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Scaramuccia (Toscana): “Subito il Patto per la Salute. Per evitare ticket e tagli sommari”

di Eva Antoniotti

Per l'assessora alla Salute della Regione Toscana è indispensabile anche sbloccare gli investimenti. Quanto al riparto, "spero che prevalga il buon senso e che si arrivi rapidamente ad un accordo, perché dobbiamo discutere in maniera impellente sul Patto per la salute"

29 FEB - E' iniziata oggi la due giorni della Conferenza delle Regioni per discutere il riparto dei fondi della sanità. Ma per l'assessore alla Salute della Regione Toscana, Daniela Scaramuccia, il vero nodo da affrontare in fretta è quello del Patto per la Salute, per evitare che scattino in automatico le misure previste dalla manovra di agosto.

Assessore Scaramuccia, oggi e domani le Regioni discuteranno per due giorni di sanità. All’ordine del giorno c’è il riparto 2012, ma crede che si discuterà anche del nuovo Patto per la salute?
Questo dovrebbe essere l’ultimo anno in cui si discute del riparto, almeno con questi criteri, visto che dal prossimo anno dovrebbero essere applicati i costi standard, con le tre Regioni benchmark. Spero che prevalga il buon senso e che si arrivi rapidamente ad un accordo, perché dobbiamo discutere in maniera impellente sul Patto per la salute, altrimenti scatteranno le misure previste dalla manovra agostana.

Quali sono gli aspetti essenziali del Patto, a suo parere?
Innanzi tutto l’urgenza di modificare le misure previste nella manovra di agosto, ovvero tutti i tagli, ma in particolare i due miliardi che attraverso i ticket sono stati scaricati sulle spalle dei cittadini. Inoltre chiediamo impegni precisi per sbloccare gli investimenti in sanità, che sono indispensabili. Infine mi auguro che si possa cogliere questa opportunità interessante per addivenire, attraverso il Patto, ad una visione d’insieme comune dei cambiamenti avvenuti nella sanità in questi anni.

Pensa che il Patto possa offrire un modello unificato di sanità, che superi le differenze regionali?
Credo che di per sé l’omogeneità non sia un valore, mentre la diversità è senz’altro un modo per tenere conto delle peculiarità di ciascun territorio Sul problema della cronicità, ad esempio, Toscana e Lombardia hanno messo in campo modelli diversi, uno centrato sulla medicina d’iniziativa e l’altro sui Creg. Quello che mi sembra importante è che in tutte e due le Regioni si sia affrontato il problema, poi si tratterà di misurare i risultati e l’efficacia dei modelli.

Ci sono Regioni nelle quali questi nodi non sono ancora stati affrontati e dove l’emergenza sono i bilanci. Crede che i Piani di rientro siano stati utili?
I Piani di rientro hanno dato la possibilità di mettere sotto controllo la spesa e di aiutare le Regioni in difficoltà ad affrontare un percorso di razionalizzazione che in passato si era rivelato difficile. Ma resta aperto un problema essenziale: i monitoraggi, di fatto, vengono eseguiti dal ministero dell’Economia e dunque sono centrati solo sull’aspetto economico. Se non si individua un soggetto omologo che monitori anche la tenuta dei servizi, il sistema implode e non è più in grado di rispondere ai bisogni di salute dei cittadini.

Ma le Regioni sono tutte disponibili a cambiare i propri modelli sanitari?
Credo che tutte le regioni siano consapevoli delle difficoltà di questo momento e disponibili a collaborare. Ma certo le difficoltà sono grandi, se si considera che, sommando tutte le manovre, nel 2011 abbiamo avuto circa l’1% in meno per erogare i servizi.

Uno dei nodi è la razionalizzazione della rete ospedaliera, ovvero la chiusura dei piccoli ospedali…
In realtà io trovo poco corretto parlare di chiusura dei piccoli ospedali e mi lascia perplessa anche il termine “riconversione” che sembra coprire una chiusura. La verità è che l’evoluzione delle cure rende necessario un cambiamento dell’offerta, con più attenzione alle patologie croniche. Questo significa creare una vera rete ospedaliera, con ospedali piccoli e grandi in collegamento tra loro e ciascuno con una propria vocazione caratteristica. Non un sistema hube and spoke, ma una rete territoriale che consenta di prendere in carico il cittadino vicino a casa, lo trasporti se necessario in un centro esperto e poi continui a curarlo vicino a casa. S ci limitiamo a chiudere i piccoli ospedali forse facciamo quadrare i conti, ma mettiamo in crisi l’equità di accesso.

Le Regioni hanno più volte lanciato l’allarme sul finanziamento previsto per il 2013 e il 2014, considerato assolutamente insufficiente. Crede che il governo vi concederà nuove risorse?
Lo vedremo. Auspico che si possa trovare una soluzione, perché il Ssn è uno dei valori chiave dell’Italia e mi auguro che nessuno voglia metterlo in discussione.
 
 
E.A.

29 febbraio 2012
© Riproduzione riservata

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