Liguria. Ecco il testo della proposta di legge sull’intramoenia per infermieri e altri professionisti sanitari
Il provvedimento, approvato in commissione Salute del Consiglio regionale, autorizzerebbe infermieri, ostetriche, tecnici sanitari, della riabilitazione e della prevenzione a esercitare la libera professione singolarmente anziché in équipe a supporto del medico. L'attività potrà essere svolta nell’azienda o in intramoenia allargata. IL TESTO.
24 MAR - “Al fine di conseguire una più efficace e funzionale organizzazione dei servizi sanitari regionali”, il personale delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica “operante con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture pubbliche regionali, può esercitare attività libero professionale, al di fuori dell’orario di servizio, anche singolarmente all’interno dell’Azienda e in forma intramuraria allargata, presso le Aziende sanitarie locali, gli IRCCS e gli altri enti equiparati”.
È quanto prevede il Testo Unificato approvato
lo scorso 10 marzo dalla commissione Sanità del Consiglio regionale della Liguria, frutto della fusione tra la Proposta di legge n. 219 (di iniziativa del Consigliere Chiesa) e la Proposta di legge n. 320 (di iniziativa dei Consiglieri Ferrando, Benzi, Miceli, Maggioni, Manti, Oliveri, Scibilia).
Il provvedimento, che riguarda circa 20 mila operatori del settore sanitario in Liguria tra infermieri professionali, ostetriche, tecnici sanitari (che operano in laboratori di analisi e servizi di radiologia), tecnici di riabilitazione e prevenzione, aspetta ora di essere all'ordine del giorno di una delle prossime sedute del Consiglio regionale. Una volta approvata, la legge prevede che la Giunta regionale, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore, debba disciplinare con una propria direttiva vincolante l’organizzazione e le modalità di esercizio per l’esercizio della libera professione delle professioni non mediche.
Le Aziende sanitarie avranno quindi 120 giorni di tempo per adeguare i rispettivi atti regolamentari ai contenuti della direttiva stessa, “in modo – si legge nell’articolo 1 comma 3 della proposta di legge - che non sorga contrasto con le loro finalità istituzionali e si integri l’assolvimento dei compiti di istituto assicurando la piena funzionalità dei servizi anche nella continuità della cura a domicilio”.
24 marzo 2014
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