ex Inam sono inadeguati” e infine investire in salute “perché la salute sono punti di Pil: va gestita e finanziata”
 
Andrea Piccinini Vice presidente di Cimo e medico di pronto soccorso, sottolinea la situazione di solitudine che vive medico. “L’aggressione verbale e la minaccia gestuale sono diventate la nostra quotidianità – ha affermato –  l’aspetto grave è che ci siamo abituati a farcele scivolare addosso. Ciò detto, ritengo che determinati fenomeni di aggressione siano legati alla mancanza di equità delle cure e alla disfunzione del sistema che non è più in grado di dare risposte al cittadino. E questo avviene a causa del definanziamento del sistema: se non si interviene su questo fronte i fenomeni di accentueranno. Per il vice presidente Cimo “il medico ormai ha una coperta troppo corta con un tempo di cura sempre più stretto”. Credo, ha aggiunto, che nessun intervento normativo possa risolvere il fenomeno “se non si investe sul sistema per realizzare la sicurezza del luogo di cura”.
 
Flavio Civitelli,Segretario regionale Anaao della Toscana, le aggressioni sono la punta di un iceberg che affonda le radici in un sistema che non funziona. “I professionisti sono lasciati a lottare in  prima linea dimenticando che la tutela della salute è esercitata grazie al nostro lavoro. Decidano cosa ne vogliono fare del sistema sanitario”
 
La dignità della professione medica è sotto attacco, ha sottolineato Roberto Monaco, Segretario Fnomceo “bisogna cercare soluzioni che la preservino”. “Una sede di guardia medica fatiscente – ha detto – non dà dignità al medico e mette il balordo nelle condizioni di sentirsi quasi a proprio agio. La legge 81 del 2008 diventi veramente legge. Le nostre armi sono la formazione su come intercettare i segnali di violenza. Il risk management
 
A chiudereil confronto, Tiziana Frittelli, Dg del Policlinico Tor Vergata: “Il nostro obiettivo è stato quello di far coincidere la sicurezza dei lavoratori con quella dei paziento, due facce della stessa medaglia. È indispensabile oggi avere una visione integrata sia del sistema di sicurezza del lavoro che del sistema di risk management attraverso il meccanismo dell’audit. Quindi senza un monitoraggio costante e un miglioramento costante delle varie azioni certamente non si va da nessuna parte”.
 
"Il problema è enormemente complesso, in parte è un problema di gestione organizzativa interna di cui le direzioni sanitarie devono farsi carico a prescindere da eventuali sentenze. Credo sia innanzitutto un imperativo etico.  Dunque quali misure per ridurre il rischio? Prevenzione primaria per l’individuazione e riduzione dei fattori di rischio; prevenzione secondaria: come capacità di far emergere il fenomeno e di effettuare – in un certo senso – una diagnosi precoce; prevenzione terziaria rivolta alla riabilitazione dei soggetti colpiti, ovvero al recupero dell’integrità dei lavoratori e delle lavoratrici vittime di violenza", conclude Frittelli.

30 novembre 2018
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