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Veneto. Piano sociosanitario, critiche da Pd, Leu e M5S

di Endrius Salvalaggio

Claudio Sinigaglia (Pd) parla di “una vera e propria retromarcia” e mette in dubbio che tutti gli ospedali “resteranno aperti così come sono”. Per Piero Ruzzante (Leu) “il nuovo Piano viene presentato e discusso mentre il vecchio è rimasto un libro dei sogni”. Per Patrizia Bartelle (M5S) siamo di fronte “allo smantellamento del servizio sanitario pubblico” e “all’esproprio che la tecnocrazia sanitaria regionale attua nei confronti della politica”.

25 LUG - La settimana scorsa a Venezia, è stato illustrato in Quinta commissione, il nuovo Piano sociosanitario regionale e si è discusso sul piano dei servizi agli anziani, i ticket, la scelta dei medici, ecc. per le annualità 2019-2023. “Questo potrebbe essere un Piano storico, il primo che si occupa di sanità in un quadro di Autonomia della Regione Veneto – commenta l’Assessore alla sanità Luca Coletto - per questo, tra le sue caratteristiche, c’è la flessibilità, per inserire agevolmente e velocemente le novità autonomiste” “Il nuovo piano - ha aggiunto in un altro comunicato l'assessore alle Politiche sociali, Manuela Lanzarin - è nel solco della continuità, ma guarda avanti alle sfide poste dall'invecchiamento demografico e delle nuove povertà, relazionali e di vita, promuovendo risposte innovative”.

Il presidente della Quinta commissione, Fabrizio Boron afferma: “Il nuovo Piano sociosanitario regionale disegnerà per i prossimi 5 anni la struttura della sanità veneta, affrontando solo questioni concrete e sviluppando l'ambito delle cure domiciliari, che sono in continua espansione, per rispondere adeguatamente ai bisogni assistenziali in particolare delle persone fragili, ma anche di tutti i cittadini veneti, affinché possano raggiungere una completa condizione di salute psicofisica. L'obiettivo primario è confermare lo status di eccellenza della sanità veneta, anche in considerazione del fatto che, attraendo pazienti da fuori regione, essa rappresenta un importante volano per lo sviluppo economico del territorio”.

Ma cosa ne pensano le altre forze politiche del nuovo piano sociosanitario? Secondo altri componenti della V commissione, in particolare per i consiglieri Claudio Sinigaglia, consigliere del Partito Democratico, Piero Ruzzante, consigliere di Liberi e Uguali e Patrizia Bartelle del Movimento 5 Stelle, il nuovo piano sociosanitario non è poi così entusiasmante.

Il nuovo Piano sociosanitario – afferma Sinigaglia - è una vera e propria retromarcia rispetto alla Legge 19/2016 con la reintroduzione del ruolo fondamentale dei distretti. Un atto necessario visto le dimensioni ciclopiche delle Ulss, perché il territorio ha bisogno di punti di riferimento. La valorizzazione dei 26 distretti con il direttore sostanzialmente parificato al direttore generale è una sorta di salvataggio in corner, dopo aver ridotto drasticamente il numero delle Ulss. È una chiara rivisitazione della riforma sanitaria, si torna al modello delle 21 Unità locali sociosanitarie, per riuscire ad erogare i servizi nel territorio in modo omogeneo, in particolare per rispondere alla cronicità. Della serie: ‘sbagliando si impara’”.

Il consigliere si sofferma poi sulla riorganizzazione degli ospedali prevista dal nuovo Piano: “La riorganizzazione recepisce il Decreto ministeriale 70 del 2015 che definisce gli standard, qualitativi e quantitativi delle strutture, e il Piano nazionale esiti che fissa i volumi di attività minimi per ogni reparto: diventa quindi difficile pensare, allo stato attuale e come dice pomposamente Zaia, che resteranno aperti tutti gli ospedali così come sono.  Basta vedere quanto sta accadendo oggi con i Punti nascita e a causa della mancanza di tanti medici specialisti. Ne vedremo delle belle”.  

“Il nuovo Piano sociosanitario – per Piero Ruzzante, consigliere di Liberi e Uguali - viene presentato e discusso mentre il vecchio piano 2012-2016 è rimasto un libro dei sogni, soprattutto nella parte che parla delle medicine di gruppo come strumento indispensabile per la presa in carico del paziente e per prevenire l'ospedalizzazione. Nel frattempo, in Veneto la sanità pubblica perde terreno a favore del privato: siamo la quinta regione in Italia per incidenza sui redditi della spesa sanitaria. Nel Nordest l'86% dei cittadini si è rivolto alla sanità privata nel 2017 e negli ultimi 5 anni la spesa sanitaria privata è cresciuta del 9,6% arrivando nel 2017 a 37,3 miliardi di euro. Un business enorme e un costo sempre più alto per le famiglie venete, che non sempre riescono a sostenerlo: nel 2016, 749.437 veneti hanno rinunciato a curarsi, il 15% della popolazione. Ispirandomi all'Emilia Romagna ho proposto due provvedimenti per invertire la rotta: l'abolizione del super-ticket e una norma di salvaguardia per le liste d'attesa, che non possono essere di mesi nel pubblico e pochi giorni nel privato. Migliorare la sanità pubblica significa ridurre i costi sia per i cittadini che per la Regione, che potrebbe liberare le risorse oggi destinate al privato convenzionato”.

Conclude il consigliere Patrizia Bartelle del Movimento 5 Stelle: “La bozza del nuovo piano sociosanitario regionale introduce un elemento di continuità ed un elemento di novità. La continuità è data dallo smantellamento del servizio sanitario pubblico, che precede a grandi passi nei territori periferici come il polesine o la montagna, ed a passi più piccoli per l’area del veneto centrale dove lo stillicidio di pensionamenti e di passaggi al privato dei medici e dei terapisti indebolisce comunque la sanità pubblica. Elemento di novità è dato dall’esproprio che la tecnocrazia sanitaria regionale attua nei confronti della politica, ed in particolare dei partiti della maggioranza, che non decidono più nulla e sono ostaggio della visione strategica di alcuni super manager che hanno fatto della tecnicalità sanitaria il proprio regno incontrastato. Basta leggere l’intero il Piano sociosanitario per capirlo!”.

Chi li metterà d’accordo?

Endrius Salvalaggio

25 luglio 2018
© Riproduzione riservata

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